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Una necessità

Creato il 20 luglio 2014 da Letizialaura

Nei post precedenti ho pubblicato delle immagini senza presentazione o spiegazione e le ho taggate #darksidemoonproject. Cercando di non essere didascalica, sento il bisogno di raccontare come sia nata questa necessità. Intanto, a partire dalla constatazione che alcune fonti di immagini, anche le più “insolite” apparentemente, possano essere riutilizzate per raccontare, scoprire, intuire, accostarsi alla storia in modo diverso, per narrare quindi altro rispetto a quello che esse abbiano voluto mostrare, nelle intenzioni sia di chi le abbia prodotte, sia di chi le abbia distribuite, sia di chi le abbia fruite, quando furono realizzate e pubblicate. Non solo …

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Si tratta di immagini del 1933 e del 1934 trovate su una pubblicazione tedesca di architettura, d’interni in particolare, nonché di decorazione e di arredo di ville, appartamenti, ma anche di negozi e alberghi celebri allora, in qualche caso di chiese e di sale di istituzioni pubbliche in varie città e località, tedesche soprattutto, ma anche austriache, ceche, ungheresi, perfino italiane. Sono gli anni dell’affermazione del nazismo. Quando ho sfogliato questi volumi sono rimasta molto impressionata, colpita nell’animo innanzitutto. Dal punto di vista della sensibilità storico-artistica, forse la più sottile, la prima emozione che ho provato è stata di paura, quindi di dolore misto a meraviglia. Il vuoto delle stanze, delle sedie, dei tavoli, dei divani, dei letti… mi ha fatto immediatamente associare l’assenza delle persone (ovvia spesso nelle foto sulle riviste di interior design, a meno che non si tratti di testimonial) all’assenza del “soggetto” uomo, ovvero a quello che presto si sarebbe rivelato come l’annientamento totale dell’essere umano da parte umana, con il silenzio spaventoso che ne è seguito, un silenzio “assordante”, che queste immagini mi hanno evocato prepotentemente. Ho immaginato le persone che avrebbero potuto popolare quelle case, quelle stanze, sedersi ai tavoli, andare a dormire su quei letti, conversare in quei salotti… in quegli anni.  Ho pensato agli architetti, alcuni importantissimi, della Bauhaus, che proprio nel 1933 ha chiuso la sede di Berlino… ho cercato i loro nomi… alcuni ebrei sono migrati all’estero proprio in quegli anni o nei successivi, altri sono morti nei campi di concentramento, altri, nazisti, sono sopravvissuti e hanno continuato a lavorare in Europa nel dopoguerra. Mi sono chiesta quante di quelle abitazioni, di quegli oggetti e arredi siano scampati alla distruzione e quante delle persone che vi hanno abitato siano sopravvissute.

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Ho avvertito il paradosso e l’orrore nel pensare a come l’architettura (non quella di propaganda), ovvero il costruire, progettare, realizzare case, edifici e ambienti  per la vita quotidiana delle persone (certamente ricche in tal caso), proprio negli anni in cui ha espresso uno dei più importanti movimenti artistici della storia mondiale, sia stata anch’essa travolta dalle forze più distruttive della storia dell’umanità.

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Mi si è aperto così un mondo di interrogativi, accanto al bisogno di esplorare, di avvicinare, senza rimuovere o fuggire, l’incomprensibile, che neanche la storia può spiegare, ma che forse si può tentare di raccontare anche con le immagini, attraverso insoliti percorsi. Le immagini possono sempre fornire nuovi spunti, nuovi approcci, nuove intuizioni e scoperte, nuovi sguardi, che cambiano da persona a persona, da periodo a periodo, da mezzo a mezzo di trasmissione.

Come vi propongo queste immagini, per esempio? il mio è un approccio “artistico” più che storico, anche se la storia c’entra, eccome! Non vi dirò con precisione da dove le abbia tratte, né ve le proporrò così come sono state pubblicate (non sarebbe comunque possibile) . Le ho fotografate, rielaborate con filtri, ritagliate, scandagliate a lungo nei dettagli. Sono dunque altre immagini rispetto a quelle stampate sui libri dove le ho scoperte. A loro volta quelle stampate su quei libri sono diverse da quelle scattate dai fotografi di allora (dei cui nomi non vi è traccia sulle pubblicazioni). Chissà chi fossero e chissà che fine abbiano fatto anche i loro progetti, gli archivi, quelli della casa editrice, delle persone proprietarie di quelle case (spesso nelle didascalie compaiono il nome dell’architetto, del  committente, oltre il nome della località e la denominazione dell’edificio o dei suoi interni, o degli oggetti d’arredo).

Facendo una ricerca ho scoperto alcune biblioteche, nel mondo, molto poche, che possiedono questi volumi. Qualche università ha avviato anche dei progetti di ricostruzione della migrazione degli architetti europei perseguitati dai nazisti in altri paesi e delle loro attività (celebre la città bianca di Tel Aviv, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco). Credo che per degli storici dell’architettura la consultazione di questi volumi, poco noti, potrà far scoprire opere importanti, forse tuttora inedite.

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Ultima annotazione su #darksidemoonproject. Amo i Pink Floyd e questo loro album. Il mio è dunque un omaggio a loro e vuole alludere al lato oscuro della luna che la sottoscritta ha “sentito” in queste immagini, che nascono comunque come prodotti della loro epoca, anche della sua follia: nella loro luminosità, nella bellezza a volte visionaria degli ambienti ritratti, nel silenzio, nel vuoto, nei particolari surreali (le piante appoggiate ovunque, con gusto e gentilezza, i quadri di alcuni autori celebri alle pareti, i disegni e le decorazioni raffinate sugli oggetti, le linee modernissime di alcuni arredi, la preziosa semplicità o la ricchezza dei tessuti…), nell’orrore che non esprimono, mostrando altro, mentre altro orrore accadeva o stava per accadere …

Ma questo è il mio punto di vista, il mio sentire, la mia ricerca, non tanto “storica”, quanto umana, che porta a interrogarmi, per esempio, su chi siano oggi gli architetti e gli interior designer che lavorano nei paesi in guerra, come progettino le case, gli arredi, gli ambienti di vita delle persone e delle città bombardate, distrutte, uccise, come, nonostante tutto, continuino a costruire, ricostruire, in alcuni casi con grande creatività, diffondendo ed esprimendo lo spirito più alto della loro cultura, nonostante tutto. Le scoperte, in tal senso, sono davvero incredibili.

Continuerò soprattutto sul blog www.visionipoetiche.com a pubblicare queste immagini, escludendo quelle in cui compaiono i segni “forti” del nazismo, a partire dal 1934 (mentre non vi sono loro tracce nel volume del 1933, dove maggiori sono invece i contributi degli architetti della Bauhaus).

A proposito di Bauhaus, una chicca:

“Architects Congress 1933″, Greece, black/white, silent with titles, 29 minutes.

A preview

Congress participants included such notabls as Le Corbusier, van Eesteren, Giedion, Laszlo and Leger.


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