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“Un giorno, senza un perchè” di Davide Calì e Monica Barengo, Kite

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

ungiornoLa coppia autoriale Calì-Barengo si era già, da non molto tempo, cimentata con il tema amoroso.
Di “Polline” ho parlato a suo tempo, su queste pagine: un albo incantevole, senza età di destinazione, lieve e intenso allo stesso tempo, che con la forma della parabola propone un riflessione profonda, esistenziale, sul sentimento d’amore, sulla sua natura e il suo senso.

Su altri toni, sempre poetici ma non dolenti, gai e luminosi, forieri di speranza e capaci di aprire il cuore, si tiene “Un giorno, senza un perché”, sempre edito da Kite.

Un racconto ancora metaforico ma che, pagina dopo pagina, accende la curiosità per chetarla, poi, soddisfacendola, con un finale caldo e folgorante che non può far altro che illuminare viso, occhi e sorriso di chi legge.

Le tinte che dominano le pagine sono simili a quelle che ricorrono in “Polline e rendono l’albo dolce e un poco melanconico. Toni caldi, tenui, confortevoli, viranti al sabbia, all’ocra, al beige, contrastati appena da marroni più scuri e rossi mattone.
I colori, l’abbigliamento dei personaggi, i dettagli degli arredi, gli oggetti mostrati contribuiscono a caratterizzare la storia temporalmente, inquadrandola in un’epoca appena passata. Le scene presentano un gusto retrò e quest’atmosfera influisce sullo stato d’animo e la predisposizione del lettore.
Ci si dispone, infatti, ad immergersi in un tempo più pacato rispetto al contemporaneo, meno caotico. Vecchi telefoni con filo e cornetta, macchine da scrivere, carte da parati fiorate hanno un effetto quasi distensivo, volgono lo spirito verso una dimensione più romantica e accogliente.

Anche il protagonista, il signor I., ispira da subito tranquillità ed equilibrio. Appare sorridente fin dalla copertina, dove è raffigurato insieme al suo cane, un simpatico bassotto che l’uomo avvolge sia con le braccia che con uno sguardo amorevole.

Si entra quindi nel libro sereni, fiduciosi, pur se il titolo è piuttosto esplicito: accadrà un evento, e probabilmente sarà misterioso.

L’elemento di rottura si manifesta immediatamente, alla prima doppia pagina, ed è spiazzante perché introduce un particolare tipico dei mondi fantastici e quindi avulso al contesto:
“Un mattino, di punto in bianco, senza un perché, al signor I. spuntarono le ali”

Il tono del narratore è fermo, le parole essenziali. Non traspare meraviglia, né eccitazione, tantomeno sgomento. Pare una cronaca che si limita a registrare un evento.
Allo stesso modo le illustrazioni mostrano un protagonista serenamente seduto al tavolo della colazione, sorseggiando il suo caffè. Uno scenario normale e quotidiano, se non fosse per le piccole ali trasparenti ben evidenti e svolazzanti piantate sulla schiena.

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Questo contrasto induce interrogativi nel lettore, il quale si rende conto che nel racconto è stato introdotto il piano del fantastico ma allo stesso tempo percepisce ancora come molto presente il livello di realtà.

Interpreto questa duplicità di piani, entrambi tenuti in piedi dagli autori sia con le parole che con le immagini, come un suggerimento al lettore sulla modalità di intendere quelle ali spuntate all’improvviso, le quali sono di fatto l’unico elemento estraneo in scenari altresì realistici e quotidiani.
E’ molto probabile che ci troviamo di fronte ad un simbolo e che quindi ci accingiamo alla lettura di un racconto metaforico, intenzionato a muovere suggestioni, e quindi a dialogare con la nostra parte emotiva.

E così è. Andando avanti con le pagine, oltre alla curiosità di risolvere un mistero, il lettore parteciperà emotivamente e psicologicamente alla narrazione, la quale – è probabile – agirà su corde interiori, chiamando interpretazioni che varieranno da persona a persona.

Ma torniamo al nostro protagonista. Il signor I., sempre sorridente e non parendo troppo allarmato, consulta parenti, amici e specialisti per trovare la motivazione della singolare apparizione.
A volte sono gli stessi personaggi che incontra a voler dire la propria sull’anomalia o a dare suggerimenti sul da farsi.

In ciascuna doppia facciata viene così raccontata la reazione delle varie persone. Il medico, ad esempio, dopo visita accurata non offre alcuna cura per un fenomeno di cui non ha avuto precedente esperienza. La mamma, consultata per telefono, cerca nei ricordi familiari un caso simile. La vicina asserisce con certezza che la colpa sia dell’inquinamento. E così via.

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Tante opinioni, più o meno sicure, qualche rimprovero, consiglio, apprezzamento, qualcuno che parla per interesse, qualcun altro per curiosità…Ciascuno si esprime secondo la lente della propria natura, competenza, esperienza.
Perfino l’uomo saggio, da saggio qual è, asserisce che tutte le cose hanno un perché, quindi lo avranno anche le ali.

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Mentre cresce nel lettore l’ansia di voltare le pagine per scoprire, pare quasi avvenire il processo opposto per il signor I. Questi si abitua alle sue ali, le trova belle. Il suo volto appare felice, rilassato sereno.
Fin quando le ultime due facciate non svelano a protagonista e lettore il misterioso perché e all’improvviso tutto acquista un senso compiuto.

Non lo paleserò, perché la dolcezza e la struggente poesia della tavola finale possano essere godute appieno nella sorpresa.
Ha a che fare – e questo lo avevo già anticipato in apertura – con l’amore. Anzi, con l’incontro d’amore.

D’altra parte che l’innamoramento si associ al volo, al frullio d’ali, alla testa che vaga fra le nuvole, è noto.

Ma qui credo l’intento sia di una rappresentazione più profonda, che raffiguri la corrispondenza d’amorosi sensi, il riconoscimento di similitudini di spirito. La fortuna di trovare un altro che faccia da specchio alla parte di noi più difficile da inquadrare nell’ordinario, nel comune. Quel lato magico ma ribelle, incompreso ai più, capace di portare al decollo se condiviso.
Una visione indubbiamente romantica ma anche esistenziale. D’altra parte il percorso del signor I. è un viaggio di vita. Le ali sono il simbolo di una specialità che non trova comprensione e accoglienza completa nei tanti personaggi via via incontrati.

Un albo in apparenza lieve e delicato ma in realtà potente ed evocativo. La genialità e la forza della trama –spiazzante e allo stesso tempo piena di luce – è perfettamente addolcita e resa lirica dalle incantevoli illustrazioni, così armoniose ed aggraziate eppure intense.

Un libro, anch’esso come “Polline”, che sfugge alla definizione di opera per l’infanzia, che è penalizzato se costretto in limitazioni d’età di destinazione.
Può essere apprezzato sicuramente da un pubblico adulto, può fungere da un dono, da dichiarazione d’amore, da suggello d’unione.

Già che siamo in prossimità di San Valentino potrei senz’altro consigliarlo come regalo per la ricorrenza. Ma visto che non amo assegnare una data preferenziale all’espressione dei sentimenti – che preferisco libera ed istintiva – lo suggerisco per tutti i giorni dell’anno. Da donare a chi si ama o si vorrebbe amare.

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