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Un racconto

Da Rickyiotti

English: Skyline of Reggio Emilia, Italy

La prima volta che ho prestato attenzione alla città era d’estate, attorno alla metà di agosto e com’è ovvio in pianura padana era una giornata calda e afosa.La città aveva acquistato un altro quattordicenne da un paio di settimane, trascorse tra la necessità di risistemare qualunque cosa un trasloco lasci fuori posto e lo scansare l’eccessiva attenzione di genitori che sanno di avere un adolescente per casa catapultato da un giorno all’altro sull’altra faccia della luna.La cosa buffa è che, fino a quel giorno, ero convinto che il maggior cambiamento l’avesse subito la Lilly. Il suo posto preferito in terrazzo non c’era più, ora aveva un giardino dove cercarsi nuovi spazi, speravo capisse in fretta che le persone che passeggiavano davanti al cancello non erano ladri e mi auguravo non sentisse troppo la mancanza di Pat.Non ricordo che giorno fosse della settimana ma ricordo che fu di pomeriggio che mi venne l’idea di prendere la mia bici e varcare il cancello al solo scopo di vedere la città. Prima di allora non ero mai andato in giro solo per guardare dove vivevo. C’era sempre stata una meta, uno scopo: la scuola, la casa di un amico, l’allenamento dello sport del momento o semplicemente il ritrovarsi con gli amici del quartiere.Ero rimasto alla bici, già la bici, un’Atala da uomo color rosso fiammante e un po’ più alta del necessario. La prendo dal garage, avverto mamma e papà che vado a fare un giro, ascolto le raccomandazioni di rito, sto attento che la Lilly non esca dal cancello e poi sono in strada. Il viale è alberato e ne approfitto, arrivo al semaforo e vedo l’inizio del centro storico. Realizzo subito che è davvero vicino e non sono più soggetto alla tirannia dell’orario del 12 o del 12 barrato. Aspetto il verde attraverso il vialone e arrivo a una piazzetta che sarebbe meglio chiamare parcheggio, poiimbocco una stradina stretta e sono dentro al centro storico vero e proprio. Come, già qui? Ma allora sono vicinissimo alla città. Andiamo a vedere com’è la piazza principale o com’è il duomo.Pedalo lentamente, guardando i palazzi che sagomano le vie cittadine fino a che non arrivo a una via più larga, con i sampietrini: la via Emilia! Quando nasci e cresci in queste zone la via Emilia la riconosci al volo e sai anche un’altra cosa. E’ la via che divide a metà le città.Non può essere, sono partito da dieci minuti e ho attraversato metà del centro storico? Impossibile!Forse qui il centro è più lungo che largo. Già dev’essere così. Allora riprendo a pedalare questa volta un po’ più veloce. Scelgo di andare a destra e seguire la via Emilia. Fa caldo, per strada non c’è quasi nessuno e io voglio vedere il limite, le mura della città. E quel limite arriva troppo presto.Retro marche! Adesso Ricky ti fai tutta la via da est a ovest. Pedalo insieme alla sensazione che qualcuno mi nasconda qualcosa, come se le vie e le case si disponessero in modo da farmi girare in tondo.Tutte le illusioni svaniscono quando arrivo all’incrocio con i viali dall’altra parte del centro. Mi volto indietro, guardo la strada e c’è solo una parola nella mia testa: PICCOLA!Gironzolo ancora un po’ alla ricerca di … non so nemmeno io cosa, qualcosa da ricordare, qualcosa di particolare, il duomo, un simbolo della città, ma niente.Pensavo di essere arrivato in una nuova città e scopro che è poco più di un paese. Ora i pedali si muovono lentamente verso la nuova casa. Non ho idea delle strade che sto percorrendo ma non ho nemmeno per un istante il pensiero di perdermi. D’altronde come fai a perderti quando in mezz’ora hai fatto il gioco dei quattro cantoni con la città?Il ragazzino rientra dal cancello e promette alla Lilly che la prossima volta la porta con se, che tanto a girare il centro non si fa fatica nemmeno con un pastore tedesco al guinzaglio.Sono passati tanti anni da quel pomeriggio e alla fine mi ci sono affezionato a questa città, anche se ancora oggi non riesco a imparare i nomi delle sue vie. 44.698559 10.630690

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