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Una donna forte

Creato il 24 febbraio 2011 da Lanterna

Una donna forte

foto:flickr

Ho passato la vita ad essere forte.
Venivo da una famiglia di donne forti: mia nonna vedova nel dopoguerra, mia madre che lavora(va) e neanche un cane che l'aiutasse (niente colf, niente part time, niente piatti pronti da sua madre). Sono stata cresciuta così, senza neanche un dubbio sulla mia forza: era un dato di fatto, si deve essere forti.
Corredato da scherno e allusioni nei confronti di quelle che forti non erano o non si mostravano: le moglie che lasciavano fare ai mariti, quelle che si erano sposate per "sistemarsi", quelle che chiudevano gli occhi pur di non restare sole. E, a scuola, il dito di mia madre era puntato contro quelle che i genitori lasciavano a casa per non farle interrogare o per evitare il tal compito in classe, o quelle che con la scusa dell'"essere disorientate" o "dover maturare" perdevano un anno o che.
L'unica debolezza che mi era permessa era quella fisica: il mio sistema immunitario non è mai stato il massimo, mi son sempre ammalata spesso. Di solito nei momenti cruciali: la prima gita, gli esami di terza media, l'occasione tal dei tali. E le vacanze, che culo.
Per il resto, per me essere donna non ha mai coinciso con l'essere il sesso debole, anzi. Mia madre e mia nonna mi hanno inculcato la convinzione che per essere donna ci vogliono le palle: lavori il doppio, fai i lavori più ingrati e c'è sempre qualcuno che ha da ridire.
Ecco perché mia madre scoppiò a piangere quando vide che ero femmina, mica per altro. Non che avesse torto.
Però io, come lei e mia nonna, sono caduta molto facilmente in due trappole.
La prima è il non manifestare i propri sentimenti, "come un vero uomo". L'unica persona adulta con cui mi permetto gesti quotidiani di affetto è mio marito. Per il resto, non sono abituata né a baciare né ad abbracciare i miei, tantomeno mio nonno: se ci proviamo, lo sentiamo come una forzatura. Non sono abituata ad abbracciare le mie amiche, le bacio sulle guance per gentilezza ma non mi viene l'impulso. E poi ci si stupisce che una si sente invasa da gravidanza e allattamento.
L'altra trappola è lo stoicismo un po' celodurista. Del tipo che, così come ti sei sentita una mezzasega ad avere paura di certe situazioni e ad avvertire la fatica di altre, se un'altra donna ti esprime le sue difficoltà dentro di te pensi "che mezza sega". A meno che le difficoltà non siano proprio grosse e oggettive. Anche se razionalmente sei aperta e ben disposta, anche se razionalmente non ci trovi niente di male ad essere in difficoltà e dirlo, dentro di te una vocina prende i toni del sergente di Full Metal Jacket. Non è un'aspirazione alla perfezione, bensì alla durezza: diventare abbastanza tosta da non farsi abbattere da nulla. Bella illusione.
Oltre a queste magagne, essere considerata "forte" ne genera un'altra: gli altri, col fatto che tu sei "quella forte", prendono sempre e non offrono mai.
Per carità, non tutto il male viene per nuocere: impari a chiedere aiuto se ti serve. Ma lo puoi fare solo con chi ti è abbastanza vicino, mentre tutto il resto del mondo ti vede bella corazzata e non si sogna neanche lontanamente di darti una mano. Anzi: dai, sei forte, superi anche questa difficoltà. Ma vaffanculo, va': magari sono forte, magari ce la faccio, ma se qualcuno mi toglie qualche peso dalle spalle non mi fa schifo. Se quel qualcuno poi me lo toglie anche spontaneamente son proprio contenta.
Dedicato a mio marito, che quando torna sulla Terra si accorge dei miei pesi e me ne toglie qualcuno. Senza far cadere tutti gli altri.


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