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Un vento di rivolta contro l’eutanasia arriva dalla Francia

Creato il 05 gennaio 2014 da Associazioneart

Il periodo delle feste si sta esaurendo ma la questione dell’eutanasia, rilanciata dalla legislazione recentemente approvata in Belgio, rimane d’attualità qui come altrove.

Un vento di rivolta contro l’eutanasia arriva dalla Francia

SI alle Cure Palliative - NO all'accanimento terapeutico - NO all'eutanasia

L‘Ordine degli Infermieri Professionali francesi sulle barricate!

Alla vigilia di Natale, l’Ordine degli infermieri professionali francesi ha reso pubblico un documento nel quale si oppone ad ogni tipo di legalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito.

Il documento recita: “esiste una totale incompatibilità tra l’assistenza al morire, il suicidio assistito e ancora di più l’eutanasia e il ruolo dell’infermiere e le sue regole professionali”. In Belgio non è cosa rarissima che l’eutanasia sia anche praticata da infermieri, ricorda il Comitato Etico nel suo “Avviso sulla Questione della Fine Vita”. Questo è assolutamente inaccettabile per l’Ordine degli infermieri francesi.

L’Ordine non si oppone alla sedazione terminale se essa è inquadrata in condizioni strettamente e rigorosamente definite. Le regole precise a cui si attendono gli infermieri sono le seguenti:

·che la sedazione terminale sia richiesta dal paziente;

·che sia deciso in un modo collegiale;

·che la pratica non sia destinata a dare la morte ma solo a sollevare il malato per una situazione di dolore e sofferenza insostenibile e incontrollabile con i mezzi attuali a disposizione;

·che gli infermieri possano prevalersi della clausola di coscienza.

In questo senso, l’Ordine degli infermieri francesi richiede anche una maggiore collegialità nelle decisioni di fine vita e propone la partecipazione obbligatoria degli infermieri alla discussione perché considerano, ed è così, che sono quelli che conoscono di più i pazienti, ricevono le loro confidenze, la loro accettazione o rifiuto del trattamento e percepiscono anche l’efficacia della presa in carica del dolore.

L’Ordine degli infermieri considera infine indispensabile una migliore presa in considerazione delle Direttive anticipate in funzione del contesto particolare nel quale si trova il malato, contesto spesso molto diverso dal momento in cui ha scritto le sue direttive al momento in cui si trova quando arriva alla fine del suo percorso vitale.

Philippe Douste-Blazy

Philippe Douste-Blazy

Molte personalità si uniscono
per mettere in guardia contro il pericolo di abusi

L’Ordine degli infermieri non è l’unico ad opporsi all’eutanasia. Il dottor Douste-Blazy, consigliere del Segretario Generale delle Nazioni Unite, a lungo responsabile delle cure intensive di cardiologia, si è pronunciato contro un’eventuale legislazione sull’eutanasia. Richiama l’attenzione sul fatto che “legiferare è ispirato dai gruppi di lobby ideologico” e che è ora di smetterla di “legiferare sulla coscienza e la fiducia”. Ricorda che “il medico non è fatto per dare la morte”.

Il 25 dicembre, Monsignore Barbarin, intervistato dalla radio Europe n°1, ricorda con forza che “né la Repubblica,  né lo Stato,  né il corpo medicale sono proprietari della vita umana” e che “non si ha alcun  diritto sulla vita e la morte di una persona”.

Il prelato insiste anche sul fatto che ogni vita umana è degna di rispetto e ricorda che la Legge Leonetti, in Francia, è stata adottata all’unanimità dal Parlamento francese, sette anni fa. Si pone allora la domanda: “Si tratta di una legge sull’eutanasia o dell’eutanasia della legge?

Il dibattito è molto acceso ed è giusto che sia così. La questione è troppo importante per essere sbrigata con qualche pronunciamento politico senza fondamenti etici o scientifici o con lo stile superficiale e propagandista che si usa in una campagna elettorale.

Il 26 dicembre, Luc Ferry, già ministro della Pubblica Istruzione francese, pubblica un articolo nel giornale Le Figaro col titolo più che evocatore “Contro il suicidio assistito”.

L’idea di morire nella dignità, promossa da coloro che desiderano legalizzare il suicidio assistito o l’eutanasia, è un principio che rifiuta perché significherebbe che “la vecchiaia o la malattia potrebbero essere considerate come responsabili della scomparsa o svanimento della dignità umana“. Difende “il diritto alla dipendenza e alla fragilità”, un “messaggio di amore” piuttosto che quell’“orrendo messaggio secondo il quale sarebbe corretto fare piazza pulita per smettere di disturbare il mondo dei vivi e dei giovani”.

Luc Ferry già ministro Pubblica Istruzione

Un libro di Luc Ferry (e-book o versionecartacea)

Ricorda che la nozione di assistenza implica una dipendenza verso l’altro, una “chiamata d’aiuto che non si può occultare”. Per lui la domanda di morire è “il contrario di una libertà assoluta, caso contrario uno si suiciderebbe senza aver bisogno di assistenza e una risposta positiva a quella richiesta sarebbe a dimostrare la più totale indifferenza alla persona”.

L’ex-ministro richiama l’attenzione sul pericolo che una nuova legislazione porterebbe con sé, autorizzando la cosiddetta “libertà assoluta”, in particolare per quanto riguarda il fragile limite prevedendo la morte nei casi detti disperati, limite già oltrepassato in Svizzera ad esempio.

Infine richiama a meglio conoscere la Legge Leonetti, una legge pensata bene che risponde secondo lui a tutti casi più difficili.

Chi a detto che bisogna scegliere un campo?
Se c’è un campo da promuovere
è quello della difesa e dello sviluppo
delle Cure Palliative e dell’Accompagnamento!

Sappiamo perfettamente che la questione è molto delicata. Non è possibile rispondere con delle domande a Quiz su un problema che riguarda la vita e la morte. Sono coinvolti il senso etico, il dovere di aiuto, di assistenza, la morale, i codici professionali dei medici e degli infermieri, le regole comportamentali di tutti quelli che lavorano intorno alla persona morente.

Nascondersi dietro delle frasi facili e di convenienze non risolve nulla. Nascondersi dietro dei testi di legge neanche. Lasciare che le leggi siano elaborate e promulgate da persone che non appartengono al campo della cura e dell’assistenza al malato grave in fase terminale, che non conoscono i delicati equilibri alla fine della vita, che trattano la realtà del dolore e della sofferenza a colpi di bilanci e statistiche, trascina la società in un’avventura pericolosa.

Si sa dove si comincia ma non si sa dove si arriva. E’ illusorio pensare che l’eutanasia non è attualmente praticata. Lo è, clandestinamente, nella vergogna, spesso come un atto di impotenza, di solitudine individuale, di vigliaccheria o di superbia da persone che non vogliono assumersi la responsabilità di un vero accompagnamento. Un accompagnamento corretto e degno, che solleva dal dolore, prende in considerazione la sofferenza psicologica, emozionale, relazionale, spirituale della persona inguaribile, quel tipo di assistenza che le cure palliative sono in grado di offrire alla persona morente e ai suoi familiari.

Le cure palliative non sono la panacea, non fanno né promettono miracoli e riconoscono il loro limite. Applicate correttamente, nelle strutture pubbliche o private, e/o in assistenza domiciliare in cure palliative, grazie ad un personale curante formato, con l’aiuto e collaborazione dei volontari di accompagnamento correttamente preparati, sono la prima soluzione per fare diminuire le domande di morte e garantire una dipartita più serena possibile. Evireremmo forse così discivolare nel pericoloso vortice di morte che il Belgio e la Svizzera ci propongono come esempio.

(Fonti: La Croix (Pierre Bienvault) 23/12/2013 – Le Figaro.fr 23/12/2013  e 26/12/2013 – Radio Europe 1 25/12/2013)

Unità di Cure Palliative Parigi- foto di Pierre Michaud

La dimensione delle Cure Palliative: Prendersi cura della Persona- Unità di Cure Palliative Parigi- foto di Pierre Michaud


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