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Un attore, una storia: Nino Manfredi, la terza parte

Creato il 31 dicembre 2013 da Giuseppe Causarano @Causarano88Ibla

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la terza parte
(3^ parte) Il 1974 di Nino Manfredi è caratterizzato da un film che è tra le maggiori opere della storia del Cinema contemporaneo: “C’eravamo tanto amati”, diretto da Ettore Scola, con un cast che, oltre Manfredi, comprende Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Stefano Satta Flores, Giovanna Ralli, Aldo Fabrizi e numerose altre partecipazioni.
Antonio (Nino Manfredi), Gianni (Vittorio Gassman) e Nicola (Stefano Satta Flores) sono tre amici che hanno fatto insieme la resistenza tra i partigiani e affrontano il dopoguerra pieni di speranza. Antonio è romano e cerca di far carriera nella sanità pubblica, senza mai tralasciare la passione politica di sinistra, Gianni è divenuto avvocato e dal Veneto si trasferisce per lavoro nella Capitale. Antonio si innamora di Luciana (Stefania Sandrelli), una bellissima ragazza friulana in cerca di fortuna come attrice, ma la giovane anzi inizia una relazione con Gianni, provocando le ire del povero Antonio. Ma Gianni abbandonerà molto presto Luciana per entrare a far parte della famiglia, prima come avvocato e poi sposando la figlia Elide (Giovanna Ralli), dell’industriale Romolo Catenacci (Aldo Fabrizi), corrotto, corruttore e di idee fasciste: Gianni per il benessere e la scalata sociale dimenticherà gli ideali ai quali credeva. Intanto a Roma arriva pure Nicola, che fugge da Nocera Inferiore per le difficoltà a sviluppare le sue idee da intellettuale in provincia. Il racconto della storia dei tre amici e di Luciana si protrarrà, con alterne fortune, per 25 anni.
Un attore, una storia: Nino Manfredi, la terza parte

Non solo è difficile spiegare, in breve, il film, ma è necessario ritornare in futuro, gentili lettori, a quest’opera che è un ritratto di storia dell’Italia. Scritto da Ettore Scola e da Age & Scarpelli, con la colonna sonora splendida di Armando Trovajoli, è un film che parla del nostro Paese, del cambiamento che ha compiuto dall’immediato dopoguerra fino agli anni ’70, attraverso la storia di tre amici, divisi da una ragazza e dal tempo che passa. Luciana è una ragazza semplice, piena di sogni, ma troverà solo delusioni per parecchio tempo; Gianni è sicuro di sé e dagli ideali progressisti ma diverrà un uomo cinico e affarista; Nicola spera in un Mondo dal pensiero libero ma si accorgerà presto che, purtroppo, senza venire a compromessi otterrà nulla; e quindi Antonio, il personaggio di Nino Manfredi, è determinato a ottenere un futuro migliore ma l’appartenenza politica dichiarata, un carattere ribelle e parecchia sfortuna riempiranno la sua vita. Partecipano anche, come loro stessi, Vittorio De Sica (alla sua ultima apparizione e a lui il film è dedicato), Federico Fellini, Marcello Mastroianni, Mike Bongiorno.

Nel 1975 Manfredi viene diretto da un grande autore quale Alberto Bevilacqua, in “Attenti al Buffone”. Un film scritto dallo stesso Bevilacqua che collaborò alla sceneggiatura con Nino. Che interpreta Marcello, un musicista sempre in giro per lavoro, che, tornato a casa, si vede portati via la moglie Giulia (Mariangela Melato) e i due figli dal “ras” Cesare (Eli Wallach), ex ufficiale fascista, uomo rozzo e cattivo, senza scrupoli. Con la sua arte e la propria intelligenza, Marcello sfiderà il “ras” fino a casa sua, riuscendo a prendersi gioco di Cesare e rivalutandosi agli occhi di Giulia. Un film molto particolare, accompagnato da brani classici e dalla colonna sonora di Ennio Morricone, dai dialoghi profondi e significativi. Poco conosciuto, opera da ritrovare.

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la terza parte

Nel 1976 Nino è protagonista in “Brutti, sporchi e cattivi” di Ettore Scola, un film ambientato nella periferia di Roma con personaggi “bestiali” disegnati dal regista assieme a Ruggero Maccari e Sergio Citti. Manfredi interpreta al meglio Giacinto, capofamiglia irascibile che tratta tutti come delle bestie, appunto. Ma rappresentato con estrema misura.

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la terza parte

Nello stesso anno, Manfredi prende parte a tre film a episodi: “Signori e Signori, buonanotte”, “Basta che non si sappia in giro” e “Quelle strane occasioni”.

Ma nel 1977 arriva un’altra interpretazione che passerà alla storia del cinema, per il film di Luigi Magni “In nome del Papa Re”.
Monsignor Colombo da Priverno (Manfredi) è un giudice della Sacra Consulta nella Roma papalina del 1867 e vive con il perpetuo Serafino (Carlo Bagno). Ma il Papa e tutto lo Stato della Chiesa sanno che l’arrivo dell’esercito italiano è ormai prossimo: ci vorrebbe un pretesto per ribadire al popolo come il potere temporale sia ancora forte, apparentemente. L’occasione arriva dopo un attentato a una caserma da parte di tre rivoluzionari: ma solo due di loro verranno arrestati, ovvero Monti e Tognetti, perché il terzo, Cesare Costa (Danilo Mattei), verrà salvato dal Monsignore, dopo che la madre del ragazzo, la contessa Flaminia (Carmen Scarpitta), avrà confessato a Colombo che Cesare è anche suo figlio, dopo un breve amore di gioventù tra il Monsignore e la contessa. Ma per Colombo non sarà affatto semplice gestire la situazione.

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la terza parte

Un capolavoro di Luigi Magni, reso unico da Nino Manfredi, con una prova d’attore eccezionale, che raggiunge il suo apice nella scena del giudizio su Monti e Tognetti nella Sacra Consulta, durante la quale Monsignor Colombo, ormai consapevole del ruolo antistorico dello Stato Pontificio, e degli errori commessi, si pronuncia in un lungo monologo contro l’ipocrisia del Tribunale stesso. Anche in questo film è da ricordare la colonna sonora di Armando Trovajoli.

Dopo “La mazzetta”, diretto da Sergio Corbucci (1978), il drammatico “Il Giocattolo” (1979) , diretto da Giuliano Montaldo, col quale Manfredi collabora alla sceneggiatura, e “Café Express”, diretto da Nanni Loy (1980), arriva il terzo lavoro da regista: “Nudo di donna” nel 1981.
Commedia ambientata a Venezia e molto particolare. Sandro (Manfredi) è un romano trasferitosi nel capoluogo veneto sposando una bellissima e più giovane donna, Laura (Eleonora Giorgi), titolare di una libreria antiquaria ereditata dal padre. Ma Sandro e Laura sono molto diversi, tanto che il rapporto va pian piano a indebolirsi, così che Sandro comincia a porsi dubbi sul loro futuro di coppia. Ma in una Venezia malinconica, invernale e prossima al Carnevale, Sandro vede un giorno un ritratto fotografico di donna, nuda e vista di schiena, in una posa tipica proprio di Laura: il sospetto che possa essere lei pervade Sandro, che intanto incontra una prostituta, Rirì, identica a Laura, ragazza dai modi gentili e garbati, ma anche molto estroversa.
Un film enigmatico a tratti. Scritto da Ruggero Maccari, Age & Scarpelli, dallo stesso Manfredi da un soggetto al quale aveva anche lavorato Alberto Lattuada, ha un finale splendido ma anche da interpretare. Il protagonista “affronta” la misteriosa Venezia poco alla volta, trovandosi poi davanti a un “caso” da risolvere. Tra arte, amore, e il Carnevale che si avvicina, visivamente eccezionale quest’opera non molto conosciuta anch’essa.

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la terza parte

Dopo il drammatico “Spaghetti House” del 1982, diretto da Giulio Paradisi e scritto da Age & Scarpelli,  ambientato a Londra e che racconta del sequestro di alcuni camerieri e cuochi italiani da parte di tre rapinatori in un ristorante, negli anni successivi Nino Manfredi prende parti ancora a film a episodi o a piccoli ruoli soprattutto in commedie. Ricordiamo “Testa o Croce” di Nanni Loy (1982), “Questo e Quello” di Sergio Corbucci (1983), ma anche “Il tenente dei carabinieri” di Maurizio Ponzi (1986), “Grandi Magazzini” di Castellano & Pipolo (1986) e “I Picari” di Mario Monicelli (1987).
Ma molto importanti altre due pellicole scritte e dirette da Luigi Magni: la prima è “Secondo Ponzio Pilato” (1987), con Manfredi nel ruolo del Governatore romano alle prese con i rimorsi della coscienza dopo aver decretato la condanna a Gesù Cristo, e quindi – paradossalmente – convintosi dell’innocenza di Gesù, intanto davvero risorto dai morti, vorrà essere condannato dall’Imperatore Tiberio che nel frattempo cerca un miracolo da Cristo per guarire dalla lebbra, forse per mezzo del Santo Sudario.
Il secondo film è “In nome del Popolo sovrano” (1990), ambientato a Roma tra il 1848 e il 1849, durante i moti rivoluzionari attorno ai quali troviamo figure storiche ma anche popolazione comune in cerca della libertà: da Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio (Manfredi) con il figlio, al Marchese Arquati (Alberto Sordi), nobile conservatore ma con il figlio Eufemio (Massimo Wertmuller) che presto si unirà ai ribelli come già la moglie Cristina (Elena Sofia Ricci) e l’amante di lei Giovanni Livraghi (Luca Barbareschi); ma troviamo anche il patriota Ugo Bassi (Jacques Perrin) e tanti altri personaggi per un film che è ritratto di un periodo molto importante nella storia d’Italia.

Un attore, una storia: Nino Manfredi, la terza parte

Con Luigi Magni, Manfredi avrà altre due collaborazioni, per il film “La Carbonara” del 1999 e il film-tv “La Notte di Pasquino” del 2003, tra gli ultimi lavori di Nino. Negli anni ’90 e inizio 2000, infatti, oltre a qualche altro film saranno molte le apparizioni pubbliche televisive e allo stesso tempo Manfredi prenderà parte a diverse fiction. Tra le quali mi pace ricordare “Linda e il Brigadiere” per tre stagioni sulla RAI dal 1997 al 2000, le prime due con Claudia Koll, nel ruolo di Nino Fogliani, un brigadiere in pensione ma con la passione delle indagini tanto che in qualche modo riesce, con successo, a intromettersi in quelle della figlia Linda, abile Commissario di Polizia; quindi “Una storia qualunque” (2000) e  ”Difetto di famiglia” (2001) dirette da Alberto Simone, “Chiaroscuro” (2001) di Tomaso Sherman, per concludere con “Un posto tranquillo” (2003) diretto dal figlio Luca.
Tra gli ultimi lavori per il cinema, ricordiamo “In viaggio con Alberto” (1991) di Arthur Joffé,  “L’olandese volante” di Jos Stelling (1995), “Colpo di luna” di Alberto Simone (1995), “Grazie di tutto”, anche qui con la direzione del figlio Luca Manfredi (1997), “Una milanese a Roma”, di Diego Febbraro (2001), “Apri gli occhi e… sogna” di Rosario Errico (2002) e il particolare “La fine di un mistero” (La luz prodigiosa) di Miguel Hermoso (2003).

Dopo una lunga malattia, Nino Manfredi muore a Roma il 4 Giugno 2004.

Il contributo incredibile che ci ha lasciato è un patrimonio che va continuamente valorizzato e riscoperto. Nino è stato uno degli attori più importanti del nostro Cinema e merita di venir celebrato per la sua semplicità e allo stesso tempo grandezza artistica, e in questo Blog troverete sempre articoli dedicati alle sue opere.

Giuseppe Causarano


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