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Un bel pomeriggio milanese ..in compagnia di Guido Michelone & Co.

Creato il 18 dicembre 2010 da Gianpaolotorres

Un bel pomeriggio milanese ..in compagnia di Guido Michelone & Co.

Il nostro concittadino Guido Michelone con Fichera,Guidetti e Orlando+

+Guido Michelone allo Spazio Scopricoop di Milano

 

Un bel pomeriggio milanese ..in compagnia di Guido Michelone & Co.

reportage di mio cugino Ugo Brambilla+

Milano è una città che rivela sempre curiose sorprese: ad esempio che i libri si possono presentare anche nei supermercati; infatti proprio di fronte allo storico velodromo Vigorelli, situata in via Arena, c’è una grande Coop, al cui interno, al primo piano fa bella mostra di sé una saletta per conferenze – chiamata Spazio Scopricoop – perfettamente insonorizzata e dotata di maxischermo, pianoforte a coda, microfoni, poltrone e luci come in un teatro o in uno studioso televisivo.

Qui mercoledì 15 dicembre alle 18, il Sindacato Nazionale Scrittori presenta, prima delle vacanze natalizie, l’ultimo appuntamento della serie “Il mestiere di scrivere”, ovvero “Incontri con la molteplicità della scrittura: il giornalismo, il saggio specialistico, la traduzione, il lavoro editoriale”; protagonista è Guido Michelone e il suo recente libro “Sincopato tricolore. C’era una volta il jazz italiano 1900-1960” (Effequ Editrice ), introdotto dalla giornalista Marina Fichera e dall’attore Francesco Orlando che legge alcune pagine del libro.

Il successo di pubblico, mercoledì 15 dicembre, è notevole, così come la presenza di alcuni insigni personaggi della storia del jazz milanese. Ecco qui di seguito alcuni momenti del lungo dialogo tra marina Fichera e Guido Michelone a proposito di Sincopato tricolore.

Chiedo innanzitutto a Guido Michelone: com’è nata l’idea di questo libro?

 Sincopato tricolore è il frutto delle ricerche e degli studi che normalmente sto conducendo sul jazz in quanto critico musicale nonché docente proprio di storia del jazz in Università e al Conservatorio. Ma questo libro è anche una scommessa letteraria: raccontare, in tono affabulatorio e in cento paginette quanto è successo nei primi sessant’anni di jazz italiano: un impegno che altri hanno tradotto in volumoni di migliaia di pagine, ovviamente con scopri e inventi che sono diversi dai miei.

C’è qualcosa nel libro di cui va particolarmente orgoglioso?

 Direi il modo con cui l’ho strutturato, con precisi sintetici riferimenti all’inizio e alla fine di ogni capitolo. E poi il fatto di aver messo il jazz italiano in relazione a quello americano e anche in rapporto alla musica sia colta sia popolare del nostro Paese. Penso che la musica non vada conosciuta a compartimenti stagni, anche perché sono spesso gli stessi musicisti a interessarsi a quanto avviene in altri settori, soprattutto in questi ultimi tempi.

Il jazz italiano che lei ha descritto nel libro era differente da quello di oggi?

 Sì, senza dubbio. Per due grosse ragioni: la prima riguarda gli stili e i generi; allora si suonavano via via il dixieland, lo swing, il bebop, il cool che ora in quelle forme non si suonano più; e se questo accade, avviene in una forma revivalista. La seconda ragione è che, salvo qualche rarissima eccezione, soprattutto dagli anni Cinquanta, il jazz italiano (come quasi tutto quello europeo) era ancora di emulazione o di scopiazzatura nei confronti dei modelli afroamericani o statunitensi in genere.

Però, come diceva, non mancavano le eccezioni…

 Certo, già alla fine degli anni Trenta Gorni Kramer tenta di conciliare la nostra tradizione canzonettistica con i ritmi sincopati e ci riesce bene: peccato però che dal dopoguerra abbia preferito fare i soldi con la rivista o la televisione e non insistere sulla ricerca jazzistica. E poi nel 1957 Giorgio Gaslini registra Tempo e relazione che è il tentativo (altrettanto ben riuscito) di coniugare la dodecafonia al nuovo jazz. Ma gli stessi Franco Cerri o Renato Sellani restano jazzmen originali pur partendo da canoni boppistici.

E oggi?

 Oggi l’Italia, come tutta l’Europa, ha fatto passi da gigante nell’evoluzione di una propria scuola jazzistica, che poi sono tante, tante scuole, che non hanno nulla da invidiare, come inventiva e personalità, a quelle a stelle e strisce. Ma questo sarò l’oggetto del seguito, del primissimo volume che continuerà Sincopato tricolore.

Quindi sarà questa la prossima sua novità editoriale?

Non proprio, con Effequ c’è un accordo per un volumetto sulla canzone d’autore italiana: ma al momento è ancora tutto top secret.

E a proposito di editoria, quanto c’è dell’editore in un volume come Sincopato tricolore?

Per fortuna molto, bel senso che sono stato seguito attentamente e Fernando Quartaro, che appunto dirige Effequ, ha scelto e discusso con me il titolo, la copertina, la divisione dei capitoli, suggerendo di completare il testo con tre interviste.

Quella delle interviste infatti è una parte molto bella del libro…

 Merito degli intervistati, che sono tutti e tre assieme una grossissima fetta di storia del jazz che ho raccontato e anche di quella a venire, dato che sono ancora tutti vivi e attivissimi. Cerri, Patruno, Gaslini nei rispettivi campi – il bebop, il dixieland, l’avanguardia – sono da oltre sessant’anni un riferimento assoluto per il jazz italiano.

Infine a chi è diretto questo libro? Chi vorrebbe lo leggesse?

Tutti quelli che ascoltano il jazz e lo amano e che magari non sanno bene che, in Italia, prima di Rava, Fresu, Bollani c’erano molti altri bravi jazzisti…

E lei, come Autore, infine ci faccia il nome di almeno due persone a cui lo regalerebbe a Natale, con dedica…

Così, su due piedi, mi viene in mente Corrado Augias, che nella sua trasmissione in occasione del 150° dell’Unità d’Italia regala agli scrittori ospiti una coccarda appunto tricolore: più tricolore di questo libro!!! E mi piacerebbe –lo scriverei nella dedica – essere intervistato da un giornalista così perbene!!! E poi a Silvio Berlusconi che sappia – questo lo metterei nella dedica – che non esistono solo le canzoni del suo amico Apicella!!!



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