Magazine Diario personale

Vai per la tua strada

Creato il 17 agosto 2014 da Perla

La realtà dell'altro non è in ciò che ti rivela,ma in quel che non può rivelarti.Perciò, se vuoi capirlo, non ascoltare le parole che dice,ma quelle che non dice.Kahlil Gibran
Va per la tua strada, le disse lui.Panico. Quale  strada? La sua, di strada, era stata  sempre un percorso ad ostacoli, sul ciglio di un precipizio. Un percorso  che aveva sempre fatto con il fiato in gola, con un piede che spesso scalciava nel vuoto per poi ritoccare terra; provava una sensazione di calma solo quando la voce di lui la cullava, una voce che le dava sicurezza in se stessa. Ma erano delle brevi pause, che le bastavano  però, le bastavano per poter chiudere gli occhi e provare a sognare un’altra vita, un’altra strada.Un atto di fede, sì lui per lei era un atto di fede. E la fede non contempla razionalizzazioni di sorta: si crede e basta. Ed ora doveva andare per la sua strada, da sola.Non versò una lacrima, nemmeno una. Non ne aveva più, tutte consumate nel tentativo di riabilitarsi  agli occhi della vita, senza mai riuscire ad abbandonarsi a se stessa. Eh già,  in lei c’era questa netta divisione tra il suo IO e il suo ME, una cosa  che le impediva di avere una esatta percezione del suo SÉ, nonostante si raccontasse molte volte storie di consapevolezza, di unione, di cognizione del proprio pensiero, dei suoi limiti. Era avvenuta una scissione, di quelle che gli strizzacervelli chiamavano disturbo della personalità, ma che per lei aveva un solo nome: paura. Da un giorno all’altro la paura si era impadronita della sua anima, paralizzando i suoi gesti, e così, da attore sociale principale sulla scena della vita, era scivolata al ruolo di comparsa, forse anche meno: tappezzeria. E la sua, di vita, aveva perso senso e prospettiva, aveva perso curiosità indignazione, luce ed ombra. Solo un continuo ed infinito grigio nebbioso, un paesaggio sempre uguale a se stesso.Poi l’incanto, di colpo, le aveva cambiato ogni visuale; come una raffica di vento impetuoso che spazza via le foglie cadute e dopo niente è più uguale: la voce di lui si era materializzata una sera di febbraio di tanti anni prima e non se ne era più andata. L’aveva accompagnata prima discretamente poi con sempre maggior frequenza, e lei le si era abbarbicata come una pianta all’albero di cui si nutre.Giorni di autentica felicità. D’accordo, una felicità un po’ surrogata, forzata, una love addiction la definirebbero quelli istruiti  ma pur sempre profumo di felicità.Poi, di colpo: vai per la tua strada.Quale strada? Il panico poco a poco si attenuò e lei cominciò a guardarsi attorno. Di strada c’era stata sempre e soltanto la sua. Dovette ammetterlo, aveva sognato. Lui non era mai esistito, era stata la sua mente a crearlo ed ora la creazione della sua mente la stava scacciando.Forse era arrivato il momento di riunire il suo IO ed il suo Me, forse era arrivato il momento di accettarsi così come era, con tutta la sua solitudine intorno. Forse era arrivato il momento di svegliarsi: i sogni, si sa, presentano conti molto salati se non li si sa ancorare in fretta.A te che sei comparso improvvisamente sui passi del futuroa te che hai preso la mia vita e ne hai fatto qualcosa di piùA te che hai sconvolto i miei orizzonti e i miei altrovea te soffio sorrisi che non arriveranno oltre la muragliaA te dico grazie anche se non cerco più il tuo viso tra i miei sogni.
Francesca

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