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Tutto cambia, mai più come prima. Coraggio

Creato il 17 settembre 2014 da Propostalavoro @propostalavoro

Tutto cambia, mai più come prima. Coraggio

Il mondo che conosciamo presto non esisterà più. Non è la prima volta che su Proposta Lavoro parliamo di cambiamenti, ma negli ultimi mesi gli analisti – dal Boston Consulting Group al World Economic Forum – hanno sempre meno incertezze sul fatto che ci aspettano tempi straordinari, nuove rivoluzoni industriali e tantissime novità.

Forse crolleranno dittature e democrazie, nuove alleanze geopolitiche ridisegneranno i confini, essere europei, americani o africani non sarà più una questione di luoghi di nascita…ma perché di tutto questo se ne parla sul nostro sito? Il motivo è semplice: è il mercato del lavoro la mano invisibile di questo cambiamento.

Qualcosa di simile è già successo qualche decennio fa, quando la spinta industriale dei paesi emergenti aveva messo in crisi i vecchi colossi del comparto manifatturiero, Italia in testa. Made in China, Made in India, Made in Thailand…e via, decine di imprese medio-piccole schiacciate dalla concorrenza al prezzo più basso, dal lavoro low cost. Stabilimenti colossali da migliaia di dipendenti aperti in regioni orientali dove prima c'erano solo contadini, mercati occidentali sconvolti, costretti a limare le costose tutele che i movimenti sindacali avevano conquistato accordo su accordo. Il resto è storia dei nostri giorni: precariato, fuga dalla subordinazione, riforme del lavoro come se piovesse…storia che conosciamo.

«Rischiamo di avere una generazione perduta. 2 milioni di giovani senza lavoro e senza istruzione…se rimangono disoccupati altri due anni chi li assumerà? È peggio di una guerra. Cinico da dire, ma non sono giovani morti, sono vivi. E cosa faranno della loro vita?»

A parlare, l'altro ieri, durante il convegno di Assolombarda "Un Jobs Act vicino alle imprese: proposte per l'apprendistato semplice", Massimo Bottelli, Direttore Lavoro, Welfare e Capitale Umano Assolombarda. Uno che parlava del contratto a tempo indeterminato come di una punizione inflitta all'azienda che sbaglia di una virgola il contratto dell'apprendista, ma che si è detto d'accordo con Susanna Camusso, leader CGIL: serve crescere, e subito.

Se Atene piange, Sparta non ride. Noi siamo in recessione, ma tra i peasi emergenti non tutti stanno continuando ad emergere. Costare poco non basta. In Cina, ad esempio, quasi non conviene più investire. Gli operai sono pagati sempre meglio, ma non per questo sono più produttivi. In Russia i costi di produzione sono bassi per via della disponibilità di gas naturale, ma non sarà così per sempre e già ora, se non verrà ammodernato il sistema di distribuzione, il gas di scisto americano sarà più conveniente. Se l'India tiene bene il suo sistema industriale, l'ultimo BRIC, il Brasile, ha un punteggio di convenienza che, udite udite, è pari a quello dell'Italia.E non è tutto qui.

Ratan Tata, patron dell'omonima casa automobilistica indiana, ha deciso di investire 840milioni di dollari per uno stabilimento da 1.700 dipendenti in Inghilterra. Gli operai inglesi costano un po' di più, ma sono più abili. Là si pagano meno tasse, si possono assumere e formare talenti in apprendistato e tutto sommato l'energia non costa molto. L'India investe nella vecchia potenza colonizzatrice.

Immaginarsi un futuro diverso, allora, non è poi così azzardato. E la nostra povera Italia di dolore ostello che spazio avrà tra le grandi potenze? Al momento siamo un paese-ospizio che solo grazie all'immigrazione non è al collasso demografico – vedi il Giappone, ad esempio. La nostra forza lavoro è stanca, vecchia e poco produttiva. Non siamo ancora capitolati solo grazie all'esportazione di prodotti con una qualità tale da far invidia e rabbia a chiunque provi a copiarli. Ma la spina dorsale della nostra industria, merci a costo contenuto e qualità media, come la Fiat Panda, ha perso la partita della concorreza internazionale. Perso per sempre, sia chiaro.

Sollevarsi non sarà impossibile, ma ci vorrà coraggio. Coraggio nell'immaginare e costruire un mercato del lavoro dove le tutele saranno il minimo indispensabile, ma per tutti. Dove ad anni di cassa integrazione si sostituiranno tagli rapidi per non tenere imprese e lavoratori sulla graticola. Dove i giovani potranno scegliere se continuare a studiare o lavorare da subito, come apprendisti, in aziende che completeranno la loro formazione, sotto la supervisione di sindacati e formatori. Dove la flessibilità non sarà una partita per licenziare senza criterio e il posto fisso un letto d'allori, ma un nuovo modo di concepire il lavoro in cui le aziende riprenderanno ad investire nell'abilità del personale e a volerlo tenere a tutti i costi.

Ma vuol dire anche rinunciare a una storia secolare di diritto del lavoro. Purtroppo, o lo faremo noi a modo nostro, o lo faranno i mercati, a modo loro.

Coraggio!


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