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Uenuku – Fern Pride, la bandiera della Nuova Zelanda può cambiare

Creato il 24 ottobre 2011 da Ilgrillotalpa @IlGrillotalpa

Uenuku – Fern Pride, la bandiera della Nuova Zelanda può cambiaredi Stefania Mattana

Sapreste distinguere la bandiera neozelandese da quella australiana? E non stiamo parlando di quella con la felce argentata o del Wallaby a sfondo giallo, ma delle bandiere ufficiali.
Un occhio poco allenato, o quello che le vede da una certa distanza, potrebbe non distinguerle, dato che le differenze sono davvero poche. Ecco allora che scatta in Nuova Zelanda quello che mi piace chiamare il Fern Pride, cavalcando l’onda del mondiale di casa con gli All Blacks in finale. Ho letto diversi dibattiti online e parecchi articoli e blog in cui si propone ai neozelandesi di cambiare bandiera. E il parallelismo corre ai canadesi, che la hanno cambiata nel 1965 con la attuale foglia d’acero su sfondo rosso e bianco.

Il Fern Pride potrebbe essere definito dai sociologi – se mai lo studiassero – un fenomeno di massa spontaneo, di quelli che ai giorni nostri sono rari. Non è virale, non è mediato dagli strumenti di comunicazione, non è stato condizionato dall’opinione pubblica né tantomeno dagli organi politici, che non hanno espresso nessun voto in Parlamento e nemmeno sottoposto ai cittadini un referendum per cambiare bandiera. Semplicemente, durante la Coppa del Mondo si è assistito, per le strade della Nuova Zelanda, a un fiorire più roseo del normale di bandiere nere con la felce argentata.

Il blogger ed ex parlamentare kiwi David Farrar elenca sul suo spazio web due ragioni per cui la Nuova Zelanda dovrebbe cambiare bandiera sostituendola con la felce.
La prima, che ho già accennato, è quella dell’eccessiva somiglianza dell’attuale bandiera a quella australiana. Mai dire a un neozelandese che Australia e Nuova Zelanda sono la stessa cosa! La loro (relativa) vicinanza geografica, e non solo, ha significato una somiglianza nella bandiera, e per i neozelandesi distinguersi anche in questo modo significa affermare al mondo, ancora una volta, l’assoluta indipendenza e affrancamento dal cugini Aussie.
Il secondo motivo esposto da Farrar è di tipo estetico: la felce è più bella e più chiara rispetto alla Croce del Sud con la Union Jack da un lato. Come il Canada, la nazione si identificherebbe attraverso un simbolo molto forte che ne descrive l’identità.

Personalmente, se si parla di identità nazionale, aggiungerei un terzo motivo. Non ho incontrato molti neozelandesi fuori dalla Nuova Zelanda, ma quelli che ho incontrato portavano sempre con sé una bandiera nera con la felce d’argento. Un po’ come i sardi, che non si separano mai dai loro quattro mori. Lo specchio identitario dei kiwi si riflette moltissimo nella felce, che trova nelle antiche radici Maori il suo significato più vivo. Inoltre, è inutile far finta che la Nuova Zelanda non sia legata a doppio filo con il rugby, e con ciò che gli All Blacks – e la loro bandiera – rappresentano all’estero, come parte fondamentale nella costruzione dell’appartenenza dei neozelandesi alla loro nazione.

Se poi dobbiamo anche strizzare maliziosamente un occhio al solito marketing, ormai paranoicamente onnipresente nella nostra società, il cambio di bandiera risulterebbe anche un ottimo terreno per il mercato. E non si parla solo di gadget, perché una volta divenuta bandiera a tutti gli effetti, la felce assumerebbe anche altri connotati quasi “sacri” anche all’interno delle vicende legate allo Stato.

Insomma, il Fern Pride ha dimostrato che la rivoluzione dei costumi viene dal basso, in questi anni Duemila ancora di più che nei decenni precedenti. Il popolo neozelandese è pronto, il mercato globale – in eterna crisi economica – pure. Chissà che prima o poi non si sentano pronti  anche quelli che guidano la nave di Aotearoa.


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