Magazine Attualità

Valore legale titolo di studio

Creato il 25 gennaio 2012 da Simonetta Frongia


Abolizione valore legale titolo di studio
Il governo con il decreto semplificazioni mira ad abolire il valore legale del titolo di studio, misura sostenuta già dall'ex ministro Gelmini. L'esecutivo Monti è infatti intenzionato a proseguire l'operato dei suoi predecessori in materia di università.
Il dibattito sull'abolizione del valore legale del titolo di studio è sicuramente complesso, sappiamo tutti che un “pezzo di carta” non è sufficiente per certificare le capacità di uno studente, la formazione oggi non avviene solamente all'interno dell'università. Siamo, anche, a conoscenza del fatto che la preparazione italiana non è omogenea in tutte le università, un studente laureato al Politecnico di Milano ha sicuramente più possibilità di trovare un lavoro di quelle di uno studente che si è laureato a Bari.
Proprio per questo però sono profondamente contraria all'abolizione del valore legale del titolo di studio proposta dal governo. Credo che l'abolizione del valore legale del titolo di studio non apra la strada ad una maggiore qualità dei processi formativi, ma anzi aumenterebbe la competizione tra gli atenei, creando atenei di serie A, dove studiare costerebbe moltissimo e atenei di serie B con costi molto più limitati, creando innanzitutto una differenza sia di formazione che di opportunità per quegli studenti, che avendo limitate risorse finanziarie e, badate bene non intellettuali, non possono permettersi costosi master o anche solo normali corsi di laurea in “prestigiose università”. In questo caso si creerebbero non solo scuole ma anche studenti di serie A e B, sarebbe una limitazione al diritto allo studio, e in qualche modo si ritornerebbe indietro di qualche decennio, quando la cultura, la formazione, la scuola tutta era in mano solo di chi aveva i mezzi economici.
Inoltre, chi sostiene l'abolizione del valore legale del titolo di studio la giustifica sottolineando come così si eliminerebbe il vincolo posto nei concorsi pubblici e la verifica del solo requisito di merito nella prova d'esame. Giova ricordare a tal proposito che nella maggior parte dei concorsi pubblici, il voto di laurea incide in misura estremamente minore rispetto alla preparazione mostrata dal candidato nel corso delle prove (scritta e/o orale). Propongo i merito un mio esempio personale: la mia laurea vale nei concorsi pubblici solo 3 punti, come una qualunque laurea generica anche quando partecipo in settori in cui dovrebbe essere considerata specialistica (settore sociale, educativo), mentre già da ora la laurea di un laureato in psicologia o giurisprudenza "vale" più punti della mia e, già questa mi sembra una discriminazione. Il diploma vale pochissimi punti, e anche l'esperienza fatta nel settore pubblico vale poco o niente, mentre l'esperienza fatta in campi differenti o nel privato non sono neppure prese in considerazione.
Un sistema che abolisce il valore legale del titolo rischia, grazie alla maggiore discrezionalità all'interno delle procedure concorsuali (tradotto: meno trasparenza) di far passare candidati meno preparati ma che sono avvantaggiati non per le loro esperienze professionali ma per amicizie o le relazioni di cui godono, questo problema nel nostro paese esiste da sempre ma senza la tutela di un valore legale del titolo di studio, possiamo presumere che si amplierebbe notevolmente.
Confindustria da tempo sostiene l'abolizione del valore legale del titolo di studio proponendo di sostituirlo con un meccanismo di accreditamento capace di garantire i contenuti dei titoli. Ma chi dovrebbe essere garante di questa prassi? Forse qualche agenzia indipendente e privata? Crediamo che nessun ente privato possa valutare i requisiti minimi dei corsi di studio.
Abolizione legale del titolo di studio, significa che un ragioniere potrà fare il geometra e che un corso di studio equivale ad un altro, almeno che una agenzia specializzata o un corso post diploma legalizzi il titolo, renda cioè geometra il geometra e ragioniere il ragioniere, fermo restando che il geometra può liberamente partecipare alla prova/esame o al corso svolto da queste agenzie indipendenti per dare valore reale al titolo del ragioniere e viceversa per il ragioniere che vuole fare il geometra. Il punto centrale del dibattito diventa allora, non quello di preparare nelle scuole dell'intero territorio nazionale geometri con tanto di strumentazione in grado di usarla, ma diplomati, portatori di un titolo di studio fruibile per tutte le occasioni e spendibile nella sua specificità solo se un Ente, o una scuola abilitata allo scopo, lo rende tale. Quindi la questione è anche un'altra: ci sarebbe tutto l'interesse di creare scuole pronte a rilasciare un passaporto qualunque (probabilmente private, anche se diciamolo anche questo é un problema che attanaglia già l'Italia), mentre non si avverte l'utilità di mettere l'avvocato (anche la laurea perderebbe il suo valore legale) in condizione di specializzarsi in odontoiatria, seppure dopo avere superato un corso/ concorso/ prova/ abilitazione/o altro.
Ma poiché un titolo equivale ad un altro, essendo per esempio il diploma, preso a Cagliari senza alcun valore legale rispetto a uno simile preso a Bolzano, calmiere nella scelta di una determinata figura professionale potrebbe essere la scuola di provenienza, non già il suo specifico valore che deve tenere conto del voto e delle altre componenti giuridiche e legali. I sostenitori dell'abolizione del valore legale del diploma, e della laurea, spingono proprio su questo punto, proprio perché in questo modo sia gli atenei e sia le scuole si farebbero concorrenza fra loro per rendere i propri studenti più geometri degli altri e più ragionieri degli altri, dal momento che sarebbe il mercato a selezionare i veri e più in gamba professionisti del settore. (Ricordo che esiste già questo tipo di concorrenza ed esiste anche una graduatoria delle scuole e degli atenei migliori o peggiori in base a degli standard puramente matematici o già parlato di questo in altri post, inserisco i link: http://pedagogikapress.blogspot.com/2011/10/riduzione-dei-bocciati-e-premi-di.html)
Secondo questa proposta, compito dello Stato per de legalizzare il titolo di studio é quello di stilare una graduatoria delle scuole migliori e delle università migliori (già fatto, per altro!) in modo che quando ha bisogno di personale per le sue amministrazioni centrali o periferiche assegni i punteggi per partecipare al concorso non in funzione del voto, che mette sullo stesso piano tutte le scuole e le università, ma in relazione alla provenienza del candidato. Una scuola catalogata dalla Invalsi (o dall'Anvur) 100 garantisce che i suoi geometri (avvocati per le università) sono al top della preparazione per cui già in partenza sarebbero preferiti, rispetto ad altri provenienti da scuole, o università con un giudizio, un punteggio, inferiore.
Punto di forza di questa liberalizzazione sarebbe la concorrenza che le scuole e le università sarebbero costretti a farsi per raggiungere le vette nelle graduatorie stabilite dagli istituti di valutazione. Ecco in poche parole se io ho studiato ad esempio a Bologna che é considerata la prima università italiana tra le maxi, sono a priori considerato più bravo/a di chi ha studiato ad esempio a Cagliari che pure é tra le grandi (e non tra le maxi e non al 1° ma al 9° posto), la provenienza é il punto focale e non il voto o la vera preparazione. Inoltre esiste anche all'interno un'altra graduatoria che mi dice quali sono le migliori facoltà e in quale Ateneo, quindi se mi laureo in veterinaria a Padova sarò un ottimo veterinario se mi laureo a Sassari sarò uno sfigato.
Allora se il punto focale è la concorrenza tra scuole e tra università e, la libera circolazione di studenti e professori che potrebbero essere assunti in odore di lauti compensi o per "segnalazione", e visto che ogni titolo equivale ad un altro dato che poi posso fare come accade nei paesi anglofoni e americani mille corsi specialistici per fare questo o quel lavoro, allora mi chiedo perché non si cambia tutto il comparto scuola? Perché mi devo diplomare al geometri, o al linguistico o al pedagogico se poi un titolo equivale all'altro? L'Italia è l'unico paese che ha mille indirizzi scolastici in base alla specializzazione che si vuol prendere, specializzazione che si pensava ingenuamente potesse essere spendibile nel mondo del lavoro, ma se non è più così, allora non ha senso avere mille indirizzi. Avrebbe più senso riformare la scuola (come nei paesi anglofoni e americani, appunto) e aprire una scuola di tipo "generico" in cui lo studente si prepara un piano di studi personalizzato, dove in base ai propri interessi ed inclinazioni decide cosa studiare e cosa no. Mentre oggi si pretende che un ragazzino di 13 anni decida il percorso di studi che segnerà la sua vita, scelta che viene richiesta in un periodo in cui il minore avrebbe tutto il diritto di cambiare idea. Se invece mi iscrivo ad un percorso di scuola generico dove mi sia data l'opportunità di frequentare qualsiasi tipo di corso e di cambiare idea durante il percorso di studi è molto più probabile che si sia più inclini a seguire le proprie inclinazioni che evidentemente a 13 anni non possono essere chiare date che questa consapevolezza di solito si raggiunge intorno ai 15/16 anni per un problema di semplice maturità psicologica.
Ancora, allora si elimini anche la scuola media che come scuola di transizione non avrebbe più senso di esistere. Se il cambiamento ci deve essere deve essere totale. Sino all'altro giorno ci hanno raccontato la favola della specializzazione, oggi siamo al generico. Inoltre si dice che l'esperienza dovrebbe far curriculum più del titolo ma ricordiamo che in un paese come il nostro spesso è difficile trovare un lavoro con un titolo figuriamoci senza, bisogna costruire un sistema che dia nuove opportunità.  Un'ultima, irriverente, osservazione, forse molti di coloro che propongono l'abolizione del valore del titolo di studio si dimenticano che oggi ricoprono posti di potere grazie ad un titolo di studio e, non certo perché hanno fatto i lavapiatti in un ristorante qualunque, ma già dimenticavo molti di questi provengono dall'università di Bologna o dal politecnico di Milano non certo dall'università di Cagliari, Catania o Bari,  ...oops!  In ultimo: occorre avvisare i milioni di studenti e le loro famiglie che il prossimo 20 giugno affronteranno le prove della maturità e con loro i prossimi laureandi che probabilmente il loro titolo non avrà valore! Altra svista!
 ****
Inserisco il link sulla classifica degli atenei statli del Censis: http://www.censismaster.it/file/classifica_atenei_statali
ed, il link sul dossier  Il valore legale del titolo di studio   Contesto europeo ed elementi di legislazione comparata: http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/studi/2011/Dossier_280.pdf
Buona lettura.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :