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Umanesimo integrale e Sviluppo dei popoli /Importanza della Parola

Creato il 11 settembre 2012 da Marianna06

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In un blog come Jambo Africa, che da sempre offre informazioni dall’Africa e per l’Africa, in prossimità dell’ottobre missionario, che quest’anno coinciderà anche con l'avvio  dell’ “Anno della Fede” per la Nuova Evangelizzazione,  non potevano mancare certo alcune considerazioni sul rapporto  “uomo”,”ambiente” e, quindi, “sviluppo” umano specie, se e quando, ancora oggi, lo sviluppo di buona parte dell’umanità, purtroppo, avviene sub-condicione. E cioè subordinatamente a ciò che il più forte impone al più debole contro ogni giustizia.

 E in tal senso non occorre poi arrampicarsi tanto sugli specchi per esemplificare. Basta accostarsi ai”media” con taglio critico oppure ricorrere alla cosiddetta “controinformazione”, quella non acquiescente, per definizione, alla politica in sella e di conseguenza al ”capitale”, che ne detta, sostanzialmente al giorno d'oggi, le regole.

“Abbi dubbi”, appunto. Come recita una nota canzonetta.

Nella “Populorum progressio”(n.42),l’allora papa Paolo VI, cardinale Montini, personalità di grande spessore culturale, ci ricordava anni addietro e ci ricorda a tutto oggi, se sappiamo leggere, che l’uomo da solo non è in grado di gestire il progresso in quanto incapace  di fondare da sé un autentico umanesimo. E non si tratta di”minorità”, né di soggezione.

Solo, infatti, - è scritto nel documento pontificio – se pensiamo di essere chiamati in quanto singoli o comunità, o entrambe le cose,a far parte della famiglia di Dio come suoi figli, soltanto allora saremo sul serio capaci di “nuovo” pensiero (assenza di egoismi) e di esprimere al contempo nuove energie per la costruzione di un vero umanesimo integrale.

Un umanesimo che, per quanto è normale, soggetto a forze umane, comunque ad errore possibile, non farà mai figli e figliastri sull’unica terra, che ci è data di abitare, perché rispettoso del creato e, dunque, dell’umanità che la popola.

So bene che per un non credente oppure per un dubbioso cronico è un concetto complesso da far passare (è  già capitato) ma nella semplicità dell’enunciato c’è una profonda verità, che più profonda proprio non si può.

Ed è quella verità che si apprende gradualmente e per contagio. Mi riferisco alla “Chiesa missionaria” nel mondo, ai suoi testimoni  da cui tutti abbiamo continuamente da imparare.

Missione è carità. Dono.Dono di sé agli altri, in primis. Nel cuore e nella propria carne ( quello che certo è che non è avventura ). E la si vive coltivando in cuore una grande “speranza”, quella che può essere dettata soltanto dalla “fede”.

Fede che è dono di Dio ma anche capacità di “ascolto attento” del reale, nel vicino o  nel lontano, attraverso i fratelli.

Quei fratelli che possiamo e dobbiamo considerare  in un certo senso“maggiori”, perché hanno sperimentato molto prima di noi ma anche quelli che, senza avere nulla da offrire ,se non se stessi, danno “tanto” grazie proprio al loro essere autentici.

Il Regno, lo sappiamo, sarà di chi avrà la capacità  di farsi “bambino”, che significa poi essere fiduciosi.

Sempre la “Populorum progressio” ad un certo punto dice, a chiare lettere ,che l’amore di Dio ci chiama a uscire da ciò che è limitato e ,soprattutto, non definitivo (il nostro mondo-la nostra stessa vita). Ma ci dà il coraggio di operare (che è quello che fanno con grande abnegazione i nostri amici missionari quando lasciano la comoda Europa per Paesi lontanti e di differente cultura) e di proseguire in quella che è la ricerca del bene di tutti.

E’ Dio, in definitiva, che dà all’uomo la forza di soffrire per il bene comune.

E ,aggiungo io, anche quando lo stesso uomo non lo sa.

E anche se le aspettative auspicate non si realizzeranno a breve, nei tempi lunghi chi raccoglierà il testimone proseguirà con la medesima fede (fede mista a ragione come per Agostino l'Africano) e la medesima speranza.

 La speranza che è la più grande di tutte in quanto poggia sulla roccia, quella roccia che è il Cristo, come precisa l’apostolo Paolo.

Quel Cristo che  molti, in tempi di oblio di Dio, hanno ridotto a semplice figura storica di profeta quando non addirittura d’impostore.

Concludendo, chi non è interessato salti, come è giusto che sia, la lettura di questo post. Altri comprendano una sola semplice “cosa”  e cioè che “missione”, “volontariato” o differenti forme di cooperazione non sono possibili per gli attori dell’impegno sociale se non imparano a ruminare di continuo la Parola.

Mettiamola laicamente e diciamo magari che essa è  come un "valore aggiunto"  nella nostra vita.

Parola che poi  è “ dialogo” tra creatore e creatura per non smettere mai d’essere in “ricerca”.  

   Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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