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Tutti legati da un «Vincolo di sangue». Intervista a Gianluca Arrighi

Creato il 30 marzo 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale
di Marina Angelo
Tutti legati da un «Vincolo di sangue». Intervista a Gianluca ArrighiIn Italia a fronte di quasi 1.500 uomini condannati all’ergastolo, le donne ergastolane sono appena 26. A raccontare la storia di una di queste donne è l’avvocato scrittore Gianluca Arrighi che, dopo il successo di "Crimina Romana", dal 14 febbraio è tornato in tutte le librerie con il suo nuovo romanzo “Vincolo di sangue” (Baldini Castoldi Dalai editore). 
Tra gli efferati delitti commessi da queste donne, Gianluca Arrighi sceglie il più inquietante: il figlicidio. Usa le pagine chiare e avvincenti del suo romanzo per narrare una storia impossibile da comprendere, ma realmente accaduta. “Vincolo di sangue” diventa per mano dell’avvocato, che tutt’ora assiste la protagonista del libro Rosalia Quartararo, un romanzo-verità. Una storia drammatica quella della palermitana ristretta in carcere dal 1993 per aver commesso un figlicidio, che non trova pace. 
Un viaggio tra le carceri italiane e nella mente dell’assassina talmente nitido che, per la sua chiarezza, è stato definito un “opera civile”. Eppure quella donna prima di ricevere il giudizio di una colpevolezza sempre ammessa, è stata bollata dall’opinione pubblica con l’etichetta di mostro (che calza effettivamente bene a chiunque uccida o ferisca un’altra persona, peggio se la propria figlia). Marchio imposto dalla stampa che, quasi come a voler vendicare la povera figlia uccisa (e sia ben chiaro sempre unica vittima), ha sviluppato sul nulla una carneficina mediatica. Rosalia non si era innamorata del fidanzato della figlia. Il figlicidio da lei commesso, forse uno dei reati più atroci e impossibile da comprendere, fu il risultato di una lite. Banalmente il culmine di un’animata discussione avrebbe trovato poca appetibilità sui mezzi di comunicazione. 
Così, su una storia già pesante, si è pensato bene di costruirne un’altra cucendola col filone passionale, ma nella realtà inesistente. «Vincolo di sangue» è così la sintesi perfetta di una racconto - verità dove la vittima, la figlia, continua a vivere pagina dopo pagina. Rosalia Quartararo, adesso reclusa nel carcere di Bollate, ci porta all’interno della sua vita prima, dopo e durante il suo essere mamma. Sotto un certo punto di vista ci fa intravedere come l’ira può trasformarsi in tragedia. Ci conduce dentro alle celle e alle leggi non scritte del carcere, facendoci anche vivere il dramma e l'orrore degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG). 
Una lettura, insomma, di di cui tutti noi, potenzialmente, potremmo essere o diventare in un attino. Sia ben chiaro, tende sempre a precisare Arrighi, «nessuna indulgenza nei confronti della Quartaro», ma quasi a voler sollevare quel grido del “soli contro tutti” il difensore della spietata assassina scrive una true crime story che deve essere letta. 
Tutti legati da un «Vincolo di sangue». Intervista a Gianluca ArrighiDa cosa nasce "Vincolo di sangue"? 
Il libro racconta la vita di Rosalia Quartararo, una storia che sembra perfetta per essere narrata in un romanzo. E’ una storia che i giornali dell’epoca hanno rappresentato in modo impreciso e con molti errori. Ho scritto "Vincolo di sangue" per consentire a questa donna, rinchiusa in carcere da vent’anni e dimenticata da Dio e dagli uomini, di gridare al mondo la sua verità, in gran parte diversa da quella che enfatizzarono i media in quella maledetta estate del 1993. 
Il suo romanzo è stato definito un'"opera civile". Perchè secondo lei? 
Credo, innanzi tutto, perché ho dato voce ad una donna che appartiene a quella categoria di persone che la maggior parte della gente definisce “rifiuto della società”. Quando, invece, per lo Stato ogni detenuto ha, o meglio dovrebbe avere, la medesima dignità di ogni altro essere umano. E in secondo luogo perché ho tentato di far comprendere ai non addetti ai lavori, ovviamente senza alcuna indulgenza, i motivi e le ragioni che conducono uomini e donne a commettere crimini così efferati. Senza mai dimenticare come la nostra Costituzione preveda che la pena debba sempre tendere alla rieducazione del condannato, anche del peggiore assassino. Lei invita alla comprensione del fenomeno "figlicida" e più in generale criminale. 
Lei ha compreso il perchè si uccide -e peggio -una figlia? 
Non c’è mai una valida ragione per uccidere. Un omicidio non può mai essere giustificato. Tuttavia nel nostro Paese esistono ancora grandi sacche di profondo degrado familiare e sociale che sicuramente contribuiscono alla diffusione del crimine. La signora Quartararo, ha riallacciato i rapporti con la sua famiglia? Ancora no. Mi auguro tuttavia che ciò possa accadere presto. 
Come aiuta il carcere un'ergastolana che sa di dover finire la sua vita dietro le sbarre? 
Il carcere, purtroppo, non aiuta nessun detenuto, né tantomeno gli ergastolani. Il dramma è rappresentato proprio dal fatto che quando si entra in carcere si perde la speranza. Questo è il grande limite del sistema penitenziario, che svilisce il principio fondamentale della funzione rieducativa della pena così come cristallizzato nella nostra carta costituzionale. 
Logora più il rimorso o la mancata libertà? 
Sicuramente il rimorso. 
Quanto i media oggi possono influenzare il verdetto dell'opinione pubblica? 
Direi che l’opinione pubblica oggi è catechizzata dai media. Tuttavia quello che accade ogni giorno nei tribunali penali, la giustizia reale e quotidiana che si occupa di reati comuni è ancora, fortunatamente, svincolata dai media. Quando però ci si imbatte nei cosiddetti processi “mediatici” tutto cambia. Se i giornali conferiscono al fatto una forte connotazione colpevolista, come avviene nella maggior parte dei casi, non vi sarà mai nessuna sentenza di assoluzione che porterà l’opinione pubblica a ritenere che quello stesso imputato sia davvero innocente.

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Vincolo di Sangue, Gianluca Arrighi, figlicidio, Rosalia Quartararo, libro, romanzo verità, assassina


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