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Unità: lo stanco mantra di Mellarini

Da Trentinowine

senza parole La delusione o qualcosa che sconfina con la stizza appare fin dall’incipit dell’intervista che Tiziano Bianchi ha fatto all’altro Tiziano, il Mellarini assessore al Turismo e Agricoltura della Provincia di Trento, riportata sull’Adige leggibile qui.
Voleva essere una risposta all’altra intervista di Bianchi al presidente dei Vignaioli trentini Nicola Balter anch’essa leggibile qui, ma ne è uscito un capolavoro di reticenza con i soliti annunci volti a prendere ancora tempo, quando questo è scaduto da un pezzo. Alla crisi, evidenziata fin dal 2008, le aziende stanno, infatti, rispondendo da par loro come possono, chi seguendo la domanda internazionale con i prodotti che sappiamo, chi inventandosi una politica di territorio testimoniata dalle realtà più piccole. Il “nostro” resta equidistante, auspica unità d’intenti come un mantra ripetuto fino allo sfinimento in attesa che la montagna partorisca un topolino, quell’ente unico “promozionale” che dovrebbe rilanciare il tutto. Dimentica due cose importanti, Mellarini: la prima è che il settore poggia su due pilastri, Promozione sì, ma anche Tutela che è il vero nodo da sciogliere; la seconda che ne consegue, è che questi due bracci operativi debbono far capo ad una sola testa e che, quindi, l’organismo “unico” cui mirare è quello interprofessionale incaricato sia della tutela che della promozione.
Sappiamo che l’interprofessione, per funzionare, deve essere “paritetica” fra i soggetti aventi causa e che la pariteticità si realizza in modo moderno mettendo attorno al tavolo i viticoltori, i trasformatori ed i commercializzatori. Singoli o associati che siano. Il Comitato vitivinicolo che ha retto le sorti trentine per 50 anni (1949-1999) era basato sulla parità fra aziende viticole, commercianti-industriali e cantine sociali; oggi il commercio-industria è largamente in mano alle cooperative che faticano a capacitarsi che le loro società di capitale andrebbero iscritte al comparto dei “privati”. Se così fosse, il tavolo tornerebbe a stare in piedi su tre gambe. Pretendere di dominare perché si ha la maggioranza della produzione d’uva ed anche la maggioranza del trasformato in vino e della commercializzazione è antistorico e miope. Sia perché si riducono le Cantine sociali di primo grado a meri centri di raccolta (con l’eventuale contentino di una mini commercializzazione dei loro marchi) in favore degli oligopoli, sia perché si spingono i Vignaioli singoli ad una politica di differenziazione con l’abbandono anche della tutela indotta dalla DOC. Una battaglia persa in partenza dove, sul terreno, resterebbe immobile (come in questi ultimi anni) proprio il territorio, ossia il Trentino.
Non avvedersi di questo, da parte di chi ha la responsabilità politica derivata dallo Statuto d’autonomia (questo sì da difendere e sancire) che affida alla PAT i compiti di indirizzo, coordinamento e controllo, ci pare grave al limite della denuncia urlata.
Raccontarci che la Mostra dei Vini di Trento a distanza di due mesi dall’inaugurazione è disposta ad accogliere suggerimenti per la sua migliore realizzazione è chiara ammissione di carenza d’analisi e mancanza d’idee; annunciare che all’imminente Vinitaly si “anticiperà il Piano di produzione e promozione del sistema vitivinicolo trentino elaborato dalle due commissioni provinciali” senza che questo sia prima stato condiviso dagli interessati è un azzardo che non prelude a nulla di buono. Vorremmo tanto essere smentiti dai fatti, ma le reticenze, i silenzi e l’autoreferenzialità cui siamo stati abituati negli ultimi anni ci inducono a pensar male ed a pensar male, diceva il gobbo nazionale, si fa peccato, ma ci si azzecca.

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