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Van Gundy e la rivoluzione che attende i Pistons

Creato il 09 agosto 2014 da Basketcaffe @basketcaffe

Il 14 maggio 2014, in casa Detroit Pistons si è chiusa l’era di Joe Dumars. Dal 2000, in quattordici anni, l’ex MVP delle Finals nel ruolo di GM ha forgiato squadre che hanno ottenuto risultati ottimi (titolo 2004 e sei finali di Conference consecutive), ma da un po’ di tempo a questa parte le cose non andavano più come una volta. Sono infatti cinque gli anni che separano i Pistons dalla loro ultima apparizione in post-season. Si è perciò deciso di affidare non solo la panchina, ma anche il ruolo di GM a Stan Van Gundy, iniziando una sorta di rivoluzione non solo tattica ma anche culturale della franchigia.

Le prime mosse dell’ex allenatore di Heat e Magic sono state quelle di mettere sotto contratto un gran numero di tiratori: Meeks (37,6% da tre in carriera), Cartier Martin (38,3%) e D.J. Augustin (37,7%). Nel reparto esterni sono state aggiunte anche l’esperienza e la versatilità di Caron Butler che negli ultimi quattro anni ha tirato col 39,2% da tre. L’idea era ed è quella di ricreare gli Orlando Magic che Van Gundy ha portato alle NBA Finals nel 2009, con Drummond a fare le parti di Howard nel ruolo perno centrale attorniato da quattro esterni pericolosi dietro l’arco. Sarebbe però quantomeno utopistico e fuori luogo pensare di poter trasformare in una sola estate una squadra che solo l’anno scorso era penultima nell’intera Lega per percentuale da tre (32,1%) in una squadra che ricalchi gli Heat e i Magic vangundiani, che assestavano le loro percentuali dalla lunga distanza intorno al 37-39%.

Jodie will be rocking the number 20 for the #Pistons. @Jmeeks20 pic.twitter.com/NFJqI7H8Ec

— Detroit Pistons (@DetroitPistons) 14 Luglio 2014

I problemi per effettuare una tale metamorfosi hanno dei volti ben precisi, che rispondono ai nomi di Josh Smith e Greg Monroe, due giocatori che nulla hanno a che fare con il sistema di gioco di Van Gundy e che di conseguenza sono e sono stati al centro di vari rumors di mercato, seppur le loro situazioni contrattuali siano ben diverse. Monroe è un restricted free agent ed è stato accostato a numerose squadre (Lakers e Heat su tutti), ma le sensazioni che si hanno è che nessuna abbia avuto fino ad ora reali intenzioni di offrigli un contratto, ed è per questo che si era vociferato di un sign and trade che lo coinvolgesse. Diversa è la situazione di Smith, che è sotto contratto fino al 2017 e per il quale si è tentato di imbastire una trade con i Kings senza però concludere nulla. Van Gundy ha recentemente dichiarato che entrambi rientrano nel progetto tecnico e che non vuole vederli partire, lasciando tutti un po’ di stucco. Lui in primis sa che Monroe e Smith sono due notevoli palle al piede nella crescita della squadra, e le parole rilasciate sembrano le più classiche affermazioni di facciata mentre si cerca di trovare un modo per liberarsi di loro.

Monroe e Smith non sono i soli problemi di Van Gundy, in molti hanno criticato i 19 milioni in tre anni dati a Meeks, giudicandoli eccessivi. Se dal lato dirigenziale l’avventura non è iniziata nella miglior maniera possibile, dal punto di vista tecnico ci sarà un rimescolamento di ruoli e gerarchie che ogni giocatore dovrà sapersi conquistare. Ciò non potrà che fare bene al nostro Gigi Datome, che aveva esattamente bisogno di un nuovo allenatore per avere quantomeno l’opportunità di dimostrare qualcosa sul parquet, cosa che non gli è stata permessa da Cheeks e Loyer. Si ripartirà da Jennings (adatto a Van Gundy? Qualche dubbio aleggia anche qui), Caldwell-Pope, le nuove aggiunte e soprattutto da Drummond, il vero faro della squadra, il volto presente e futuro dei Pistons. Dopo anni di bassifondi, Detroit si è affidata in tutto e per tutto ad un maestro del gioco, che porterà una ventata di novità necessaria per una franchigia che rischiava di finire nell’anonimato. Sarà un processo lungo, ma vale la pena di assistervi.


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