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Una risposta ad Alfano

Creato il 26 febbraio 2016 da Marvigar4

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Una risposta alle frasi infelici di Alfano l’avevo già data vent’anni fa scrivendo un pezzo che pubblico qui volentieri.

Riguardo l’adozione dei figli da parte di un singolo o di una coppia gay, questione spinosissima, bisogna saper incidere sui tempi, dimostrare quanti danni ha arrecato all’umanità la cosiddetta “legge naturale”, ossia l’invenzione della fissità dei fenomeni che confonde tuttora l’accidente specifico con la sostanza: la riproduzione biologica, resa unicamente possibile dall’amplesso eterosessuale, non implica la necessaria univocità dell’allevamento dei figli presso una coppia eterosessuale.

Si afferma un po’ dappertutto che il bambino cresce equilibrato formandosi un’immagine della differenza dei sessi, ma non si motiva, se non alla luce di una prassi scientificamente tuttora da analizzare senza pregiudizi, quale sia il reale collegamento preposto a stabilire la priorità di questo disegno. O forse ci si preoccupa di creare dei modelli più che delle persone?

La frase del Pontefice, nel famoso Angelus del 21 febbraio 1994, secondo cui “a questi figli si reca un grave danno poiché in questa famiglia supplente essi non trovano il padre e la madre, ma due padri oppure due madri”, può essere lecitamente letta come una dichiarazione dai toni minacciosi che promette “un grave danno” all’infanzia educata alternativamente. Ma qualcuno, per rispetto della propria vanità, condanna quei comportamenti che potrebbero rivelarsi giusti se venissero ammessi, ergo, il pericolo per il bambino con due padri o due madri verrà esclusivamente dalla violenza degli altri che difendono le abitudini sancite “divinamente”.

A questo proposito, inserisco un articolo che reputo pregevolissimo di Barbara Alberti, uscito sul Sette del Corriere della Sera il 26 gennaio 1995, articolo che prende in considerazione molti aspetti, non risparmiando critiche a certi desideri “omologativi” dei gay:

Come sarà la famiglia prossima ventura? C’è qualcuno che è riuscito a dare una risposta precisa. Anzi, provocatoria.

LA DONNA IDEALE PER IL MASCHIO DEL DUEMILA È UN UOMO

Si fa un gran parlare della famiglia, ma uno solo è riuscito a rappresentarla con una potenza artistica rara: Neil Jordan, regista del film Intervista col vampiro.

Solo che non si tratta della solita famiglia, ma della famiglia omosessuale-vasta, immortale. Jordan, geniale cantore dell’amore tra uomini, già in La moglie del soldato avvertiva che la donna ideale per il maschio d’oggi è quella che, al momento buono, si rivela un uomo.

Di questo ultimo si parla come di un film di vampiri, ma i vampiri non c’entrano. Sono solo il pretesto per una straordinaria metafora dell’amore maschio. Louis (Brad Pitt, bello come James Dean, ma donna, bambola androgina perfetta) viene avviato al vampirismo (ma leggi, omosessualità) dallo sfrontato Lestat, vampiro secolare. E che iniziazione! Quando costui bacia per la prima volta Louis, essi volano.

Le loro avventure si snodano dalla fine del ‘700 a oggi, quando Louis racconta la sua troppo lunga vita a un giornalista ambizioso. Una storia tutta di iniziazioni fra maschi. Maschi potentissimi e impotenti, perché senza gli altri maschi non sono niente.

Sia il vampiro americano che il vecchio vampiro dell’Europa (Banderas), vampiri ‘di successo’, hanno un vuoto da colmare, che non riguarda i loro bisogni primari – hanno bisogno della serialità per sostenere il peso dell’eternità. Banderas è lì che aspetta un fidanzato da 400 anni. Come in Lawrence d’Arabia, stanno tutti sulle dune ad aspettare il maschio che passa -. E le donne? Assolutamente escluse. Questo rigore misogino è il grande fascino del film. Domiziana Giordano appare un istante, solo per essere incenerita.

L’unica femmina è bambina – e odiosa. Iniziata da Louis, e adottata da lui e da Lestat, uccide Lestat (che invece è eterno). Il terzetto dei due amanti con bambina è la parodia della famigliola gay e non gay, un paradosso oltraggioso e irresistibile. Il vitalissimo, feroce e adorabile Lestat è entusiasta della propria natura. Louis invece, diverso fra i diversi, non si rassegna, è in crisi perpetua. Difatti sono tutti innamorati di lui, e lo inseguono nei secoli. Altro che la permissività pelosa ferocemente stigmatizzata da Giuseppe Fadda in un meraviglioso libro di fumetti, Happy Gays, dove si vede un ragazzino per bene che esce di casa dicendo ‘Ciao mamma, vado a battere!’, e lei: ‘Fa tanto freddo!, ricordati di mettere il preservativo di lana!’.

Altro che il matrimonio legale dei gay moderni e l’aspirazione casalinga. Intervista col vampiro riporta a più grandi maledizioni, a quell’amore come lo intendevano Rimbaud e Verlaine, rischiosa e violenta avventura: ‘Queste passioni ch’essi soli chiamano ancora amori/ son degli amori anch’essi, teneri e furiosi/ con dei caratteri furiosi/ che non hanno, certo!/ gli amori di tutti i giorni./ Ah! Poveri amori banali, amori normali!/ Grossi appetiti e rozze voglie/ per non dire la stupidità e la fecondità!/ (…) Dormite, innamorati! (…) fieri dannati di un più splendido sabba/ mentre ch’attorno a voi/ il mondo disattento a cose delicate/ strepita e giace in sonni scellerati/ senza neppure (tanto è stupido!) esser di voi geloso’. (Paul Verlaine, Des passions).

Mirabile la scena in cui il vampiro parigino, l’amoralità in persona, offre a Louis di liberarlo dai suoi sensi di colpa – Louis si ribella: ‘E se fosse tutta qui la mia ricchezza? Nel tormento?’ – e rivendica la sua dannazione.

Alla fine, il giornalista vuole a tutti i costi essere iniziato. Lo credo! Anch’io! Chi non vorrebbe, con un bacio, levarsi in volo?” .

In sintesi, desiderare d’ottenere i diritti civili non significa omologare la diversità per le offese ricevute, così facendo ogni richiesta sarebbe ispirata da quella “morale degli schiavi” che Nietzsche vide strettamente congiunta al risentimento: l’esperienza omoerotica va invece affermata integralmente così com’è, senza omissioni, e chi la vuole liberare non commetta l’errore di inseguire invidiosamente la “normalità”.


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