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un Duca davvero gigantesco!

Creato il 06 marzo 2011 da Omar
un Duca davvero gigantesco!Per via del recente remake negli ultimi tempi si è assai discettato a proposito de Il Grinta e la versione dei Coen ha richiamato inesorabilmente l'interpretazione del mitico John Wayne col relativo Oscar che il ruolo di Rooster Cogburn gli fece meritare. Comunque la si pensi sul Duca - sono infatti risapute le simpatie fasciste dell'attore, che nella vita reale pare non fosse propriamente così «eroico» come nei film - non si può però non ricordare che la sua interpretazione più grande, quella che più di ogni altra andava premiata con l'agognata statuetta d'oro, è fuor di dubbio quella che il regista Don Siegel gli offrì nel 1976, quando ormai stanco e malato l'attore impersonò il ruolo di Bernard Brooks in The Shootist, pellicola tratta da un'altro romanzo western di grande successo al pari de Il Grinta. Qui The Duke è un ammazzasette di larga fama cui un male incurabile sta per sottrarre gli ultimi giorni di gloria. Sarebbe opportuno ritirarsi e godersi ciò che resta della vecchiaia, ma l'anziano pistolero ha ancora da vendicare l'assassinio del fratello per cui, nonostante una vedova, suo figlio e un vecchio medico cerchino di dissuaderlo, torna in città per regolare i conti con tre figuri: perché una leggenda è una leggenda!Arrivato da noi col titolo Il pistolero, il film è un sublime, inarrivabile western autunnale o, se vogliamo, una partitura funeraria con sella e speroni: un'opera perfettamente in grado di rappresentare il tramonto di un eroe (oltre che di un genere). Ambientato a Carson City nel 1901 in mezzo alle prime automobili, la vicenda colpisce lo spettatore anzitutto per la straordinaria coincidenza tra la realtà biografica dell'interprete e la finzione scenica di cui egli è protagonista. Wayne, nei panni d'un Frontier-man che ormai ha fatto il suo tempo, viene infatti informato da un dottore - interpretato da un altro mito dei bei tempi che furono: James Stewart - di essere affetto da un cancro in fase avanzata. L'attore è anche nella realtà stremato da quel male e morirà tre anni dopo la lavorazione. La storia s'avvia con una sequela di frame relativi alla giovinezza dello shootist che sono in verità scene di vecchi successi di Wayne dove l’attore appare in tutto il suo virgulto splendore, e che diventano quindi il contraltare più efficace al naturalismo espressivo della sua recitazione, talmente vera e sentita da suscitare a tratti sincera commozione. L'intero racconto è costruito con meticolosità su un impianto classico e architetta in un crescendo calibratissimo l'atteso duello finale. Al contrario di mille film gemelli qui lo scontro ha però il sapore della cesura definitiva, perché oltre alla morte del protagonista aleggia sulla vicenda la fine di tutto un mondo: la modernità infatti sembra ripudiare primitive di giustizia individuale ed è tempo ormai, per il Paese, di lasciarsi alle spalle la violenza (ovviamente, una pia illusione!). Intanto, quasi a ufficializzarne la connotazione di rito definitivo, il circo mediatico dell'epoca - i giornali e il passaparola frenetico - fungono daun Duca davvero gigantesco! cassa di risonanza dell'evento. La piccola città viene pertanto percorsa da un frisson che mescola paura, fascino e riprovazione ma sulle quali troneggia in soldoni l'invincibile forza del mito Brooks, un uomo d'armi che ha ucciso 30 uomini in duelli leali e che ora sfida tre ceffi che gli hanno azzoppato la famiglia. Quanto basta perché, secondo il canone del vecchio West, egli venga in fondo considerato nel giusto. Il sempre ammirabile Don Siegel (inutile ricordare che è il padre dei polizieschi di Callaghan/Eastwood) mette con maestria in risalto le paure che animano il tramonto del pistolero, ma anche la sua coerenza etica (declinerà l'invito di una sua avida ex-amante a sfruttare editorialmente le sue memorie). La perversa dicotomia vita-morte scuote e acuisce gli umori della città, ma per la famiglia che ospita il pistolero (la vedova Lauren Bacall col figlio Ron Howard) tutto appare velato da una patina di poesia elegiaca: combattuti tra ammirazione e ribrezzo per ciò che l'uomo rappresenta, i due avvolgono Brooks con la loro sopita solidarietà - quasi avvertendo l’importanza dell’identificazione in gioco con l’eroe prossimo alla scomparsa. Un’importanza che riguarda l’imminente cambiamento nelle abitudini della loro vita e della comunità cui appartengono. E noi ci commuoviamo come vecchie zitelle davanti alla sparatoria finale da vedere rigorosamente in piedi, sull'attenti. Capolavoro.«...Voglio che nessuno si occupi della mia morte; neanche chi volesse salvarmi l’anima. La morte di un uomo è la cosa più privata della sua intera vita…»John Bernard Brooks (John Wayne ne Il pistolero)

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