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Un vicino di casa

Creato il 19 novembre 2014 da Olga

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Ho conosciuto il mio vicino di casa una mattina alla cassetta della posta. Avevo ricevuto una lettera di una mia amica da Londra. Lui le bollette del gas e dell’energia. Dalla busta della mia lettera si capiva che era una lettera. Una vera. Scritta a mano. “Ancora ricevi lettere”, mi ha detto. Ha pronunciato la erre in modo austriaco. Avviene spesso con le partite iva di origine milanese.

Il mio vicino di casa è bello, per cui gli ho sorriso. Alla cassetta della posta io ero in ciabatte e tuta, ma truccata. “Le spedisco pure” gli ho risposto chiedendomi se con quello strano look non pensasse che stessi girando un porno domestico. Non mi sono dilungata, l’ho salutato e me ne sono andata. Lui indossava un vestito da uomo: stava uscendo.

Da quel giorno ho cominciato a vedere il mio vicino ovunque. Al bar, al ristorante cinese, all’aperitivo italiano, in libreria. Con donne diverse, mai con una uguale, e i discorsi erano sempre gli stessi. Era in perenne fase di flirt iniziale. Diceva che era uno scrittore, e le donne con cui usciva spesso gli chiedevano in che modo si potesse definire un scrittore nel 2014. “Sai tutti ormai hanno pubblicato almeno un libro”. Ho assistito almeno a una decina di discorsi simili, e con maggiore frequenza a ridosso di Bookcity, la fiera delle conferenze sui libri che si tiene ogni anno a novembre. Le donne gli rispondevano sempre in modo diverso, lui si adattava alle risposte con forza di argomentazione e volontà di infilarlo.

Il mio vicino di casa è alto. Ha una posa intellettuale ma anche ironica, e quindi è sexy. Le mani sembrano sapere accarezzare e stringere con forza allo stesso tempo. L’ho notato da come teneva in mano le bollette. Un giorno mi ha invitato a casa per un caffè, un pomeriggio. Mi ha bussato alla porta. Mi è parso molto romantico come gesto, invece del whatsapp. Del resto, non ha il mio numero. Per cui gli ho aperto.

Appena l’ho visto gli ho chiesto se gli serviva il cavatappi. Mi ha detto che no, non gli serviva il cavatappi ma che stava facendo il caffè, se ne volessi un po’. Ho portato con me le sigarette e mi sono presa una pausa.

Non ero in pigiama. Non ho un pigiama proprio per queste eventualità. Se lavori da casa e hai un pigiama, è difficile che ti venga la voglia di toglierti il pigiama. Se indossi il pigiama alle cinque del pomeriggio e un vicino di casa ti chiede di andare a bere un caffè, è difficile che non pensi che stai girando un porno con la webcam.

Durante il caffè gli ho detto che avevo raccolto quello che dicevano le sue “ragazze da flirt” nei giorni in cui avevo ascoltato i loro discorsi. Non si era per nulla arrabbiato che avessi ascoltato i suoi flirt. La cosa mi aveva stupito. Forse si stava adattando perché voleva infilarmelo.

Uno scrittore è scrittore se:

  • lo scrive su LinkedIn, quindi l’autoproclamazione

  • vive di libri pubblicati: guadagna abbastanza

  • non ha mai scritto nulla, ma passa tutte le sere a pensare a che cosa vorrebbe scrivere

  • vince dei premi letterari di letteratura o vi partecipa

  • lo dice di sé

  • lo dicono gli altri

  • il riconoscimento accademico a di tutti i tipi: dall’assistente al professore famoso

Gli ho chiesto perché, se era scrittore, non aveva messo Scritt. sul campanello. Mi ha risposto che era molto divertente. Io non scherzavo. Mi ha chiesto poi che cosa fosse uno scrittore per me. “Per me lo scrittore sei tu, il mio vicino di casa”. Mi sono sentita romantica anche io: ho distrutto una intera categoria per vanità del particolare. Forse anche io volevo let him in.

Mi ha guardato come se non ci fossero più parole da scrivere. Io gli ho rimandato lo sguardo con molto meno calore: era opportuno che non si montasse la testa. “Devo fare pipì”.

Mi ha indicato il bagno e ha messo su un altro caffè. Ho bevuto, ho fumato una sigaretta, mi sono presa un libro in prestito e sono tornata a casa.


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