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Turisti in fuga dal paradiso terrestre: La Sardegna è diventata un inferno

Creato il 16 settembre 2014 da Cassintegrati @cassintegrati

Tra crisi e maltempo, anche quest’anno le presenze turistiche sono in calo. Alberghi e ristoranti non assumono. E senza il salvagente del lavoro stagionale, emergono tutti i problemi della regione. Dall’assenza di acqua potabile al caro trasporti. Articolo pubblicato su L’Espresso online del 22 agosto 2014.

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Sembra ieri quando tutti dicevano: “Quest’anno vado in Sardegna”. Perché la Sardegna ha le spiagge migliori, perché c’è la Costa Smeralda, perché ci vanno i vip. Ma qualche anni gli italiani preferiscono le meno care Puglia e Croazia. Per via della crisi, certo, ma anche a causa di un rincaro dei traghetti che dal 2011 ad oggi ha fatto perdere un milione e mezzo di turisti.

Quest’anno ci si è messo anche il maltempo. E gli effetti su chi di turismo dovrebbe camparci sono disastrosi: «Per il secondo anno non ho trovato lavoro», dice Mauro, che ha 11 anni di esperienza come cameriere nelle stagioni estive. Il sindacato italiano balneari parla di un calo nelle spiagge italiane del 70%, che ha provocato la perdita di 50 mila posti di lavoro. In Sardegna il calo è del 15%. Che però si somma alla contrazione del 30% già registrata negli anni scorsi.

L’ha detto anche Flavio Briatore, patron del noto locale di Porto Cervo, il “Billionaire”: «Credo che questa sia la peggiore estate da quando siamo in Sardegna». E se il turismo è da sempre la leva ultima dell’economia sarda, la crisi ora si manifesta anche nei servizi di base. In gran parte dell’isola, negli ultimi due anni, ci sono stati grossi problemi nell’erogazione dell’acqua corrente a causa della crisi della società idrica Abbanoa.

«L’ho detto ai miei parenti di Milano: non venite qui in vacanza perché potreste rimanere ad agosto senza acqua», dice Mariangela Canu, cittadina sassarese. E quella che fino a ieri era la meta estiva più ambita dagli italiani, sembra oggi solo un’isola senza più trasporti, lavoro, acqua corrente. Dove i turisti vengono sempre meno.

CAMERIERI SENZA LAVORO. L’indagine di Federalberghi mette le cifre nero su bianco: 28 milioni di italiani andranno in vacanza, 30 milioni resteranno a casa. Nel 58% dei casi la ragione per cui si rinuncia alle vacanze è legata a motivi economici. E se gli italiani restano a casa, non bastano gli stranieri a riempire gli alberghi sardi. Questo significa meno lavoro per ristoratori e albergatori, camerieri, cuochi, animatori.

«Ho chiamato gli alberghi e i villaggi turistici di mezza isola», racconta Mauro Unali, che ha sempre fatto il cameriere in Costa Smeralda. «Ma come l’anno scorso nulla da fare, non c’è lavoro. Ora penso di trasferirmi a Londra», conclude. Assieme a lui il fratello Alessandro, che ha un’esperienza negli alberghi lunga 13 anni. Neanche lui ha trovato lavoro, e vanta un credito di 10 mila euro con l’albergo dove ha lavorato per 5 anni: «La società è fallita e non hanno pagato nessuno».

IL CARO TRAGHETTI. Parte della colpa della crisi del turismo, dal 2011 ad oggi, è dovuta al caro traghetti. Nel giugno 2013 l’Antitrust ha imposto 8 milioni di euro di multa alle compagnie: Moby, Snav, Grandi Navi Veloci e Marinvest. L’aumento, stimato attorno al 100%, si è ritenuto “non giustificato dall’aumento del prezzo dei carburanti”. A maggio il Tar ha ribaltato la sentenza dell’Antitrust, e l’assessore regionale ai Trasporti ha annunciato ricorso.

Il presidente sardo Ugo Cappellacci, in carica fino alle scorse elezioni di febbraio, aveva tentato di creare una “flotta sarda”, con tariffe calmierate. Il fallimento dell’iniziativa è stato clamoroso. Bocciata dalla Commissione Europea, che ha messo sotto inchiesta la compagnia Saremar, a cui inizialmente l’ex presidente sardo aveva affidato la gestione del progetto. I traghetti, quindi, per molti turisti rimangono ancora oggi off-limits.

MANCA L’ACQUA CORRENTE. Ma i trasporti via mare non sono l’unico servizio di base ad accusare problemi. Da ormai due anni, gran parte della Sardegna riceve l’acqua corrente a singhiozzo. Con danni alle tubature, infiltrazioni fognarie e acqua non potabile. Lo scorso anno, ad agosto, la città di Sassari (120 mila abitanti) si è ritrovata senza acqua. «36 gradi e non puoi farti neanche la doccia», racconta Mariangela.

Nel paese di Gonnesa, l’Arpas (agenzia di protezione dell’ambiente) ha dichiarato “non potabile” l’acqua del rubinetto. A Dorgali l’acqua sgorga gialla e lo stesso sindaco, Angelo Carta, ha affisso per tutto il paese la sua lettera ad Abbanoa, la società idrica partecipata dai Comuni, con scritto: «Basta!». I conti dell’azienda sono talmente in rosso da non permettere più le procedure di normale amministrazione. Dopo l’iniezione di 142 milioni di un anno fa, Abbanoa è stata nuovamente ricapitalizzata dalla Regione con 44 milioni di euro. E forse ancora non basterà. A Carbonia invece, i cittadini protestano per le troppe bollette anomale.

Ma se i turisti non vengono per i traghetti cari, il maltempo, la crisi e il rischio di non avere acqua corrente, sono i sardi a pagare il prezzo più alto. Loro, che devono vivere tutto l’anno in quello che una volta era il paradiso estivo e oggi sembra un inferno 365 giorni l’anno. Senza più l’àncora di salvezza del lavoro stagionale.

LA REPLICA: Sardegna Felix, o quasi


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