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Unionisti maoisti

Creato il 14 novembre 2013 da Patuasia

Unionisti e maoisti. Eggià è la seconda volta (potrebbe essere di più) che nella rubrica “Liberté d’expression”, sul Peuple, viene riesumato il pensiero di Mao: “Il faut avoir confiance dans le peuple, il faut avoir confiance dans le parti, ce sont là deux principes fondamentaux.”. Un pensiero che avrebbe potuto essere espresso anche da Stalin o da Hitler o da Mussolini o da Castro. Un pensiero nazionalsocialista. Alla base il popolo e al vertice il Partito, possibilmente unico. L’Union valdotaine è senza vergogna un partito nazionalsocialista e ha creato una società a sua misura. Strettamente sotto sorveglianza. A differenza degli altri nazionalismi, qui in Valle all’ideologia si è sostituito il denaro. Una mutazione inevitabile dovuta all’influenza liberale. L’ideologia è semplice folclore. Scenografia per gli sciocchi e i nostalgici del bel tempo che fu. La lingua di Molière fa parte di questa pagliacciata. (Anche al Congresso unionista tra le poltone della sala si parlava italiano e patois, ma sul palco era d’obbligo il francese.). Rivolin, lo storico del Mouvement, è preoccupato. Riconosce che solo pochi usano quotidianamente il francese, critica gli altri partiti che per scopi elettorali non lo usano e quindi contribuiscono al suo impoverimento. (Anche il suo giornale ha usato e usa l’italiano negli appuntamenti importanti). Invita le forze politiche a farlo proprio per difendere l’autonomia che ha bisogno di questa caricatura per continuare a essere e cioè per mantenere i suoi sempre più anoressici privilegi. Il nostro storico, non se ne accorge, ma sta facendo più o meno quello che il fascismo fece con l’imposizione della lingua italiana. Obbliga una lingua che nessuno usa. Eppure, dato che è uno storico, dovrebbe sapere che la storia più che a un masso somiglia a un fiume. Scorre. Trasforma. Crea. Distrugge. E ricrea. Impossibile fermarlo. La sua battaglia ideologica, quella suo partito, in difesa di una diversità che non c’è è già persa. Meglio sarebbe insegnare il francese per il suo utilizzo nel mondo che per difendere un’identità fasulla. Magari sarebbe sensato limitarne l’ insegnamento per irrobustire l’inglese, lingua assai più necessaria ai valdostani. Dopotutto in Cina, il paese del popolo sovrano e del partito unico, questo lo hanno capito da un pezzo.


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