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Ucraina, Europa si o Europa no? Scontri e disordini a Kiev

Creato il 26 novembre 2013 da Stivalepensante @StivalePensante

il responsabile della Rossotrudnichestvo, Kosachev, dice: “La UE ha commesso un grave errore a non coinvolgere la Russia nel processo di associazione di Vilnius”.

Le proteste nelle piazze di Kiev (voanews.com - Reuters)

Le proteste nelle piazze di Kiev (voanews.com – Reuters)

Da domenica il centro di Kiev è teatro di disordini, sfociati nella grande protesta contro il governo, reo di aver deciso di sospendere i negoziati per la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni contro i partecipanti alla manifestazione per sedare gli animi e la violenza. Alcuni gruppi d manifestanti, in totale si conta la partecipazione di 100mila persone, hanno cercato di rompere i cordoni della polizia a protezione dei palazzi del governo e alla Rada. Molte le famiglie con bambini. Il vice presidente del partito della Batkivshchina di Yulia Tymoshenko, Oleksandr Turchynov ha anticipato che la protesta per sollecitare la firma dell’accordo “andrà avanti a oltranza”. “L’Ucraina e’ Europa” è lo slogan scandito dai manifestanti. Una seconda manifestazione in sostegno del governo si è svolta non lontano, con la partecipazione di 10mila persone.

Dal canto suo l’ex primo ministro dell’Ucraina, Yulia Tymoshenko, ha annunciato ieri dal carcere di aver iniziato uno sciopero della fame per chiedere la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea.

Kosachev, responsabile della Rossotrudnichestvo (voiceofrussia.com)

Kosachev, responsabile della Rossotrudnichestvo (voiceofrussia.com)

Le parole di Konstantin Kosachev, il responsabile della Rossotrudnichestvo, l’agenzia russa da cui dipendono gli affari della Csi e gli istituti di cultura all’estero, e che cura il nuovo sforzo di Mosca per promuovere il soft power all’estero. ”L’Unione europea ha commesso un grande errore di valutazione a non coinvolgere la Russia nel processo di associazione dell’Ucraina che avrebbe dovuto essere sottoscritto a Vilnius nei prossimi giorni. In questa situazione, nessuno si è posto il problema di avviare consultazioni con Mosca, certo non sul diritto dell’Ucraina a firmare questo o un altro accordo, poiché è un paese sovrano e può fare ciò che vuole, ma sulle conseguenze economiche della firma, in Ucraina e probabilmente anche per la Russia”, ha spiegato in una intervista all’Adnkronos, “La nostra valutazione è che l’economia dell’Ucraina è troppo debole per competere con quella dell’Ue. Ma se Kiev raggiunge conclusioni differenti, noi le rispetteremo. Tutti però devono capire che se l’accordo viene firmato, accadranno una serie di cose: non si tratta di hard power, di pressioni, ma è solo economia e la necessità di proteggere i nostri interessi come fanno tutti”, ha aggiunto, ricordando che “la Russia ha un accordo di libero scambio con l’Ucraina, e questo significa che non abbiamo dogana e su quasi tutti i prodotti non viene applicato alcun dazio, e che quando i beni dell’Ue entreranno in Ucraina i prodotti ucraini, che non andranno certo nei paesi europei, inizieranno a essere esportati in Russia a danno dei nostri produttori. Abbiamo spiegato a Kiev che il problema non è politico ma economico: se aprono i loro confini all’Ue, noi dobbiamo chiudere i nostri. Loro hanno capito che la questione doveva essere riconsiderata. Non so cosa accadrà in futuro, ma il fatto è che hanno deciso di prendere una pausa per fare i conti che non avevano fatto fino a ora.”

In ogni caso, sono proprio i paesi della Comunità degli stati indipendenti, come l’Ucraina, a cui è diretto in via “prioritaria” il nuovo impegno di soft power della Russia. Da qui a tre anni, sugli undici nuovi centri di cultura che Mosca aprirà all’estero, altri nove lo saranno nei paesi dell’estero vicino, gli altri due in Turchia e in Romania. Già in tutti i paesi ex sovietici, eccetto i Baltici, Georgia e Turkmenistan, c’è un centro di cultura, in Ucraina tre, in Kazakhstan due.

Quest’anno verrà aperto un secondo centro di cultura in Bielorussia, e un altro, il terzo, in Kazakhstan. Il prossimo anno, un altro ancora in Ucraina e poi altri due in Azerbaigian e in Armenia. E poi, l’anno successivo, un altro in Tagikistan e un altro in Kirghizistan, spiega Kosachev, alla cui agenzia il Cremlino ha deciso di quintuplicare i fondi da qui al 2020, anche se, come ha precisato oggi da Roma, dove ha preso parte insieme al ministro degli esteri Sergei Lavrov al forum di dialogo italo russo organizzato alla Farnesina, queste promesse e la volontà politica che sicuramente esiste poi dovranno fare i conti con i vincoli del bilancio russo.

“Si tratta più di una ripensamento del nostro approccio”, conclude Kosachev, anticipando la definizione entro l’anno di una strategia complessiva. “Ma lo strumento del soft power è oramai diventato uno strumento essenziale della politica estera russa”.

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