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Tunisia: la rivoluzione sfigurata

Creato il 26 luglio 2013 da Maria Carla Canta @mcc43_

Tanslator

Tunisia, e l’assassinio politico | Egitto, e il golpe

Non c’erano molti  “gelsomini” nelle piazze tunisine del 2011, come piaceva ai media occidentali raccontare. C’era rabbia contro una classe politica acquattata dietro il dinosauro Ben Alì e si spartiva tutto ciò che di valore materiale aveva il paese. Spogliare dei valori materiali ottunde anche lo spirito di rivolta. Per molti anni la gran massa della popolazione tunisina ha accettato la situazione o cercato speranza all’estero, talvolta incontrando la morte nel viaggio o una vita da clandestini costretti a operare con la criminalità. Qualcosa sicuramente non c’era nelle piazze rivoluzionarie della Tunisia del 2011: le armi e il denaro di paesi stranieri.

Tunisia: la rivoluzione sfigurata

Nel 2012,  primo anniversario della rivoluzione, le speranze di aver dato luogo ad un vero cambiamento erano ancora intatte.

Nel 2013, Febbraio, un commando ha freddato Chokri Belaid:   leader di un partito d’opposizione. 

 

La Tunisia era a un bivio: in quale direzione sarebbe andata?

Mohamed Brahimi

Il 25 luglio Mohamed Brahmi, membro dell’opposizione tunisina, ex segretario generale del Movimento del Popolo, deputato dell’Assemblea costituente è stato assassinato questa mattina in un agguato davanti alla sua abitazione di Tunisi.

L’esecuzione è avvenuta con la stessa arma che cinque mesi or sono  uccise Bel Aid, affermano le autorità.

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Nelle ultime settimane sembrava che le uniche notizie in uscita dalla Tunisia riguardassero la  vicenda di Amina, la “creatura” del gruppo Femen che si autodefinisce organizzazione di  “femministe atee”, dedite fra le altre imprese nudiste anche all’abbattimento di croci cristiane. 

In questi giorni l’Egitto ha subito un colpo di stato e – paradossalmente – senza suscitare indignazione nei governi “democratici” occidentali. Nemmeno nella folla di rivoluzionari e liberal da social media.

La sceneggiatura dell’informazione sta presentando la drammatica situazione del Nord Africa come una lotta fra gli illuminati laici e gli oscurantisti religiosi.   E’ facile abbagliare quelli che s’informano superficialmente.

Ancora più facile offrire alle diffuse insoddisfazioni delle popolazioni europee un diversivo per alleviare le tensioni. E per  giocare contro i propri interessi: quali saranno i riflessi sull’Europa del caos che troppi hanno interesse a suscitare?
Facile inebriare gli orecchianti dell’ateismo, ben sapendo che la reazione pavloviana è scatenarsi contro chi proclama una fede.
Restano i molti che non hanno voce nei media per denunciare il crimine contro i diritti umani che l’esercito sta perpetrando con la detenzione arbitraria del presidente egiziano Morsi.  

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E’ il fascismo new style con cui il capo di stato maggiore, golpista e carceriere, invoca dalla piazza l’autorizzazione a combattere il terrorismo! L’appello del generale Al Sisi è una mossa improvvida o coscientemente criminale? Questo il risultato:   

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Le monarchie del Golfo temono l’instaurarsi di regimi democratici in Egitto e Tunisia, dove il partito dei Fratelli Musulmani ha un vasto radicamento o ha suscitato grandi speranze che l’hanno fatto prevalere alle elezioni.
Israele ha un ovvio interesse a non permettere l’instaurarsi di sistemi che le sottraggano la definizione di unica democrazia del Medio Oriente (definizione che chiude entrambi gli occhi sull’autoproclamazione di “stato ebraico”)
Gli Stati Uniti necessitano sia in Egitto sia in Tunisia dei leader occidentalizzati, come sono riusciti a far emergere in Libia. L’Algeria è sull’orlo di un cambiamento di leader, vista l’avanzata età e lo stato di salute più che precario di Bouteflika… 

Che nelle piazze arabe scorra il sangue e l’Islam venga dipinto come incapace di garantire la libertà, non è tanto un motivo di indifferenza oppure miopia quanto una voluta ignobile  tattica geopolitica.

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