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«Un tizio di cui nulla so e di cui nulla voglio sapere»

Creato il 25 luglio 2012 da Malvino
«Un tizio di cui nulla so e di cui nulla voglio sapere decide di entrare a casa mia senza bussare e senza presentarsi, senza chiedere permesso e senza dichiarare le proprie intenzioni, al solo fine di insolentirmi». Raccontata in questo modo, la disavventura capitata a Luigi Manconi ci muove alla solidarietà. In realtà, è accaduto che un tale lo ha contattato via Facebook per muovere obiezioni a quanto egli aveva sostenuto in un articolo.Non sappiamo quanto le obiezioni fossero argomentate, perché Manconi non riproduce integralmente il testo, limitandosi a citare i passi che lo hanno infastidito. Non li riporterò in questa sede, ma direi che non mi paiono contenere elementi penalmente rilevabili, d’altronde «il signore in questione» non si è celato nell’anonimato, dando modo a Manconi di potergli chiedere di risponderne nelle sedi deputate. Ma pare che Manconi non ne abbia intenzione, gli basta trarne spunto per l’esercizio che ultimamente sembra più in voga tra quanti vivono del rendere pubbliche le loro opinioni: lamentarsi del fatto che qualcuno non le condivida, e le contesti, semmai eccedendo nei toni.È la geremiade di chi fino a ieri non aveva alcun feed back dai propri lettori e a cui oggi, via internet, arrivano anche commenti da «bancone di bar», per usare la formula che in analoga occasione è stata scelta da Michele Serra e che Manconi qui ripropone. Non che i bar siano nati con internet. Rammento – ero un bimbetto di dieci o undici anni – i feroci commenti che mio padre e i suoi amici, comunisti anzichenò, dedicavano agli articoli di Indro Montanelli, seduti ai tavolini del Bar Internazionale, a Forio d’Ischia, a cavallo tra i Sessanta e i Settanta. Non arrivavano a Montanelli, né a Montanelli passava per la testa di farsi un giro in mezzo a quei tavolini.Condizione perfetta, direi. La consiglierei a Manconi e a quanti, come lui, vogliano evitare di esporsi alle insolenze. Il firewall ottimale è la discrezione. Perché avere una pagina su Facebook? Perché rendere pubblico il proprio indirizzo di posta elettronica? Per ricevere solo complimenti e attestati di simpatia? Via, non si può pretendere.O meglio: ci si sente offesi? Se ne chieda ragione a un giudice, invece di piagnucolare o di offrire il tre quarti sdegnato e altero.Oppure: si intuisce che, seppur molto colorita, l’obiezione a ciò che si è scritto non possa trovare un giudice che la stigmatizzi come offesa, calunnia, molestia? Ci si tappi le orecchie. Si rimanga sprangati nella turris eburnea. Quanto meno, si giri alla larga dai bar. Sennò, di fatto, «un tizio di cui nulla so e di cui nulla voglio sapere» riesce a distrarti dai tuoi massimi sistemi per più di quattromila battute. Chissà, infatti, che splendido articolo avrebbe potuto offrirci, Manconi, se avesse rinunciato a queste sue futili menate.

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