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Turchia e Armeni /Il silenzio sulla verità non giova affatto alla pace nel mondo

Creato il 16 aprile 2015 da Marianna06

Turchia e Armeni /Accuse assurde del presidente turco Erdogan a Papa Francesco/Ma la verità non può e non deve essere mai taciuta ricorda il pontefice /Pena il ripetersi della follia della distruzione.

 

 

Pace

 

E’ importante chiarire, per chi non  conoscesse, qual è stato il  destino tragico del popolo armeno, comunità originaria dell’Anatolia, presente all’interno dell’immenso impero turco e poi malversata con sistematicità nel tentativo di annientarla.

E questo perché il termine “genocidio”, contestato in queste ultime ore con una rabbia effettivamente spropositata dall’attuale presidente della Turchia, Erdogan, è invece più che appropriato quando si racconta delle genti armene e delle loro tristi vicissitudini, accadute  in particolare negli anni  del primo ‘900.

Si trattò, infatti, quando appunto si dice “genocidio” e parliamo di armeni, di un’autentica strage, perpetrata a partire dal 1915, da parte del partito dei “Giovani turchi”, appena i suoi rappresentanti riuscirono ad arrivare al potere.

Il pretesto giustificativo addotto fu il timore che il popolo armeno si potesse eventualmente alleare con  i russi, i loro  nemici, nel contesto difficilissimo, proprio per quanto concerneva la complessità delle alleanze, di quella che sarà poi la catastrofica prima guerra mondiale.

Stando alla documentazione dell’epoca 1,2 milioni di persone furono arrestate e deportate.

Nelle cosiddette “marce della morte” morirono per gli stenti, tra il 1915 e il 1916, centinaia di migliaia di persone tra uomini, donne, anziani e bambini.

Ma era già accaduto qualcosa del genere tra il 1894 e il 1896, quando nel popolo armeno iniziò a manifestarsi il desiderio legittimo di una  indipendenza dal pesante giogo politico e culturale turco.

Le rappresaglie allora non si contarono e si narra di circa 50 mila uccisioni. Qualcosa, per dare un’idea, dell’equivalente del mandare a morte gli abitanti di quasi un’intera piccola città.

Alcuni, fortunati,  pochi in verità, si salvarono solo con la fuga e raggiunsero altri Paesi. Italia compresa, come racconta nei suoi scritti la scrittrice armena  Antonia Arslan.

Pertanto Papa Francesco, profondamente deluso da Erdogan, il quale ha richiamato in Turchia immediatamente il nunzio apostolico e successivamente l’ambasciatore turco presso la Santa Sede, dopo le parole di disapprovazione dello sterminio intenzionale degli armeni espresse dal pontefice, non ha fatto altro (e doveva farlo) che sancire ufficialmente, cioè con un atto formale, il riconoscimento dei terribili e inumani fatti accaduti laggiù in un passato che, tutto sommato, è abbastanza recente e ai danni di un  popolo intero.

E con il Vaticano arrivano così, finalmente, ad una ventina i Paesi nel mondo che riconoscono oggi il “genocidio” degli Armeni.

Uno dei primi nel corso del cosiddetto “secolo breve”. Il secolo tristemente noto per i suoi totalitarismi.

Purtroppo il resto del mondo, al contrario, nicchia. Ignora o almeno finge di ignorare che esiste un “caso” armeno.

Erdogan e, prima ancora di lui, la sua lobbie politica, hanno definito, e con troppa veemenza, le parole del Papa del tutto “inappropriate”.

Ma Francesco, serenamente, dal canto suo  ha replicato e replica che senza fare memoria di ciò che è stato, com’è giusto, il male addotto rischia  poi di espandersi ulteriormente ed è pari a una ferita che non si rimargina e infetta  gradualmente l’intero corpo.

Inoltre non può esserci riconciliazione, e lo sappiamo bene, senza elaborazione corretta del lutto. Specie quando poi, come nel caso del popolo armeno, sono ancora in vita i testimoni di quelle sofferenze e atrocità patite.

Sono trascorsi cento anni ed è doveroso dunque “fare memoria”. E’ qualcosa di non più tramandabile.

Infatti il pontefice, nel corso della seconda domenica di Pasqua, nella basilica di San Pietro, ha proclamato “dottore della Chiesa” san Gregorio di Narek, monaco e teologo armeno (905-1005).

Il silenzio complice, semmai, ammonisce Papa Francesco, non può che peggiorare le cose.

Le conseguenze possono essere più terribili, nel tempo, di certo più di quanto adesso noi si possa immaginare.

Che poi per la Turchia di Erdogan, e per lo stesso presidente soprattutto, in vista delle imminenti elezioni, il discorso sia strettamente di natura politica, per ottenere consensi alle urne, mostrando il pugno forte, è quello che si dice, comunemente, un altro paia di maniche.

Per cui il riconoscimento del “genocidio” armeno da parte di Papa Francesco, a maggior ragione, è nell’ottica dell’amore vicendevole assolutamente “cosa buona” e significa incamminarsi tutti, e tutti insieme, non escluso neanche lo stesso popolo turco, con discernimento, sulla via della giustizia e della verità vera. Perché è questo di cui oggi il mondo e le nazioni tutte hanno bisogno.

 

  

Armeni1

 

                                                 Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 


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Da Marianna Micheluzzi
Inviato il 17 aprile a 22:02

Ringrazio la Redazione di Missioni Consolata per l'attenzione al mio articolo presente in JAMBO AFRICA e lo condivido tramite PAPERBLOG-ITALIA