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Un Arco costituzionale per colpire il tallone di Silvio

Creato il 16 dicembre 2010 da Enmig

14 dicembre. Si vota la tanto attesa sfiducia al governo.
La bella poesia del gran giorno sta tutta nella gravosità di quei tre pancioni.Un Arco costituzionale per colpire il tallone di Silvio
Tre puerpere che, una in ambulanza e un’altra in sedia a rotelle, sono arrivate eroicamente in parlamento per votare la sfiducia al governo. Applauso unanime dei deputati.
I tre pargoli, per fortuna, hanno pensato bene di restarsene in grembo. Venire al mondo è già un brutto trauma, nascere a Montecitorio mentre Berlusconi respinge la sfiducia, senz’altro non un buon auspicio per il loro futuro.
Queste tre eroine meritavano di votare per sei. Anche per i tre futuri che crescono loro dentro.
Di questa giornata rimarrà alla memoria qualche altra scenetta, meno eroica, più Italietta.
Come quei “tre responsabili nazionali” tutti eletti nell’opposizione che improvvisamente, proprio quando serve, cambiano idea e casacca. Scilipoti, Calearo e Cesario, sfilano sfrontatamente alla fine della seconda chiama per votare contro la sfiducia a Berlusconi.
Qui sotto abbiamo un video che ne dipinge le motivazioni politiche:

Un Arco costituzionale per colpire il tallone di Silvio

Ma soprattutto rimarrà il momento finale.
Fini che si fa coraggio picchiettando con la penna sullo scranno e scandisce amaramente le parole: “Hanno votato sì 311, hanno votato no 314, la Camera respinge”.
Fini, il generale ribelle, costretto a dichiarare solennemente la propria sconfitta e la vittoria dell’esercito lealista. Le truppe berlusconiane esplodono in un boato.
Il deputati del Pdl sventolano il tricolore e abbozzano un Fratelli d’Italia. La Lega esce dall’aula intonando Va pensiero. Infine le due anime trovano un coro che le metta d’accordo: “Dimissioni, Dimissioni!” gridano al presidente della Camera. La maggioranza, o almeno quel che ne rimane, tronfia trionfa più unita che mai.
La sconfitta frizza all’opposizione che, come non bastasse, sparge sale sulle proprie ferite.
Fini riconosce la vittoria a Berlusconi con una cavalleria che l’avversario pare indegno di meritarsi: “La vittoria numerica di Berlusconi è evidente quanto la nostra sconfitta”.
Il Pd dal canto suo, non ha nulla di meglio da dire che prendersela con Di Pietro: non sa scegliere i suoi uomini.
Sia chiaro, non ha torto. Se un partito si dichiara paladino della giustizia e dell’integrità morale come l’Idv, non può far eleggere gente come Scilipoti e Razzi che alla minima più o meno lecita pressione, si trasformano da feroci antiberlusconiani a suoi fiduciosi sostenitori. Metamorfosi degne di Kafka.
Invece il Pd se li sa scegliere gli uomini. Va proprio a cercarli, quelli giusti. Ad esempio l’onorevole Calearo che Veltroni fece eleggere come capolista in Veneto e sbandierare come colui che avrebbe sfondato “il muro del nordest”. L’uomo che due mesi fa Veltroni diceva «rispetterà gli impegni con gli elettori: me lo ha confermato personalmente». Oggi puntualmente vota la fiducia al governo. Lo fa platealmente, per ultimo, insieme ai suoi due illustri compari: l’ormai famigerato agopuntore Scilipoti (ex Idv) e l’onorevole Cesario, altro “uomo scelto” dal Pd. Per non parlare dell’onorevole Antonio Gagliano, un altro che, dopo scrupolose analisi, passò il severo vaglio Democratico. Anche oggi, dopo il 92% di assenze in aula (record assoluto), nel giorno più importante e spettacolare della vita parlamentare di questa legislatura, si è dimenticato di recarsi a lavoro.
E menomale, perchè anche lui avrebbe votato per Berlusconi.
Ma adesso è necessario più che mai che l’opposizione rimanga salda. Che si lecchi le ferite ed impari dai propri errori.
Non tutto è perduto. Il perduto, in gran parte era già marcio. Sono stati potati i rametti malati e l’albero può crescere più in alto. Sono rimasti i fedeli, gli incorruttibili. Mentre dall’altra parte c’è un esercito appena numericamente superiore, ma di qualità e fedeltà molto più dubbia. Con le nuove recenti compravendite, la maggioranza si poggia su una banda di mercenari che al minimo ritardo del pagamento, diserteranno il campo.
E’ l’ora di creare un’ampia coalizione di tutte le opposizioni (da Vendola a Fini) in vista delle elezioni, che abbia a capo un tecnico illustre: Draghi o Monti per esempio.
Un Cincinnato- come dice Travaglio – che governi due anni, ripristini una parvenza di legalità ed abbia le capacità di far uscire l’Italia dalla crisi. Poi, come Cincinnato, torni a casa a coltivare il suo campo e la Destra e la Sinistra, serie e svecchiate, si fronteggino in nuove elezioni.
Quest’ampia opposizione non la si chiami – come suggerisce Travaglio – “lista civica nazionale”: suona poco all’elettore. Rispolveriamo un termine antico: Arco costituzionale. E’ sulla Costituzione che si faccia perno. E’ sulla Costituzione che si mettono all’angolo Berlusconi e Bossi. Loro non hanno mai detto di amarla. Ogni poco richiamano un’altra antitetica costituzione, la costituzione materiale. Cosa sia, ancora non si è capito. Per Berlusconi la Costituzione “risente delle implicazioni sovietiche che fanno riferimento alla cultura e alla costituzione sovietica”. Per Bossi, quello che “col tricolore mi pulisco il culo”, figuriamoci.
Alle prossime elezione, l’opposizione deve porre una domanda alla nazione.
Italiani, siete contro o con la Costituzione? Finalmente questo popolo leggero si assumerà la gravità di una scelta pesante.
L’opposizione sconfitta continui a combattere contro il governo vincitore.
Con ignobili vittorie si vinceranno anche le guerre.
Ma con nobili sconfitte si vincono le coscienze.
E le guerre non votano.


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