Magazine Diario personale

*** Uno con tutto quel mare.

Da Arthur

Canneto

“Quando tira ponente nel cuore…”

… l’anima si riscalda, perché vado alla ricerca di quel soffio che rimescola il mio modo di sentire e allora guardo il mare come per ritrovare me stesso che, nel frattempo, si era perso senza poter guardare il mare. Quante volte mi sono chiesto cosa avesse da raccontarmi, il mare, quante lotte, quanto dolore, magari quante gioie, quante verità in quel silenzio assorto e solitario; non aspetta altro che essere ascoltato, il mare, allora vedi sguardi che si perdono lontano, canti con voci fioche e rauche di terre nostalgiche e abbandonate, parole sussurrate per paura di far troppo rumore, parole che parlano d’amore, d’amore per il mare. In una notte d’estate, alla luce di una lampara, lasciandomi cullare dal dolce rumore delle onde che accarezzano la barca, alla ricerca di un pesce da pescare, guardo la luce riflessa e in mezzo, tutto quel luccichio, sembrano occhi che mi guardano, che hanno solo voglia di raccontare il mare; poi penso a quel pescatore Santiago, in lui tutto era vecchio, la pelle bruciata dal sole, le rughe come solchi profonde sul viso, le grosse mani tozze e piene di tagli, tranne i suoi occhi, che malgrado il tempo, erano rimasti azzurri, azzurri come il mare; ed è così che i miei occhi si sono persi in un orizzonte che non c’era, da solo sul pontile in un fresco mattino d’estate guardando il mare, più guardo e più sembrava di riuscire a vedere ancora tanto mare. Se penso a qualcuno lontano, lo penso in riva al mare e allora, è quel mare che ci separa e poi ci unisce, la risacca delle onde in riva al mare poi, poi seduto in riva al mare di sera, quando il sole si tuffa per diventare tutt’uno con il mare, sento di esserci dentro anch’io, uno con tutto quel mare.

Immaginate una casa con un tetto piano e una terrazza sopra rifinita come fosse un merletto pitturata di bianco con mani grossolane di calce viva, solo una grande, grossa porta di legno, con sopra tante mani di pittura sovrapposte che si vedono, l’una all’altra, dipinta malamente d’azzurro ed anche un po’ scrostata, e davanti la spiaggia di sassolini bianchi, piccoli, levigati e lisci, e verso la battigia, sempre più fini, con tante conchiglie colorate, che s’intravedono mischiate tra di loro; immaginate l’alba, aprire quella porta, vedere il mare così piatto che sembra quasi finto, i riflessi di luce che si specchiano nell’acqua, lontano due barchette che ritirano le reti, l’aria frizzante al punto che avere indòsso un maglioncino e tenere le braccia intorno al petto è solo voglia di sentire un po’ di caldo, affacciarsi e rimanere senza respiro, per quanto è bello e puro ciò che vedi; immaginate che sulla spiaggia, davanti alla casa, c’è una piccolissima piazzola fatta di sassi sistemati alla rinfusa, con sopra un tavolo lungo in ferro battuto arrugginito, con il piano di cristallo con delle macchie opache forse del tempo, sedersi per consumare un buon caffè, guardarsi negli occhi e senza dire parole sorridere al mattino felici di esser lì e allora, niente più affanni, niente più voglia di scappare, il sole sorge lentamente e lentamente anche il sorriso s’illumina d’immenso, rimanere seduti e non aver voglia più d’alzarsi, scoprire d’aver vissuto quel momento ma d’esserci dentro come se fosse nuovo.

Immaginate!

E dopo tanto comunicare, voglio concedermi un attimo di nostalgia pensando al mare. Sì, come direbbe qualcuno, un nostalgico ritorno.



Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog