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Università col mal di test

Creato il 30 agosto 2012 da Albertocapece

Università col mal di testLicia Satirico per il Simplicissimus

Chi avesse voglia di cimentarsi con i test di ammissione alla facoltà di medicina può farlo online con l’esercitatore di prove ad accesso programmato (http://www.universitaly.it/simulatore/home.php). L’esercitatore mescola casualmente quesiti autentici presenti nei test dei passati anni accademici: l’idea che se ne ricava è che l’aspirante medico debba possedere talenti insospettabili, quasi new age.
La capacità logica è stata misurata, tra le altre, dalla seguente domanda: «L’ipotesi di Ronald E. Smith è che studenti molto ansiosi, se ridono durante gli esami, hanno prestazioni più brillanti. In quelli meno ansiosi non funziona». Il che significa, più o meno, che gli studenti poco ansiosi non hanno il senso dell’umorismo.

Mentre ci si interroga sull’humour del candidato che si sia imbattuto realmente in un quesito del genere durante una prova di concorso, si possono leggere domande sulle località geografiche separate in linea d’aria dalla maggiore distanza, indovinelli sulla storia della Chiesa e pure un quiz sulla filosofia taoista. Il brano da analizzare, incentrato sulla portata meditativa della respirazione profonda, parla di sapori dell’aria: mescola specchi d’acqua tranquilli con un vuoto pneumatico non fine a se stesso, ma «in funzione di un riempimento qualitativamente migliore». Apprendiamo, con un certo sgomento, che la risposta esatta è «l’affollarsi di una molteplicità di stimoli sensibili e cognitivi non è condizione ideale per apprezzarne le rispettive qualità».

Cosa c’entra tutto questo con la valutazione delle capacità di un aspirante medico? La domanda, che non è un quiz, se l’è posta Giuseppe Remuzzi, autore di 990 pubblicazioni su riviste internazionali e di 13 monografie scientifiche, primario di nefrologia e dialisi presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo. In una lettera al Corriere della sera, Remuzzi – messo in ginocchio dalla domanda sul taoismo – ha confessato di aver provato a fare il test con pessimi risultati: ben quindici risposte errate, tali da lasciar presumere che oggi l’illustre medico sarebbe bocciato in modo solenne ancor prima di avviare la sua carriera. Remuzzi lamenta sia la presenza di domande del tutto inutili che la mancanza di quesiti fondamentali, come quelli sull’attitudine del potenziale medico di comunicare con i pazienti sviluppando empatia. A meno che non si ritenga, ovviamente, che le capacità empatiche siano affidate al grado di panteismo taoistico posseduto dal candidato.

Il ministero, come già sappiamo, sta sviluppando un innamoramento crescente verso i quesiti a risposta multipla. Le aspirazioni di un’intera vita passano attraverso uno scanner che sancisce in modo spesso irrevocabile il destino di anni di studio, di passioni uccise sul nascere dal tao o da filosofi sconosciuti, dalla distanza tra Palermo e Sarajevo, dagli errori degli esperti: perché a volte le risposte giuste a domande peregrine sono ancora più deprimenti di quelle sbagliate.
La legge sul numero chiuso negli atenei è stata stroncata nello scorso giugno dal Consiglio di Stato, secondo il quale l’ammissione dei candidati dipende da fattori casuali e del tutto aleatori legati al numero dei posti disponibili in ciascun ateneo: nulla a che vedere col famoso merito sbandierato dal ministro Profumo. L’ultima parola spetta adesso alla Corte costituzionale, che dovrà presto esaminare la legittimità di una normativa rivelatasi come poche altre fonte di corruzione e di arricchimento indebito: molti corsi privati lucrano sull’ammissione, vendendola allo stesso prezzo di un rene sul mercato nero. Aumentano, del resto le indagini della magistratura sulla manipolazione dei test: l’ultima riguarda i quiz di ammissione alle facoltà di medicina e di odontoiatria degli atenei di Napoli, Foggia e Verona, quotati – a quanto pare – trentamila euro a candidato.

Restano, sempre più corposi, i dubbi espressi da Luciano Canfora sull’impoverimento culturale da test, sulla selezione da quiz, su un’idea bassa della cultura affidata a “onnipotenti analfabeti”. Sulla vicenda dei Tirocini Formativi Attivi tutto è naufragio: il ministero non ha trovato soluzione migliore che rendere pubblici i nomi degli esperti responsabili delle 419 domande errate presenti nelle varie classi di concorso. Nessuna ammissione istituzionale di responsabilità: Profumo dà la colpa alla Gelmini e la Gelmini, via Facebook, accusa i direttori del ministero di viale Trastevere. Nel frattempo è stato operato un faticoso ripescaggio di candidati furibondi con un’amnistia generale sulle 419 domande contestate, considerate corrette a prescindere dalla risposta. Per una nemesi eloquente, le oltre quattrocento domande senza risposta si sono trasformate in risposte senza domanda. La cultura è altrove, stropicciata, obsoleta e latitante in ogni sua forma. La cultura è antieconomica: richiede pazienza, dedizione, non dà risultati immediati, non è commestibile e produce finanche uno strano spread, che una volta avremmo chiamato – con linguaggio arcaico – dissidio tra reale e ideale.
Il taoismo prevede che lo spirito debba nutrirsi mediante l’esercizio di virtù morali e di uno stile di vita puro, basato sul riconoscimento delle proprie colpe e sul compimento di azioni meritorie. Forse la filosofia orientale non è sempre raccomandabile ai medici, ma ai ministri sì.


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