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Un’analisi dell’intervento di Berlusconi a difesa della Russia, da Kissinger a Sergio Romano

Creato il 10 maggio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Putin as FSB director, 1 January 1998

Putin as FSB director, 1 January 1998

di Michele Marsonet. La lettera di Silvio Berlusconi “L’errore dell’Occidente: isolare la Russia di Putin”, pubblicata in prima pagina dal “Corriere della Sera” del 9 maggio, non rappresenta certo una novità. In essa l’ex presidente del Consiglio ribadisce la sua nota contrarietà alla politica del muro contro muro che, dopo la crisi ucraina, l’Occidente ha scelto di praticare nei confronti della Federazione Russa.

E’ degno di nota, tuttavia, il fatto che l’uomo di Arcore abbia deciso di diffondere le sue opinioni al riguardo affidandosi al maggior quotidiano del nostro Paese, notoriamente piuttosto allineato sulle scelte del governo italiano in politica estera. Comportandosi in questo modo Berlusconi intende probabilmente lanciare al vasto pubblico un allarme circa le conseguenze che la scelta italiana, del resto subordinata a decisioni assunte altrove, può comportare a lungo termine tanto sul piano nazionale quanto nel più vasto ambito mondiale.

Partendo dall’assenza dei leader occidentali alle celebrazioni moscovite per il 70° anniversario della vittoria nel secondo conflitto mondiale, la lettera denuncia innanzitutto la mancanza di rispetto per il contributo determinante che la Russia fornì alla disfatta del nazismo. Ma non è certo questa la maggiore preoccupazione che si coglie nello scritto.

L’ex presidente del Consiglio sottolinea infatti la presenza a Mosca dei leader delle potenze emergenti, con Cina e India in testa, notando che “quella tribuna sulla piazza Rossa, sulla quale di fianco a Putin siederanno il presidente cinese, il presidente indiano, gli altri leader dell’Asia, non certificherà l’isolamento della Russia, certificherà il fallimento dell’Occidente”.
Parole forti, e che dovrebbero far riflettere. In realtà, per quanto sgradevole il personaggio possa risultare, Berlusconi, pur invecchiato e un po’ imbolsito, è rimasto uno dei pochissimi politici italiani ad avere una visione geopolitica chiara. Cosa del resto già dimostrata quando tentò invano di opporsi all’intervento franco-britannico in Libia.

Non solo. Il risultato di questa politica del muro contro muro nei confronti della federazione russa che, diciamolo pure, ci siamo fatti imporre dall’estero, è l’avvicinamento già in corso tra Russia e Cina. Una prospettiva che dovrebbe turbare i sonni di Barack Obama, tra una partita di golf e l’altra, mentre il Presidente americano appare sempre più ilare e pimpante (ed è davvero difficile capire perché).

Altro elemento chiave della lettera è la sottolineatura della convenienza, per il mondo occidentale, di “avere la Russia dalla nostra parte” nella lotta contro califfati, jihad e quant’altro, vale a dire  tutti i fenomeni riconducibili alla sfida dell’integralismo islamico. Non si tratta di discorsi campati in aria, giacché i russi hanno una notevole esperienza in proposito e un maggiore coordinamento potrebbe senza dubbio portare a buoni risultati.

Per quanto riguarda la questione ucraina, il ragionamento è in sintonia con le tesi che da tempo sostengono negli USA Henry Kissinger – anche nel suo ultimo libro “Ordine mondiale” – e in Italia Sergio Romano. Vanno riconosciute le ragioni del governo di Kiev ma anche “quelle della popolazione di lingua, cultura e sentimenti russi. Si tratta di trovare un compromesso sostenibile fra queste ragioni, con Mosca e non contro Mosca”.

Senza infine dimenticare il prezzo molto elevato che aziende italiane ed europee stanno pagando per una politica delle sanzioni che non ha sortito alcun risultato. Bene ha fatto, dunque, Berlusconi a pubblicare il suo intervento sul “Corriere”, che vanta una diffusione ben maggiore di quella dei quotidiani di sua proprietà. Forse non ci saranno effetti pratici, ma è importante che in settori più vasti dell’opinione pubblica si ragioni circa questi problemi.


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