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Una storia per chi la vuole

Da Blanca Persaltrove

il_570xN.321683955 (1)A te che leggi, t’invito a uscire dai tuoi panni e ad indossare quelli del primo che passa.
Immagina un teatrino ambulante, dove io sto seduta ad aspettare. Immagina che non ci sia pubblico ma solo tu, nei panni  ipotetici di un anonimo spettatore, pronto a giudicare lo spettacolo dall’esterno e decidere se è il caso di lasciare una monetina all’artista.
Immagina che io t’inviti ad ascoltare. In fin dei conti sono un cantastorie, un menestrello senza musica, una tessitrice di parole a incastro che seziona le trame con precisione da burattinaio, perché funzionino.
Ora, mio spettatore dall’orecchio fino, ascolta questa storia e dimmi cosa stona:

C’era una volta un uomo bellissimo, affascinante, profondo, ricco e fortunato. Un uomo dalla vita  che tutti sognano, affermato e appagato, amante  bene  e del vivere secondo natura. Uno che non ha mai sbattuto contro il muro del vorrei ma non posso, uno intelligente, accorto, altruista, generoso, capace di gesti di vero cuore, comprensivo e pragmatico. Uno che sembra… Shhh! Non dire niente ancora, ascolta, te ne prego!
Un brutto giorno, quest’uomo subisce un incidente stradale. Ne esce vivo, perdendo però l’intera famiglia. I figli devono essere piccolissimi, perché lui è ancora giovane, ed è vedovo e solo. Quello di un genitore è il lutto più terribile, è inimmaginabile, impossibile descriverlo; può indurre alla pazzia.
L’uomo è forte e sopporta bene, tanto da continuare la sua vita.
Poi si ammala gravemente. Anche questa volta ne esce vivo ma la malattia lo sfigura per sempre.
Che cosa causò la malattia, quanto fu lungo il decorso, come visse le operazioni e il dolore? Queste cose lo spettatore deve immaginarsele da sé, ma è facile immedesimarsi. Devo aggiungere, spettatore, che in contemporanea all’avvenenza e alla salute, l’uomo perde anche tutti i suoi averi e i suoi beni di lusso. Tanto per non farsi mancare niente, penserai tu, anonimo testimone che guardi il mondo dall’esterno; la prima domanda che mi porrei io è MA CHE CAZZO DI KARMA HA? ma non ti voglio influenzare, nessuno può giudicare. Solo lo spettatore può farlo, e lo spettatore sei tu.
Ora il burattinaio ti mostra la marionetta di una fanciulla bionda; il legno andrebbe levigato e ridipinto perché la Bella (chiamiamola così) a differenza del protagonista  vive sulla sua pelle (si fa per dire, i burattini sono di legno) ogni esperienza e, come ogni cosa avvezza al lavoro e al sacrificio, porta impressi i segni di ciò che ha passato.
Devi sapere ascoltatore che,  nel tempo delle sue peregrinazioni nel dolore, l’uomo forte e coraggioso conosce una donna. Lei abita lontano e così si costruiscono una vita fittizia. Per decenni lui si ostina a vivere nel virtuale, ciò che lei lo invita a sperimentare realmente. Perché lo fece? Perché non cercare d’essere finalmente  felice? A saperlo!
Qui la mia voce di narratore si fa tagliente, perché è adesso che tutto prende una strana piega. 
Accade che, nel lunghissimo viaggio interiore, amorevole e spirituale  fatto assieme a questa donna, l’uomo riesce incredibilmente ad astenersi dal confidare, esprimere e raccontare se stesso, quasi fosse un argomento tabù, (quasi non sapesse che inventare, aggiungerebbe il mio ipotetico ascoltatore e chiunque non fosse coinvolto nella vicenda). L’uomo non rivela mai nulla di sé, non parla che di quel Altrove che hanno immaginato insieme, eppure sa che lei  lo amava con tutta l’anima, perché si è offerta a lui mille volte come riparo, come casa, come santuario.
Intendiamoci, non si tratta di una donna perfetta, è una creatura complessa con difetti e pregi, intransigenze e  atti di cuore infiniti, è una figura completa, con forze e debolezze, con dubbi e rancori, con soddisfazioni e rimorsi, battaglie vinte e perse. Una, ma reale.
La donna amava quell’uomo ma aveva in mano solo le tessere incomplete del poco che lui aveva raccontato, di ciò che gli aveva cavato da bocca con forza. Lei gli aveva dato la completa fiducia invece, gli aveva detto tutto di sé senza mai pentirsene, ma  ad un certo punto capisce che lui si trattiene, cambia versione, nasconde ogni verità. La poverina è paziente, per lunghi periodi non chiede nulla, sperando che dopo tante esperienze solamente sognate, l’uomo si decida ad aprirle il cuore, a darle tutte le risposte, ma questo non accade mai.
Addirittura, quando lei per l’ennesima volta si offre a lui, per dargli conforto, speranza e soprattutto amore, quando l’occasione è quella perfetta per fare il grande salto che da sempre sognano a parole… ecco che lui svela senza delicatezza che intende chiudere ogni rapporto con lei, che non vuole suscitare pena per la sua malattia e si vuole allontanare.
E lo fa. Per tre lunghi anni.
Che cosa facciano entrambi non si sa, la scena cambia di poco, lui torna e lei lo riprende, perché è ancora sicura dell’amore che prova, perché lei è fatta così, ha il suo modo d’amare. Forse è il momento, pensa lei, e forse lo pensi pure tu che ascolti. 
E invece no.
Ancora tutto si ripete: l’uomo vive di eterei paesaggi e lei lo accontenta, ma la vita l’ha resa dura e allora ecco che lo attacca, che cerca di dargli una smossa ma lui resta lì impettito, quasi indifferente.
Resta fermo nelle sue posizioni, nella sua uniforme dipinta che lei fino ad allora aveva visto lucida e brillante, anche se è irrimediabilmente scalfita.
Poi, sempre senza spiegazione né una ragione plausibile, l’uomo cambia idea.
Decide che è il momento giusto per incontrarsi, ma deve fare i conti con il tempo trascorso.
Lui vuole vederla, viverla, incontrarla ma la donna non si lascia più imbrogliare dalle parole.
Il tempo aggiusta tutto, la distanza dà la giusta proporzione alle cose, fa vedere l’insieme, e lei ha capito. ha compreso dentro di sé che il silenzio di quell’uomo forse non nasconde dolore, ma è una porta sul vuoto.
Forse si è raccontato, (le ha raccontato), una storia che non ha nulla di vero.
L’apparenza inganna e lei adesso è lontanissima.
Ora è lei, l’irraggiungibile.
Io, narratore, adesso mi avvicino. Ho la marionetta della principessa in mano e la offro a te, lettore:
“Questa sei tu. Tocca a te averne cura, ridipingerla, verniciarla, darle nuovamente vita. Nessun altro lo può fare.”
Così facendo il cantastorie ti volta le spalle e, prima che tu possa dire qualcosa, sparisce oltre la quinta tesa tra due lampioni.

Fine.

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Una storia per chi la vuole

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