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Un uomo che cammina

Creato il 12 settembre 2013 da Sallyseton @martatraverso
Un uomo che cammina
Mi è venuta l'idea per un racconto, ma il sonno comincia ad avvicinarsi lentamente. Sono in treno, mentre scrivo. O meglio c'ero. Ora non ci sono più, sul treno. Ora sono seduta alla scrivania, davanti al computer, pazientemente ricopio. Avevo sonno prima, quando scrivevo a mano sul treno.Dicevamo. Mi è venuta l'idea per un racconto. Per il momento ve la spiego, poi forse diventerà anche un racconto. L'idea è su quel signore anziano che ogni sera scende dal Monte Moro, si lava alla fontanella e va alla Messa delle sei. Siede in fondo, in una delle ultime file, risponde correttamente quando è il suo turno di parlare, si alza e si siede nei momenti giusti, fa la Comunione, torna al suo posto ed esce appena l'eco della benedizione finale è giunto fino a lui. Poi torna su al Monte Moro, da dov'è venuto, per ridiscendere l'indomani alla stessa ora. Solo che a Monte Moro non ci sono case, né capanne o altro. C'è solo il campo da pallone. E gli spogliatoi del campo da pallone, che però sono chiusi a chiave. Dove mangia e dove dorme è un mistero.Lo è anche il come possa essere - nella sua "situazione" - non eccessivamente sporco e in possesso di almeno un cambio di vestiti. Che da qualche parte dovrà pur lavare. Ah, ho dimenticato di dire che si tratta di un uomo anziano, forse sulla settantina. E che, circa negli stessi giorni in cui è apparso per la prima volta, è stata data notizia al telegiornale della scomparsa di un uomo, più o meno della stessa età, che viveva a circa 20 chilometri dal Monte Moro. Ecco, questo è il punto cruciale. Fermiamoci qui, non serve sapere altro. Soffermiamoci sull'uomo anziano scomparso. Introdurre questo dettaglio nel racconto, anche sotto forma di fulminea e non approfondita citazione, significa lasciar intendere al lettore senza alcuna ombra di dubbio che i due uomini anziani siano di fatto lo stesso uomo. Questo perché in narrativa nulla è lasciato al caso e ogni premessa deve portare alla più logica conclusione, a meno che il tuo nome non sia Charlie Kaufman. Se dico X è perché il lettore intenda X. Altrimenti che lo dico a fare? Una delle prime regole che ci inculcano nei corsi di scrittura è che un racconto (o un romanzo) non è la fotografia passiva di eventi esterni, reali, e in quanto reali imprevedibili - la nostra vita, avete presente? - ma un artificio che io-scrittore ho costruito da cima a fondo in ogni suo dettaglio. Con buona pace dell'impressionismo, Assommoir Malavoglia e tutte quelle storie lì. Perciò mettere insieme il particolare dell'uomo anziano scomparso, pur senza mai dire esplicitamente "sì è lui", la rende l'unica possibile e logica conclusione per il 99,9% dei lettori.
Esclusa ma e qualche altro avventuriero/a della macchina pigra. 
Comunque, tornando a prima, mi piacerebbe scrivere un racconto alla Charlie Kaufman, in cui il narratore è più che palesato e la trama è un insieme di sottolivelli del narratore stesso. In cui il narratore diventa protagonista, ossia in questo caso la storia racconta di "io che voglio scrivere la storia dell'uomo anziano" e tutte le mie elucubrazioni diventano parte del racconto, o romanzo, o quel che sarà.
Fino alla conclusione.
Non avete capito niente, vero?
Nemmeno io. Sapete com'è, avevo sonno.
Cordialmente,                                                (l'immagine del post viene da qui, se ho rubato impropriamente chiedo venia)

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