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Un viaggio ha senso solo senza ritorno se non in volo

Creato il 31 ottobre 2014 da Phoebe1976 @phoebe1976

Un viaggio ha senso solo senza ritorno se non in voloLa signora moldava, che veniva a fare le pulizie a casa mia una volta ogni 15 giorni dalla nascita di Emma, oggi ha comunicato che se ne torna a casa.
La crisi tocca tutti i settori ma non solo: dopo diei anni stare lontano da casa non le riesce più, nememno con due figli oramai non più bambini, ma comunque bisognosi della mamma, e la sua vita familiare ad uno stallo.
Tornare in Moldavia le deve sembrare bellissimo e terribile allo stesso tempo: potrà stare di nuovo con la sua famiglia, ma il suo sostentamento è a rischio.

E dire che sia lei che il marito sono entrambi ingegneri ed avrebebro potuto avere una vita agiata da ceto medio. Ma invece non è stato così.
La svalutazione della moneta, la corruzione del governo, le bollette alle stelle, gli stipendi che non si adeguano mai al costo della vita, una malattia improvvisa della figlia piccola. 
Vi ricorda vagamente qualcosa?
Questa è la Moldavia ma forse è anche un poco l'Italia.
E come sempre sono le donne a dover fare la parte più faticosa, a prendee la valigia e fare ciao con la manina tra le lacrime proprie e degli altri. Lavorava in banca, ma non bastava a mettere il pane in tavola tutti i giorni. 
E quindi partire come unica soluzione.
E sono le donne a caricarsi il fardello più grande, ad affrontare culture e paesi diversi, con una linguia strana ed incomprensibile, con gli sguardi della gente addosso, che sentirsi dire puttana russa è un attimo.

Tornerà a casa con il pullman domenica, quaranta ore di viaggio e sarà finalmente con la sua famiglia. Quaranta ore di viaggio tra montagne altissime, vallate sconfinate e tanta neve attraverso tutta l'Europa.
Un'Europa unita solo sulla carta. 
Era venuta in Italia 10 anni fa pensando di trovare un paradiso placcato d'oro. Invece ha trovato un paese dalle mille facce e contraddizioni, spietato ed accogleinte allo stesso tempo. Aveva lasciato una bambina di sei anni che per tanto tempo, mi raccontava, non ha voluto i suoi soldi e i suoi regali comprati con il suo lavoro di domestica in Italia. Un lavoro fatto di lacrime, perché ogni bambino a cui faceva da babysitter le ricordava i suoi lontani.

Oggi quella bambina è una giovane donna che ha dovuto affrontare tante avversità e crescere in fretta, crescere ricordandosi appena che viso ha la mamma. Una ragazza forte, col sorriso vivido e con un fratello che studia informatica all'università e che si stupisce della connessione internet italiana.  Sono venuti a trovare la mamma quest'estate, in vacanza dalla scuola, e li ho trovati bellissimi.
E mi sono chiesta cosa farei io e quanto forte debba essere il dolore e la disperazione di un viaggio come il suo. Cosa si prova a dover affronatare una lontananza così tutti i giorni della propria vita per dieci anni. Senza sosta, senza cura e rimedio. 
E quante chiacchiere nella bocca della gente, in quei state a casa vostra o, peggio, aiutiamoli a casa loro. E' così difficile capire la disperazione? O forse è meglio negarla, per paura di guardarla troppo a lungo negli occhi? Meglio ignorare, fare finta di non vedere ed immaginare solo la mala fede.

Ora lei tornerà a casa, proverà a cercarsi un lavoro più idoneo alla sua istruzione. Oppure, semplicemente un lavoro ma vicino a casa e vicino al cuore.

 

Anche se sono sicura che un pezzetto di cuore resterà anche qui..

 


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