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Vecchi, persi nel mondo

Creato il 05 luglio 2012 da Cren

Vecchi, persi nel mondoUn amico ha visitato un ospizio a Ulan Bator (Mongolia) ed è rimasto impressionato dal degrado in cui versavano i ricoverati. Una vecchia costruzione sovietica, mal tenuta con i vecchi lasciati a marcire nei letti. Soluzione peggiore che vivere nelle yurta con la famiglia ma, mi racconta, nelle città e anche nei villaggi spesso ciò non è più possibile. Le condizioni degli anziani sta diventando un problema in tanti paesi che non hanno sistemi pensionistici né sono strutturati per l’assistenza sanitaria.

In Nepal, nei Mandap (dormitori) intorno a Pashupatnath (come il Pashupati Bridrashram uno dei pochi ospizi del Nepal) albergano tante anziani giunti fino lì per l’ultima benedizione nelle acque del Bagmati e per morire in un luogo sacro. Si stima che solo 1500 anziani siano ospitati in centri geriatrici. Gli anziani sono dimenticati ovunque. L’impressione girando per i paesi dell’Africa e dell’Asia è che siano paesi pieni di giovani (e i dati lo confermano) ma anche lì sta crescendo il numero degli anziani, grazie al miglioramento generale delle condizioni di vita e alla diminuzione delle nascite (il tasso di fertilità in Nepal è passato da 4,5 a 2,6 negli ultimi 20 anni). Nel mondo si pensa che la popolazione anziani diventerà il 16% nel 2060 contro il 7% di oggi.

 Un tempo vivevano nel loro nucleo sociale, nel villaggio dove avevano un ruolo e uno scopo. Seduti presso le case o nel tea bhatti parlavano, scambiavano esperienze, fungevano da libri di storia per i più giovani. Quando il rakshi cresceva raccontavano storie incredibili, inventate e fungevano da televisione. Le donne, sedute sui gradini delle case, tessevano la lana, spidocchiavano i bambini, tenevano appese al collo le chiavi dei forzieri di famiglia. Ancora oggi, fortunatamente, è la situazione dominante (il 75% degli anziani in Nepal vive con la famiglia) ma tutto sta cambiando. L’urbanizzazione sta distruggendo questo equilibrio e anche nel mondo contadino (frammentato dalle migrazioni e dalla povertà), gli anziani perdono ruolo e utilità, diventano un peso.

In Nepal gli anziani (oltre i 65 anni) sono raddoppiati (2001 4,6%; 2011 9,1%) e lo stesso trend è segnalato in tutti i paesi più poveri. Anche in questo segmento della popolazione, gli ultimi anni hanno provocato immense divaricazioni d’opportunità fra i garantiti (la minoranza, media 20% di chi ha\avuto un lavoro formale) e la massa impiegata nei cd. lavori informali. Chi ha potuto ha avuto accesso alla previdenza integrativa pagata dal datore di lavoro, a schemi d’assistenza privata sanitaria o ha accumulato patrimoni per la vecchiaia. In Nepal chi ha lavorato nel settore pubblico intorno ai 63 anni può godere di una pensione (nella polizia e militari a 58) che raggiunge l’80% del salario percepito. Chi ha fatto il risciòmen, il contadino, il portatore, il venditore in strada o le vedove può accedere a una pensione di povertà (oltre i 70 anni) di Nrs 500 mensili (euro 5). Dati i salari e le pensioni, qui come ovunque nei paesi più poveri, il carico degli anziani pesa sulle famiglie.

Lo stesso avviene negli altri paesi  asiatici dove si è cercato di creare una previdenza universale con pochissime risorse e solo per i più poveri. In Bangladesh è previsto il pagamento di 150 Taka (euro 2) al mese per I poveri sopra i 57 anni. Trattamenti analoghi in India e Thailandia ma con coperture di solo per il 14% degli anziani. Uno schema simile sé stato introdotto in South Africa e Senegal e si sta testando in Botswana, Mauritius, Namibia e Mozambico.  Altro discorso, in situazione sanitarie disperate, è l’accesso gratuito, pur stabilito in molti paesi sulla carta, alla sanità e alle cure mediche. Se qualcuno ci pensasse sarebbe bello tornare indietro e fare in modo che gli anziani se ne stiano nei villaggi, magari agevolando le famiglie io creando piccole case locali a questo scopo. Un idea per l’asfittica industria dell’assistenza.

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