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Un e-book non è un libro (in Europa)

Creato il 04 novembre 2014 da Db @dariobonacina

ebookBook[1]

Nei giorni scorsi ha preso il via sul web la campagna Un libro è un libro dell’AIE (Associazione Italiana Editori) con l’obiettivo di chiedere l’equiparazione dell’IVA sugli e-book che oggi è al 22%, mentre sui libri cartacei si applica l’aliquota del 4%.

La discriminazione dei libri digitali si riflette sullo sviluppo culturale del nostro Paese:
l’IVA di un libro di carta è il 4%, quella di un ebook è il 22%. Secondo i protagonisti della nostra Gallery l’ebook è un libro e merita lo stesso trattamento. Se anche tu la pensi così, unisciti a noi.

Al netto della preferenza che ognuno di noi può esprimere verso il fascino del libro da sfogliare con l’indice o verso l’e-book nella sua innovatività, nella percezione dell’utente l’unica differenza editoriale tra libro tradizionale ed e-book è il supporto, cartaceo (materiale) o elettronico (immateriale). Quindi, in base a questo presupposto, il principio di eliminare la discriminazione fiscale tra supporti – dal momento che la sostanza è la medesima – è legittimo che sia ampiamente condiviso, perché non avrebbe proprio senso di esistere. Esiste però un problema, per così dire, di forma: a livello formale l’e-book non è un articolo che si acquista.

Dicendo a livello formale parlo di un aspetto oggettivo e non di un concetto interpretabile. “Acquistare un e-book” significa in realtà ottenere una licenza per leggerlo. Non si acquista un libro, ma un diritto, tra l’altro anche piuttosto limitato: l’utente non ha infatti alcun diritto di proprietà sull’e-book, bensì il diritto ad utilizzarlo a vita, senza però poterlo cedere o prestare. E, a dire il vero, anche quel “a vita” è improprio, perché non corrisponde alla vita dell’utente, ma alla vita dell’account.

Un esempio molto chiaro è reperibile su Amazon, nelle Condizioni d’uso Amazon Kindle Store:

Con il download del Contenuto Kindle e con il pagamento dei relativi corrispettivi (comprese le tasse applicabili), il Fornitore di Contenuti ti concede il diritto non esclusivo di vedere, usare e visualizzare tale Contenuto Kindle per un illimitato numero di volte, esclusivamente sul dispositivo Kindle o sull’Applicazione di Lettura, oppure con le diverse modalità previste per il tipo di Servizio, unicamente sul numero di dispositivi Kindle o di Dispositivi Supportati specificati nel Kindle Store ed esclusivamente per tuo uso personale e non commerciale. Il Contenuto Kindle ti viene concesso in licenza d’uso e non è venduto dal Fornitore di Contenuti.

Le condizioni definite da altri rivenditori non sono diverse. I concetti chiave sono in questi termini: servizio e licenza d’uso. Quindi l’applicazione di un’aliquota IVA più alta per gli e-book è indubbiamente un elemento eclatante di differenza dai libri cartacei, ma è solo la punta dell’iceberg, poiché si tratta di una delle conseguenze di una discriminazione definita a livello formale che per l’utente comporta, oltre ad un esborso superiore, anche l’impossibilità di esercitare quei diritti che derivano dal possesso di un libro cartaceo (proprietà, possibilità di cessione, prestito, successione…).

Il sito web che promuove la campagna in realtà si focalizza solo sull’aspetto fiscale, ma la ratio dell’iniziativa si fonda sul presupposto che l’e-book viene considerato come un servizio digitale. Un altro aspetto, inoltre, merita una precisazione: la frase “La discriminazione dei libri digitali si riflette sullo sviluppo culturale del nostro Paese” potrebbe indurre a credere che la discriminazione (non solo) fiscale sugli e-book sia un’anomalia italiana, ma in realtà il problema si pone nei confronti dell’Unione Europea.

Perciò non è pensabile un intervento solamente fiscale e solamente italiano, ma sarebbe auspicabile una ridefinizione complessiva dell’e-book a livello europeo, con il passaggio di stato da servizio a bene e tutte le conseguenze che potrebbero derivarne. La più diretta: un’imposizione ridotta porterebbe ad un prezzo finale inferiore, che gli editori potrebbero (anzi dovrebbero, condividendo quanto ha osservato in proposito Luca Rota) rendere ancor più attraente per il pubblico, contribuendo a fare da volano per volumi di vendita superiori e alla crescita del mercato.

Molti più e-book venduti naturalmente potrebbero anche significare maggiori entrate per lo Stato a livello di IVA: meglio vendere moltissimi e-book con IVA al 4% o pochissimi con IVA al 22%? ;-)

 



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