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Un carcere dentro le mura, ma fuori dalla città

Creato il 04 dicembre 2011 da Tuttoapost

Tre settimane fa, avendo letto la denuncia di un detenuto sulle drammatiche condizioni del carcere di Siena, ho attivato tutte le procedure per andare a toccare con mano la situazione. E così, ieri, assieme all’on. Fabio Evangelisti e a Carlo Benucci del nostro ufficio stampa, sono andato a far visita ai detenuti del carcere di Santo Spirito: ho potuto parlare con loro, vedere le loro celle, gli spazi per l’ora d’aria e la cucina.

Avevo già vissuto l’esperienza di entrare in un carcere in occasione della rappresentazione teatrale messa in scena dai detenuti del carcere di Ranza a San Gimignano la scorsa primavera. Fu quella un occasione per condividere assieme a loro i frutti di mesi di prove e di lavoro. Ma finì con un applauso e una stratta di mano.

Questa volta è stato diverso. Tralascio la descrizione delle stanze, i dati sul sovraffollamento, le condizioni igienico sanitarie. Trovate tutto qui grazie al lavoro di Carlo.

Stare reclusi non è bello, non è comodo e non fa bene alla salute. Tre persone in nove metri quadri compreso il bagno diviso da un separé non è un bel vivere. Stare lontani dai propri cari, in carcere a Siena anziché a Ferrara, per cavilli burocratici non aiuta a passare il tempo serenamente. Avere tanto tempo a disposizione e non sapere come impiegarlo è una condanna superiore a quella inflitta dal tribunale. Ho visto un campetto da calcetto (ma non saprei dirvelo con certezza se di tale si trattasse, tanto era ridotto male) con la pavimentazione completamente dissestata; un cortile per l’ora d’aria con poca aria; una stanza “per i corsi di formazione” di dieci metri quadri a star larghi e ho sentito tanto puzzo di fumo di sigarette, come non mi capitava ormai da anni. E le due cose, se ci pensate, sono strettamente correlate: se non ho di meglio da fare, molto probabilmente mi metto a fumare. Un po’ per dimenticare, un po’ per ammazzare la noia. E se non ti chiami Marco e sai dipingere, o Antonio e sai cucinare, a Santo Spirito non resta molto da fare.

Va detto che, parlando con quelli che hanno provato le asprezze di altre prigioni molto più grandi e affollate, ho avuto la conferma che a Santo Spirito si sta bene. I rapporti umani con gli altri detenuti sono buoni e così anche con le guardie carcerarie. E se la loro bocca poteva essere condizionata dalle orecchie del Direttore e del Comandante delle guardie Carcerarie lì presenti, da quello che sono riuscito a percepire dai loro occhi, a volte timorosi a volte curiosi e a volte rabbiosi, devo riconoscere che mi sono parsi sinceri. La dimensione della casa circondariale di Siena rispetto ad altre carceri è ridotta: ottanta persone finiscono per conoscersi tutte e le relazioni che si stringono sono più forti.

Ad ogni modo ciò che più è saltato agli occhi è il totale isolamento del carcere rispetto alla vita della città. Ho avuto la sensazione che i senesi si siano dimenticati dei loro detenuti. I luoghi di ricreazione, come dicevo, mi hanno colpito per il loro squallore. Sarebbe sufficiente un maggiore coinvolgimento degli Enti Locali, a partire dal Comune che ha la responsabilità della gestione del territorio, i quali si dovrebbero fare promotori di un progetto per trasformare la Casa Circondariale in un vero e proprio Quartiere della città, valorizzandone, con il sostegno del volontariato, le vocazioni culturali, ludiche e ricreative, tornando a far vivere quei luoghi di integrazione e pregio che anche il Santo Spirito possiede, come il chiostro e soprattutto il vecchio teatro, che oggi versa invece in uno stato di impietoso abbandono.



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