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Uenuku – Il sogno mondiale di Dan Carter si è strappato

Creato il 04 ottobre 2011 da Ilgrillotalpa @IlGrillotalpa
di Stefania Mattana

Strappo e lesione di quadrucipite e tendine inguinale. Il mondiale di Dan Carter finisce così, con urlo di dolore che squarcia le silenziose fotografie presenti su ogni quotidiano e pagina di sport.
Questo era l’anno di Carter, lo dicevano tutti. Il suo terzo mondiale, quello della maturità, quello che lo avrebbe potuto portare sulla cima del mondo ovale, il meritato coronamento – che vincesse o meno – di un’intera carriera passata a sfidare i pali, a prendere a calci un pallone da una piazzola, a esercitarsi ogni giorno, da quando aveva sei anni.
E invece il mondiale neozelandese di Dan Carter termina stampelle alla mano, davanti a un nugolo di giornalisti attraverso cui proprio lui, l’uomo da consolare, rassicura una nazione che sembra quasi in lutto, incitandola ad “andare avanti”.
“Qui è come che sia morto”, mi scrivono dalla Nuova Zelanda gli amici. E qua e là si legge qualche kiwi spazientito da tutto il polverone e il melodramma alzatosi per un ragazzo di ventinove anni che di certo non è morto, e che di sicuro non terminerà qui la sua carriera di stella del rugby.

Sebbene la tragedia consumata in casa All Blacks vada oltre il senso comune della realtà e oltre gli schemi di gioco che ora traballano (e se è vero che DC era il timoniere e l’ago della bilancia dei tuttineri, questo è il momento buono per gli All Blacks di meritarsi ancora di più l’agognata Ellis Cup), basta guardare il personale dramma dell’uomo per capirne la sua effettiva rilevanza. Una gravità che Carter ha gestito con la solita compostezza. E con il sorriso.

Mi piace citare questo bell’articolo di Martin Devlin, che racconta con grande empatia di come i sogni di Carter si siano spezzati in pochi secondi. “Ho il sospetto che Dan Carter abbia trascorso gran parte della sua vita sportiva sognando di vincere una Coppa del Mondo per la Nuova Zelanda. – scrive Devlin – I sogni sono gratis, ovviamente. Sono anche il modo grazie al quale molti di noi continuano ad essere ispirati nella vita. Il sogno di Carter è finito.”

Il giornalista di TvNz ha ragione. Dimenticate per un momento lo status di cui gode Carter, un talento straordinario e un giocatore di caratura mondiale con fortuna, bellezza, fama e soldi. Pensate invece a quel ragazzino che dopo la scuola tornava a casa per allenarsi, provare e provare e provare. Calciare, passare, calciare e calciare.
Il mio personale pensiero va a quel ragazzino, perché credo che chi ha vissuto un po’ di sport capisca molto bene quale delusione si nasconda dietro a quella dignità dimostrata alla stampa, non importa a quale livello di grandezza sportiva si sia giunti.
É brutto trovarsi davanti a una corsia libera da correre, ai blocchi di partenza, lanciati verso il proprio obiettivo finale, e sentire d’improvviso che qualcosa non va. Un dolore che ti lacera, impossibile da descrivere. Un dolore che solo chi si è strappato un muscolo può ricordare e immaginare. Un dolore che strappa tutti i sogni che avevi costruito passo dopo passo, con pazienza e tenacia, e che arriva proprio quando il traguardo non ti era sembrato mai così vicino come allora. E non ci puoi fare niente. “Gli infortuni fanno parte del rugby, e questo fa parte della mia vita” ha concluso Carter prima di riunirsi con la squadra.
Ancora non si sa cosa aspetta al numero 10 All Blacks: 10 o 12 settimane di riposo assoluto, forse anche un’operazione per ricucire le fibre.
La strada è di nuovo in salita per Dan-the-man, ma i campioni – sul campo e nella vita – non si fanno spaventare dai ruzzoloni. E non hanno paura delle chine, nemmeno di quelle più ripide.

Uenuku – Il sogno mondiale di Dan Carter si è strappato

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