Magazine Diario personale

Un problema alla volta

Da Giulia Calli @30anni_Giulia

Joder! – ce l’avevo in pancia, quest’esclamazione poco fine, che viene fuori alla fine di una riunione e in mezzo a un bicchier d’acqua sorseggiato di fretta. Viene fuori con un sospiro, d’altronde la pronuncia si presta, quella J iniziale è quasi gutturale e ultimamente ho bisogno di buttare fuori questi nodi che si fermano nella gola. Sputarli uno per uno, affrontare un problema alla volta

È un joder che contiene insulti masticati, problemi mascherati da indifferenza, da andiamo avanti e pensiamo positivo. Non si può vivere costantemente con la preoccupazione di quello che verrà, ma ci sono dei giorni in cui l’unica risposta che mi viene in mente è un punto di domanda così grande che mi viene solo da esclamare, di nuovo, joder

Se c’è una cosa che questo 2015 mi ha insegnato è che i problemi si risolvono uno alla volta. Un sospetto mi era venuto già da qualche annetto, vedendo che le mie sedute di pensiero massivo a tu per tu con la mia peggior nemica non sono mai state per niente risolutive, al contrario: normalmente ingrandiscono i problemi e si trasformano in soffioni che esplodono a metà trachea – ansia, la chiamano.

un problema alla volta

I problemi si risolvono uno alla volta, me lo sono ripetuto come un mantra in questi 12 mesi, alla fine ha funzionato. Non nel senso che i problemi sono improvvisamente spariti, ma semplicemente sono diventati più gestibili, se presi con lentezza e pazienza. Un lavoraccio, per me che tendo a camminare sempre a velocità sostenuta anche quando vado a passeggio, sempre protesa verso una meta, a volte reale, a volte immaginaria.

Però non mi è rimasto altro da fare se non questo approccio cauto. Quando il futuro sembra molto incerto e la mia capacità di azione è ridotta al minimo, non c’è molto che possa fare se non attendere, che il tempo si è dimostrato essere uno che ne sa, in materia. Sembra di no, ma alla fine scorre e risolve, dal silenzio passa alle risposte, se hai voglia di ascoltarle. Io ne ho una voglia immensa, di queste risposte. 

In questi (quasi) 12 mesi c’è stato un susseguirsi di problemi e soluzioni, andate e ritorni, fiducia e incoraggiamenti, abbandoni e nuovi inizi, che un sacco di volte mi sono chiesta se non sia magari questo il senso della vita – farsi molte domande e cercare le risposte, oppure attendere che si presentino, quando possono provenire solo da qualcun altro. A cosa servano poi tutte queste risposte sparse per il macrocosmo non lo so, sono ancora nella fase del un problema alla volta

Da poco ho visto The Martian, il nuovo film di Ridley Scott. Tralascio il giudizio sul film, che a me è piaciuto, ma è stata la frase finale che ha sbattuto fra i miei neuroni sciogliendo il soffione d’ansia – e ricordandomi quante volte il Guerriero mi ha detto qualcosa di molto simile:

At some point, everything’s gonna go south on you and you’re going to say, this is it. This is how I end. Now you can either accept that, or you can get to work. That’s all it is. You just begin. You do the math. You solve one problem and you solve the next one, and then the next. And If you solve enough problems, you get to come home.

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