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Un romanzo postumo: "La visitatrice" di Maeve Brennan

Creato il 09 marzo 2014 da Patriziacaffiero

La visitatrice, romanzo breve di Maeve Brennan, è stato trovato nelle sue carte quattro anni dopo la sua morte.
La scrittrice era nata nel 1917 e si era spenta nel 1993. Il libro è stato pubblicato nel 2000.
Quest'opera, sappiamo con certezza, era stata accantonata dalla sua autrice intorno al 1940.

Qualsiasi lettore che venga a sapere di un ritrovamento di un dattiloscritto postumo non può evitare di provare un brivido lungo la schiena, consapevole del fatto che l'opera ha corso il rischio di venire cestinata o seppellita in un archivio senza venire mai alla luce.

Maeve Brennan era una bellissima donna molto elegante, irlandese di nascita e newyorchese d'adozione. Figlia di un ribelle, un militante irlandese che era in prigione quando lei era nata, Maeve è una giornalista affermata.

Scrive per Harper's Bazar prima; e dal 1949 per il New Yorker.
Si interessa di moda e di libri e racconta New York nella rubrica The talk of the town; intanto nutre l'aspirazione a compiere il salto di qualità - vuole diventare una scrittrice.

Maeve è una di quelle donne che stringono al petto più volte al giorno la borsa di cuoio gravida di un dattiloscritto per non perderlo di vista, sapendo che riuscirà a correggerlo soltanto nella notte, dopo avere finito le commissioni, i pezzi che le permettono di battere cassa dal datore di lavoro.

E' una di quelle donne, inoltre, consacrata alle short stories e ai romanzi brevi.

Sa che, nei brevi margini di giornate non dedicate alla scrittura di un certo tipo (e quindi, sprecate, in un certo senso) e nel lasso breve di un fine settimana che trascorre sempre troppo rapidamente può cesellare perfettamente la materia grezza della scrittura letteraria soltanto se contenuta in un numero limitato di pagine.

Si dice che Maeve Brennan abbia ispirato Capote per la costruzione del personaggio di Holly Golightly in Colazione da Tiffany.
Anche Maeve, come Holly, rifugge totalmente da schemi e cliché sociali convenzionali.

Nell'età della maturità cominciò ad avere problemi psichici, diventò intrattabile, viveva come una clochard; morì in una totale solitudine.

Da questi pochi dati biografici che denotano una vita vissuta in modo straordinario, negli alti e bassi di volta in volta goduti e sofferti, prezioso si leva il sipario che ha portato fino a noi, fisicamente - nelle nostre mani - La visitatrice.
Un libro di dimensioni narrative equilibrate, portato avanti con uno stile di una leggerezza incantevole.

Come accade al personaggio della moglie di un superbo racconto gotico di Edith Wharton , Dopo, il lettore de La visitatrice si accorge in gran parte tardi, e cioè ‘dopo’ la chiusa della storia, del pullulare di sentimenti, dettagli, della corposità dei contenuti che la narratrice trascina e gli rovescia nel tascapane perché possa portarlo con sé.

Come accade con tutti i racconti 'perfetti' la storia continua ad agire dentro il lettore portando le sue ragioni, sottoponendo alla sua attenzione dettagli narrativi che aveva trascurato, inducendolo a legare nastri e nastrini fra i diversi livelli dei fatti raccontati.

La negazione di una cortesia, la promessa mancata della giovane protagonista, Anastasia, nei confronti di una donna agonizzante si rivela una traccia che condurrà a constatare la sua radicata attitudine a non (saper) portare a termine concretamente quasi nulla, qualunque atto pragmatico che le serva per definire una strada sua propria, la costruzione di un progetto lavorativo o familiare.

Qualsiasi via d'uscita al di fuori della sua interiorità è ostruita, amputata dalla straripante avidità di appartenere alla famiglia di origine; da un continuo, ossessivo bisogno di essere amata, o almeno 'accettata' da sua nonna.

Senza mani e senza piedi, questa ragazza attraversa le stanze della grande casa di famiglia e strade di Dublino chiusa in perimetri mai troppo ampi.
Nelle pagine si gioca una lotta infernale, un conflitto parentale; esiste un agone primitivo di sofferenze represse e pochissimo comunicate. Molta importanza rivestono i luoghi descritti, e soprattutto gli oggetti presenti sulla scena:

Restarono sedute là con il loro tè.
La signorina Kilbride se ne stava in poltrona, ma non era rilassata. Osservava tutto con attenzione: a un tratto uno scoppiettio del fuoco le strappò un sorrisino.
I suoi occhi tornavano sempre al viso di Anastasia. Anastasia era consapevole di quello sguardo indagatore, e anche la nonna, che a un certo punto non lo trovò più divertente, e ne fu imbarazzata e irritata. Si capiva dal modo brusco con cui maneggiava le tazze.
La innervosiva l'improvvisa vita che si animava nella stanza e vedeva curiosità e supposizioni dove per tanto tempo c'erano stati solo un'immutabile malinconia e prolungati ricordi. Eppure si compiaceva di essere esclusa dai timidi tentativi di conversazione tra Anastasia e la signorina Kilbride.
Loro si sentivano sole e insoddisfatte, lei era sola e soddisfatta e chiusa.

La nonna di Anastasia è rimasta bloccata nel limbo di un sentimento d'amore esclusivo ed ossessivo per il figlio scomparso.

Nessuno degli attori della storia vive nel presente davvero; solo in apparenza si abitano case e stanze ordinate da una routine impeccabile, nella realtà i personaggi sono tutti altrove.

Smettono di prosperare, sovrastati da ombre nere di pulsioni, di leve che vengono dal passato, che frustano ogni possibile joie de vivre.

La visitatrice non passerà di moda, così si compone la scrittura quando è campione, quando è fortunata, quando modifica l'esistente e qualsiasi materia su cui impatta; per prima cosa la cera friabile dell'anima del lettore che alla storia raccontata si affida senza difese e riserve.

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