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Una mazza (dichiarazione d’intenti)

Creato il 13 maggio 2010 da Julesdufresne

Una mazza (dichiarazione d’intenti)

Mi sono imbattuto di nuovo in una discussione in calce ad un post di Giovanni, e in un mio commento che sussume, davvero, tutte le mie posizioni in merito a pace e guerra. Piuttosto che scriverne di nuovo, lo riporto (quasi) tal quale:

“[M]i sconcerta un discorso tanto semplicistico da parte di chi sembra aver studiato, e parecchio: non esistono filosofie della pace? Veramente sovrabbondano, da More a Kant a Solov’ev. Servono filosofie della pace o, per meglio dire, portano la pace nel mondo? Una risposta veloce veloce: no.
Il mondo è squilibrio, la violenza proviene da questo squilibrio, e un realista (quello che tu maiuscoleggi e bismarckeggi con l’intento di licenziarlo come filosofia perdente) semplicemente non ammette che l’utopia pacifista rechi pace, e [sostiene] che sia meglio gestire il mondo con i pochi mezzi presenti, piuttosto che inneggiare ad un futuro davvero improbabile, in cui non esisterebbero recriminazioni violente perché saremmo tutti uguali.

Per tornare, infine, alla lotta di Gandhi: è fantastico come s’ignori bellamente Nehru, le centinaia di morti, l’esercito della guerra d’indipendenza indiana. La nonviolenza fu una strategia che anticipò i tempi del disimpegno inglese, abbinata ad altre strategie violente, e lo poté essere semplicemente perché anche gli inglesi avevano rinunciato ad utilizzare metodi eccessivamente violenti per distruggere l’opposizione indipendentista. Perché non fucilarono Gandhi? Probabilmente perché si aspettavano che le violenze successive all’omicidio di stato sarebbero state peggiori, e deleterie per l’esercito coloniale. Perché l’India poté esercitare del credito politico per raggiungere l’indipendenza? Perché aveva partecipato in forze ad uno dei bagni di sangue più fondamentali ed esiziali della storia del mondo, la Seconda guerra mondiale. La nonviolenza ha generato politiche tra le più violente e foriere di massacro in quell’area di mondo, fino alla spartizione indo-pakistana e alle ribellioni comuniste e all’uscita del Bangladesh.
E allora la nonviolenza come strategia, sì, può essere utile in casi particolarissimi, e di sicuro lo spazio per la sua applicazione è andato ampliandosi in aree del mondo già libere. Ma la nonviolenza come condizione essenziale dell’uomo è una gran bella utopia inapplicabile: ad oggi possiamo solo limitarci a restringere le possibilità di una guerra, ed è molto meglio chiederci come fare, sapendo che ogni rimedio è temporaneo ed ogni controversia è suscettibile di sfociare in metodi violenti, quando tutti gli altri mezzi esperiti non abbiano avuto esito.

Insomma: Gino Strada è un ottimo medico, ma di politica internazionale non ha capito una mazza, diciamocelo.”



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