Magazine Religione

Un aiuto per cattolici euforici o lamentosi

Creato il 28 maggio 2014 da Uccronline

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di Antonio Righi*
tratto da Libertà e Persona, 27/05/14
 

Il mondo di internet e dei media è fatto per far perdere la testa. Conosco persino sacerdoti che si collegano in rete, ansiosi, per vedere la novità del giorno, anzi dell’ultima ora: aspettano, sospesi ad un filo, la notizia che salva; o la conferma alla lettura dei fatti che hanno già dato (e che magari è leggermente manicheo-catastrofista). Poi verranno a dirti: “Vedi, te lo avevo detto che le cose vanno male. Hai visto il papa cosa ha detto? Hai visto Galantino? Hai sentito in quella diocesi della Germania? E’ proprio la fine”.

E via di questo passo, in una litanie interminabile di lamentele che smarriscono, sconfortano, pietrificano… Così le forze cattoliche più tradizionali si allenano spesso al gioco delle chiacchiere, delle profezie di sventura (“te lo avevo detto, io”, detto quasi con gusto, perché ‘tanto peggio, tanto meglio’…). E’ il gioco del demonio: far credere che la partita è persa; che tutto è finito, che questo papa è proprio quello della visione x o y, della profezia y o z… Che non c’è nulla da fare; che è ora di sedersi per sempre e di darla vinta… a lui, al Nemico…

Oppure c’è il cattolico adulto, che ti chiama con un sorrisetto ironico: “Visto questo papa? Non è mica più come con quell’altro! Finalmente si cambia….”. “Hai letto Repubblica? Hai letto l’intervista a Scalfari?”. E tutti ad aspettare che finalmente questo papa apra al matrimonio gay, all’aborto, ai preti sposati…E’ più di un anno che questo giochetto va avanti, alimentato dai rumors su quello che avverrà, dalla esaltazione strumentale di alcuni gesti e dal silenziamento cosciente di altri; dalla mitizzazione, in bene o in male, di questo papa venuto dai confini del mondo. Per carità, tutto può succedere; possono avere ragione i lamentosi e gli entusiasti, insieme.

Forse però né gli uni né gli altri fanno quello che Cristo vorrebbe: che ognuno pensasse anzitutto ai propri peccati, al proprio compito! Quei preti che in nome della catastrofe primissima ventura abbandonano il gregge, si rifugiano nel vittimismo, si improvvisano Giovanni Battista della contemporaneità, sono, in verità, dei disertori. Mentre accusano il papa di disertare, mentre imbastiscono processi sommari e presuntuosi, buttano a mare fede, speranza e carità; dileggiano la Chiesa, di cui si dicono figli; dimenticano le singole anime, il prossimo che hanno accanto, perché troppo impegnati a capire cosa succede a Roma e nel mondo intero. Perché troppo impegnati a macerarsi nel pessimismo e nell’acidità dei giudizi definitivi e perentori.

Nelle loro prediche si occupano delle dichiarazioni di Galantino, delle performance di Kasper, dell’ultimo pettegolezzo sul cardinal Bertone; oppure degli scandali dello Ior e della villa del vescovo Nevio, e intanto smettono di confessare, di aiutare il fratello che soffre, di dare a chi è stato loro affidato il cibo spirituale di cui abbisogna. Di fare lamentazioni grilline, siamo capaci tutti. Di leggere i giornali, pure. Dei preti che ce li leggono a messa, per parlare di mafia, di Terzo Mondo, di politica, di assistenza sociale… o dei singoli misfatti ed eresie clericali, veri o presunti, ce ne facciamo poco.

Che si aspetti la catastrofe, un po’ come i millenaristi medievali, perché tutto va male, o che si aspetti l’età dello Spirito Santo dove scompariranno i comandamenti, perché con questo papa è la volta buona, in ognuno di questi due casi si dimentica cosa è la fede; si dimentica che Cristo ci ha detto che non conosciamo né il giorno né l’ora, e che soprattutto non ci deve interessare saperlo; che quando la barca vive la tempesta -e quante ne ha vissute la Chiesa, anche in passato!-, non bisogna scoraggiarci, perché Lui è sempre lì, al nostro fianco.

La storia è sua! La Chiesa è sua, questo è il fatto! Al papa ci pensa lui! Scegliendo san Pietro, che lo aveva rinnegato 3 volte, Gesù ci ha già detto che vuole da noi la fede: crediamo alla sua Resurrezione, senza averlo visto; crediamo alla santità della sua Chiesa, anche quando ne vediamo e ne tocchiamo i limiti! Crediamo nel papa, anche se abbiamo avuto Giulio II e Alessandro VI, come crediamo al sacerdozio, nonostante i preti spretati o pedofili o senza carità. E’ il mondo, che non ha la fede, che si paralizza di fronte alla miseria umana, alla miseria, persino, dei pastori. Ma ci è chiesto di non scandalizzarci neppure di fronte a Dio che muore, che scompare sotto terra per tre giorni… e che poi risorge.

Quante volte, “da sinistra”, sentiamo dire che la Chiesa è troppo marcia, per essere la sposa di Cristo; quante volte, sempre di più, sentiamo analoga cantilena da “destra”? Fede, speranza, carità: il male non prevarrà, perché è già stato sconfitto; in ogni circostanza, di bene o di male, l’amore rende ogni cosa sopportabile, perché “tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”.  Questo papa non parla a sufficienza dell’aborto, si diceva in principio; ma ne ha parlato mille volte! Questo papa apre al gender, si ripeteva, ed ora sui siti gay si scrive: “ci siamo ingannati” e la responsabile delle famiglie arcobaleno attacca frontalmente “il signor Bergoglio” su una delle più autorevoli voci della sinistra nichilista, prorprio per i suoi discorsi contro l’ideologia gender.

“Ti rendi contro di quello che dice Kasper nell’epoca Bergoglio?”, mi diceva un amico. Gli ho ricordato, e ho ricordato a me stesso, cosa ha detto Kasper sotto gli altri due papi precedenti, quando sminuzzava Vangelo e Resurrezione, facendoli a pezzi; cosa ha detto e fatto il cardinal Martini, per decine di anni; cosa diceva il cardinal Ravasi, promosso cardinale sotto Benedetto XVI…E che? Gli eretici non hanno sempre cercato di rovinare la Chiesa dal di dentro? I Giuda non sono sempre stati il vero problema della Chiesa? Una cosa è riconoscere l’eresia; una cosa combatterla e vigilare… un’altra perdere la certezza che, qualsiasi cosa accada, “le porte dell’inferno non prevarranno”.

Se questo è chiaro, ognuno lavori anzitutto alla sua anima, e a quella del prossimo suo…Anche se è convinto di vivere tempi epocali, apocalittici, tempi di apostasia (chi lo può dire? Chi lo può negare? E, in fondo, cosa importa?). E’ l’unica cosa che possiamo e dobbiamo fare, affinchè “venga il suo regno”. E per salvare la nostra anima. Che non ci capiti di aver capito tutto, o creduto di aver capito, dell’attualità, e di aver dimenticato l’unica cosa che conta: quanto nella nostra vita abbiamo creduto ed amato.


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