Magazine Cultura

"Un uomo" di Oriana Fallaci

Creato il 05 marzo 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

 

Pubblicato il marzo 5, 2012 da 

 

[Recensione] Un uomo di Oriana Fallaci

Titolo: Un uomo Autore: Oriana Fallaci Editore: Euroclub narrativa Anno: 1980 ISBN: 9788817044431 Prezzo: € 8 Pagine: 510 Voto: [Recensione] Un uomo di Oriana Fallaci

 

Trama: Nel suo libro verità, Oriana Fallaci narra le gesta eroiche del proprio uomo, Alekos Panagulis, nella battaglia volta a far cadere il “masso in cima alla montagna”, ovvero la pura essenza del Potere, che si serve di volta in volta d’ideali e bandiere diverse per restare a galla, tuttavia restando uguale, inarrestabile.Il sipario si apre sul funerale dell’amato, in cui la folla impazza come una piovra che non lascia scampo e che travolge, lo inneggia come un eroe, finalmente indignata dai soprusi di chi comanda. Il popolo che si sveglia solo quando l’eroe è morto, quando è tardi.
Da qui si torna indietro nel tempo, per raccontare l’intera storia, che ha inizio con l’attentato da parte di Alekos  alla vita del dittatore greco Papadopulos, che però fallisce. Egli sarà catturato per poi subire ogni sorta di torture e angherie da parte degli ufficiali dell’ Esa (la Polizia Militare greca), senza scucire mai una parola, né un gesto atto a tradire i compagni dell’impresa. Sarà inoltre condannato a morte, successivamente graziato con il solo scopo di mostrare la facciata “clemente” di una dittatura che clemente non è.
Alekos sarà rinchiuso nel carcere di Boiati, dove inventerà i più disparati stratagemmi per fuggire, senza riuscirvi. Vi resterà per molto tempo, che utilizzerà per scrivere, leggere e studiare, specie l’italiano, avendo già in mente d’incontrare Oriana Fallaci. Lei giunge in Grecia per intervistarlo come prigioniero del regime, ma l’incontro si evolverà in una relazione. Il legame tra i due, voluto fin troppo volentieri dal destino, rappresenterà solo l’inizio della fine. Don Chisciotte,  (Alekos, così chiamato da lei per via della sua volubilità negli atteggiamenti e per il lanciarsi come suo tipico in imprese impossibili) accompagnato dal suo fedele e leale Sancho Panza (soprannome che Oriana conferisce a sé stessa), si dirigerà a passo svelto verso la sua ultima battaglia; la divulgazione dei documenti segreti dell’Esa. Mossa che gli costerà la vita, perché la vita è il solo bene barattabile con la libertà.

 Recensione: Avete presente quando si legge un libro che passa così inosservato che in noi non sposta niente?! Beh, non è certo il caso di questo. E’ un libro fatto di passione, vita, sangue, morte. E’ come un diamante le cui infinite sfaccettature, sono tutte diverse eppure parte indistinta dell’intero. Un lavoro così variegato eppure omogeneo, in cui ciascuno vede ciò che vuole; chi una storia di politica, chi d’amore, chi di morte, chi di vita, chi della ricerca di giustizia. Così tante storie in una, così tanti tentacoli, da toccare inevitabilmente le corde dell’anima di ciascuno di noi. Così tanti richiami, che nessuno può restare impassibile.
E’ indubbiamente uno dei libri più belli che abbia mai letto fino ad ora nella mia vita, tanto che mi sento già poco degna a recensirlo. Quando però dalle pagine scaturisce  una luce, una passione così rara, all’altezza o meno che io sia,  ho il dovere di recensirlo per trasmettere agli altri, al meglio che mi viene, quella luce.
Dire che Oriana Fallaci è stata una scrittrice fenomenale è come annunciare di aver scoperto l’acqua calda.
Quello che colpisce, leggendo con occhio attento, è che non si scrive una storia così di solo inchiostro. Si scrive col sangue. Per parlarne ha dovuto mettersi a nudo, sporcarsi, trascinare la propria anima straziata lungo il tunnel della memoria,  memoria di un passato che dà dolore, un dolore così forte, angosciante da strappare le carni e ruggire in petto senza pietà.
Qui appare una donna, che pur di rendere onore e giustizia alla persona amata, arriva a spogliarsi della propria intimità per donarla al lettore, e in nome di quell’ amore, non ha più neanche importanza il mostrarsi forti, o il perdere dignità. Proprio da un sentimento così solido, la vicenda prenderà l’andamento di una tragedia, il primo a rendersene conto è proprio un terzo personaggio presente al primo incontro dei due, che doveva essere soltanto un’intervista.

 ”<< …Se vuole, l’accompagno all’aeroporto. >> << Perché? E’ preoccupato per me? Teme che quei poliziotti mi arrestino? >> Sorrise di nuovo: << No, i poliziotti no >>. << Non capisco >>.<< Sto dicendo che quella non era un’intervista, era un coito dell’anima. E lui dovrebbe starsene quieto, almeno per un po’:riposare. L’amore non è un riposo e quando nasce dai coiti dell’anima può diventare tragedia. >>  << Non esageri. >> << Non esagero. O forse sì? Noi greci siamo ossessionati dalla tragedia. Poiché la inventammo, la vediamo ovunque. >> << Ma di quale tragedia parla?! >> << V’è solo un tipo di tragedia e si basa su tre elementi che non cambiano mai: l’amore, il dolore, la morte. >>

Proprio sullo schema della tragedia, mista a fiaba, s’imposta lo scorrere della narrazione, che pagina dopo pagina perde i connotati di una felice relazione uomo donna, per trasformarsi nell’elogio ad un eroe particolare. Un Don Chisciotte, un eroe-poeta, che sfida il masso in cima alla montagna per vederlo almeno vacillare, gettandosi in imprese assurde, bizzarre e impossibili. Un eroe solo, incompreso, da chi lo catalogava come un violento, un dinamitardo, senza capirne la sensibilità, una sensibilità impossibile da catalogare. Proprio per questo fastidiosa, perché chi lotta per ideali semplici, di libertà, senza schierarsi né a destra, né a sinistra, né al centro, senza programmi ben strutturati, senza rientrare negli schemi, infastidisce chiunque e per chiunque diventa scomodo, da eliminare.

<< Ovunque tu fossi andato, insomma, saresti rimasto l’incatalogabile pianta che nasce per portare scompiglio nel bosco e quindi va sradicata, estirpata. Qua o là t’avrebbero eliminato, alla fine. E non per ciò che volevi fare, la resistenza armata sui monti, gli assalti alle caserme, le stazioni radio per incitare il popolo alla rivolta: per ciò che eri, per la tua singolarità di poeta ribelle, libero da qualunque freno, qualunque schema, qualunque tabù, dal medesimo concetto di lecito e illecito, per la tua irripetibilità di eroe solitario, aggrappato alle chimere del sogno e dell’immaginazione. Il poeta ribelle, l’eroe solitario, è un individuo senza seguaci: non trascina le masse in piazza, non provoca le rivoluzioni. Però le prepara. Anche se non combina nulla di immediato e di pratico, anche se si esprime attraverso bravate o follie, anche se viene respinto e offeso, egli muove le acque dello stagno che tace, incrina le dighe del conformismo che frena, disturba il potere che opprime. Infatti qualsiasi cosa egli dica o intraprenda, perfino una frase interrotta, un’impresa fallita, diventa un seme destinato a fiorire, un profumo che resta nell’aria, un esempio per le altre piante del bosco, per noi che non abbiamo il suo coraggio e la sua veggenza e il suo genio. E lo stagno lo sa, il potere lo sa che il vero nemico è lui, il vero pericolo da liquidare. Sa addirittura che egli non può essere rimpiazzato o copiato: la storia del mondo ci ha ben fornito la prova che morto un leader se ne inventa un altro. Morto un poeta, invece, eliminato un eroe, si forma un vuoto incolmabile e bisogna attendere che gli déi lo facciano resuscitare. Chissà dove, chissà quando. >>

L’uomo che ci presenta la scrittrice, più che un violento è un anima dolce, emotiva, instabile, fragile, che brancola nel cupo buio della solitudine di chi non è interamente capito da nessuno, per  questo è inghiottito da una sofferenza attanagliante e pesante. Nonostante le incomprensioni Oriana fedelmente lo sorreggerà, proteggerà, consolerà, per quanto possibile, fino alla fine.

 “Sei stata una buona compagna. L’unica compagna possibile.”

Non si offrono solo domande, ma anche risposte, seppur pungenti come spilli, aghi che perforano le bugie, i silenzi comprati o ottenuti con la violenza.
Tra l’altro, per quanto possa essere marginale, sono rimasta folgorata dalle profonde digressioni, dai dubbi esistenziali che affliggono ogni individuo, le incertezze comuni a tutti gli esseri umani, su vita, morte e il nulla.
Non ho nient’altro da aggiungere, perché quelle 510 pagine bruciano e parlano da sole e scuotono l’anima e le coscienze. Se la perfezione non esiste, direi che un libro così la manchi per un pelo.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :