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Una lunga gestazione: il percorso adottivo.

Da Psytornello @psytornello

Una lunga gestazione: il percorso adottivo.

Una topolina ha un periodo di gestazione di 3 settimane, una leonessa di 16, una donna di 40, un’elefantessa di 90. E poi c’è un altro periodo di gestazione che può essere molto lungo e arrivare sino alle 144 settimane: sto parlando del percorso adottivo. Ma perché i tempi possono essere così lunghi? Oggi cercheremo di capirlo insieme attraverso un post prettamente teorico ma più avanti avremo la testimonianza diretta di chi ha intrapreso questo percorso e, proprio in questi ultimi giorni, ha conosciuto il suo bellissimo bambino.

Adozione è un termine che spesso viene confuso con la mera possibilità di diventare genitori quando non è possibile procedere secondo i “metodi tradizionali”. Beh, non è solo questo ma molto molto di più. Prima della Legge 184 del 1983 si parlava di “diritto della famiglia di avere un bambino” ma con la nuova legislazione si è introdotto il “diritto del bambino ad avere una famiglia“. Sembra solo un gioco di parole ma così non è.
La Legge 184 mette al centro il minore e delinea così il passaggio da una prospettiva adultocentrica ad una puerocentrica. Si pone cioè la massima attenzione al bambino in quanto soggetto esposto ad un abbandono precoce, ad una situazione si successo biologico (quello dei suoi genitori naturali che sono stati in grado di concepirlo) ma di insuccesso sociale in quanto nessuna delle sue figure di riferimento è stata riconosciuta idonea ad occuparsi di lui. Proprio per questi motivi è indispensabile assicurargli una nuova famiglia in grado di accoglierlo e di sviluppare con lui una nuova relazione di attaccamento.

La prima tappa per una coppia che desideri adottare un bambino è la presentazione della domanda al Tribunale competente per il territorio di residenza. Sempre per la prospettiva puerocentrica di cui parlavamo prima, è importante sottolineare che attraverso questa domanda si manifesta esclusivamente la propria disponibilità all’adozione e non si reclama il diritto ad avere un bambino.
E’ possibile rendersi disponibili per un’adozione nazionale o internazionale. Nel primo caso i tempi sono solitamente più brevi ma il numero dei minori adottabili è piuttosto esiguo. Nel secondo caso l’iter può essere lungo anche tre anni in quanto la coppia, dopo aver ricevuto l’idoneità, deve affidarsi ad un Ente legalmente riconosciuto dalla Commissione per le Adozioni Internazionali. Quest’ultimo invierà tutta la documentazione necessaria al Paese prescelto e seguirà la coppia sino all’abbinamento e al successivo incontro con il bambino (precedentemente dichiarato adottabile dall’Autorità competente del paese in questione).

Ma come si ottiene l’idoneità? Attraverso un’attenta valutazione da parte dei Servizi Territoriali. In questa fase la coppia può sentirsi “sotto esame”, quasi “violata” da indagini che sono molto approfondite, e arrivare a pensare: “Il Tribunale valuta noi quando molte coppie inadeguate mettono al mondo dei bambini”. Dobbiamo considerare l’adozione come un “trapianto psicologico” per il quale è necessario analizzare attentamente il terreno psichico offerto dagli aspiranti genitori. E’ adatto ad accogliere un bambino che possiede già una sua storia, arriva da un diverso background ed è il più delle volte traumatizzato? Possiamo essere sicuri che non ci saranno “crisi di rigetto“? E’ fondamentale accertarsi che la coppia sia generatrice di amore e speranza, sappia contenere la sofferenza e la tristezza del minore, abbia la capacità di sviluppare una relazione di attaccamento con un bambino che è diverso da sé, sappia tollerare la frustrazione e gestire i momenti di difficoltà, sia in grado di salvaguardare la comunità di appartenenza senza tradire quella di origine del bambino. All’indagine psicologica si affianca ovviamente anche quella dei Servizi Sociali che valuta la situazione economica, fisica e l’ambiente familiare della coppia. Inoltre gli Organi di Pubblica Sicurezza verificano la presenza di eventuali procedimenti penali. A conclusione di tutta questa serie di approfondimenti viene stilata una relazione poi inviata al Tribunale per i Minori il quale decide se la coppia è idonea all’adozione. Proprio nell’ottica di evitare che il minore possa essere esposto ad ulteriori traumi, l’adozione definitiva viene preceduta da un anno di affidamento preadottivo, periodo nel quale si favorisce l’inserimento del bambino nella nuova famiglia e si riferisce al Tribunale circa l’andamento dell’inserimento “segnalando le eventuali difficoltà al fine di mettere in atto gli opportuni interventi” (Legge 183/1984).

Spero che il post di oggi abbia gettato luce sui motivi che spingono il Tribunale per i Minori e i Servizi Territoriali ad analizzare “ai raggi X” gli aspiranti genitori adottivi. Non si desidera lavorare “contro le coppie” ma al loro fianco, per prepararle ad un compito molto arduo: prendersi cura di un minore che ha sofferto e ha diritto ad essere amato, accudito ed educato. Più avanti affronteremo un altro importante tema: quello delle trappole in cui possono incorrere i genitori nel rapporto con i loro figli adottivi.

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