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Un corpo

Da Occhidadonna

Oggi le parole non mi sanno contenere.
Eppure ci provo lo stesso: le allargo, le stendo tutte sul foglio, le sforzo, le arrotolo, le estraggo con la convinzione che a un certo punto, provandole e riprovandole, sapranno fissare in una sola frase il mondo di quest’istante, tutta la sua geografia, i confini, gli spazi; potranno dare corpo celeste alle trasparenze tipiche dell’impeto, concedere peso specifico a tutti i sensi quando coesistono, invisibili ma che vibrano, suonano dall’interno e vogliono testimoniarsi, farsi guardare, rivelare.
Come se avessi il desiderio primario di toccare tutta la vita, collaudarla. O di impugnarla, tenerla in una mano come un ciottolo di mare. E magari custodirla o regalarla; a quel punto poterla offrire come materia prima. Oppure lasciarla andare, con la pace che mi darebbe la certezza di aver descritto, dato prova di un mondo.


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