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Vagiti di Trizia Pulpito

Creato il 09 febbraio 2012 da Edizionialtravista

La mistica sapienza pagana vuole che l’universo sia nato dal possente urlo di Thoth, il lunare dio-ibis egizio che accoglieva sotto la propria ala la sapienza, la scrittura, la magia, la misurazione del tempo, la matematica e la geometria, e la cui eco è ancora oggi percepibile come respiro stesso del Creato.

E dove se non nel vagito di un neonato quell’urlo diventa eco della ruota incessante, estremo proclama di chi “…nasce così / per gioco / mille tra milioni / – senza clamore – / occhi sgranati al mondo / …”?

Nel verso di Trizia Pulpito ogni anonimo protagonista delle vicende di questo nostro incomprensibile, meraviglioso pianeta, diventa protagonista inconsapevole di una vicenda unica ed irripetibile.

Poesia di vita (non potrebbe essere altrimenti) vissuta con marcati occhi di donna: la ricetta di Trizia gioca con i più banali pretesti dell’agire poetico, ma complice l’ispirato verso e la geometria non standardizzata della parola scritta proclama assiomi nei quali è semplice immedesimarsi, attinge a finti stereotipi per sancire l’UNICITA’ del proprio essere, pur riconoscendo la comune appartenenza di donna al sentire del quotidiano.

Un essere femminile “eterea vergine” maglia di una immarcescibile catena (“Madri parole tramandate/e figlie domani diranno/le stesse parole/e nuova progenie/dal fiocco rosato ripeterà...”) ma che “…nell’infinito oserà/l’immensa trasgressione di essere/SE STESSA”: piglio di fierezza affascinante col timore accennato del tempo, della sua ruota, ma col viso caloroso della certezza che, anche al cospetto della nostra caducità, “…angelo alle mie spalle vivrà/Nella stanza è ancora/calore”.

Mai l’umana mortalità viene esplicitamente evocata, ma la poetessa non può non ignorare che anche nei fanciulleschi “fragili primi passi di fragili vite” risiede l’amara verità: “non siamo che stelle di luce riflessa”.

Resta il fragore dello slancio amoroso, e allora la poesia si tinge di colori sanguigni che parlano il linguaggio floreale, o quello della miriade di sfumature dell’aere nel volgere pacato delle ore; ed è slancio carnale, l’anima candida e terrena degli amanti che, col cuore libero da assordanti “tuoni d’anima”, scopre la propria verità intrinseca: “siamo schegge di sole”.

Premessa di una nuova esistenza a venire, quando con un nuovo, prepotente “vagito l’immenso/rinasce”.

Angelo Curcio

Vagiti di Trizia Pulpito

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