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“Una sconfinata giovinezza”

Creato il 10 ottobre 2010 da Cinemaleo

“Una sconfinata giovinezza”

2010: Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati

“Una sconfinata giovinezza”
“Una sconfinata giovinezza”

Contrastanti le accoglienze della critica: si va da “Cast di prestigio e coraggio nell’affrontare nell’Italia da farsa un tema serio” (Il Corriere della Sera) a “…il tutto è ampiamente prevedibile” (L’Unità).

Dopo lo scivolone de Gli amici del Bar Margherita ritroviamo il Pupi Avati drammatico e sostanzioso de Il papà di Giovanna.

Lode al regista di trattare un tema non consueto nel panorama del nostro cinema (evoluzione e conseguenze di una grave malattia), tema affrontato encomiabilmente senza retorica né facili sentimentalismi.

Molti gli aspetti positivi di Una sconfinata giovinezza: la recitazione dell’intero cast è ottima, la fotografia è splendida nel ritrarre in modo diverso il presente e il passato, il ritmo è sostenuto, il finale è quanto mai suggestivo…

Ma qualcosa non funziona. Il nostro coinvolgimento non è totale. Forse a causa dell’ambiente ritratto (troppo lontano da noi comuni mortali), forse per l’eccessivo pudore nello svolgere il non gradevole argomento, forse per l’eccessivo utilizzo di un commento sonoro enfatico ed invadente, forse per l’abuso di una voce narrante troppo esplicativa, forse per qualche caduta di tono e di buon gusto che si poteva evitare, forse per il non armonizzarsi compiutamente delle varie parti di cui il lavoro è composto (le sequenze finali sembrano un altro film)…

Il difetto maggiore è però, a mio parere, nello squilibrio tematico tra quanto vediamo dell’oggi e quanto vediamo del ieri. Molte cose che ci vengono mostrate dell’infanzia del protagonista non sembrano avere alcuna attinenza col suo presente di adulto ammalato e quindi lo spettatore è indotto a chiedersi continuamente perché ci vengono dette: il che distrae e disturba.

Rilevati i difetti, è indubbio che Una sconfinata giovinezza merita la visione anche per premiare un regista che, pur tra alti e bassi, mostra coerenza e tenacia nella sua idea di un cinema diverso e controcorrente.

p.s.

Il film, oltre a mostrarci un Fabrizio Bentivoglio e una Francesca Neri convincenti e partecipi come raramente accade, ha il merito di farci ritrovare nomi (da Lino Capolicchio a Gianni Cavina a Isa Barzizza…) che ameremmo vedere maggiormente sul grande schermo.

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