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Vecchie e nuove regole – considerazioni

Creato il 09 novembre 2012 da Propostalavoro @propostalavoro

Vecchie e nuove regole   considerazioniCome più volte ribadito, nei precedenti articoli, dal 1 gennaio 2013 entreranno in vigore le nuove regole sugli ammortizzatori sociali, stabilite dalla riforma Fornero: riformato il sussidio di disoccupazione, eliminata l'indennità di mobilità, sostanzialmente invariata la cassa integrazione. Manca poco, eppure, i problemi da risolvere, prima che l'Aspi entri in vigore, non sono roba da poco.

Partiamo dal fatto che, l'obiettivo di creare un unico ammortizzatore sociale universale, è sostanzialmente sbagliato. Il motivo è semplice:  piaccia o no, nel mondo del lavoro esiste una discriminante fondamentale, chiamata età. Quante possibilità ha di trovare un posto di lavoro un disoccupato alle soglie dell'età pensionabile? Un'azienda, soprattutto in tempi di crisi, assumerebbe un lavoratore, sì specializzato e con enorme esperienza, ma economicamente più costoso, tecnologicamente più arretrato e meno motivato di un giovane che. pur di fare esperienza, è disposto ad accettare uno stage gratuito? In una ristrutturazione aziendale, che inevitabilmente porta a dei licenziamenti, sono proprio i lavoratori più anziani i primi obiettivi dei tagliatori di teste ed è proprio per questo che il sistema della mobilità lunga, che favorisce uno scivolo per la pensione, è così utile e così diffuso. Aver ignorato questo problema, oggi ha portato al pasticcio esodati, mentre domani, con l'entrata in vigore delle nuove regole, che cancellano la mobilità, ci regalerà centinaia di migliaia di disoccupati troppo vecchi per essere assunti da altre aziende e troppo giovani per la pensione. Le conseguenze sociali rischiano di essere gravissime.

Altro problema riguarda le questione delle dimissioni volontarie che, come sappiamo, precludono l'accesso a qualunque ammortizzatore sociale. Questo, però, non vale nel caso delle dimissioni per giusta causa: la normativa attuale, infatti, prevede che possano usufruire del sussidio di disoccupazione anche quei lavoratori che si sono dimessi per gravi inadempienze da parte del datore di lavoro (mancato versamento dello stipendio o dei contributi Inps, ad esempio) o per atteggiamenti discriminatori (molestie sessuali, atteggiamenti razzisti, comportamenti violenti o vessatori). Di questa casistica non c'è traccia nell'Aspi; di conseguenza, il lavoratore discriminato (ad esempio, le donne molestate dal loro principale) rischia di trovarsi senza via d'uscita: o un posto di lavoro invivibile o la disoccupazione da affrontare senza nessun aiuto. E questi che vi abbiamo riportato sono solo i problemi più evidenti, ma ve ne sono molti altri nascosti nelle pieghe della legge (ad esempio, nel caso in cui il disoccupato, che riceve il sussidio di Aspi, porti avanti una collaborazione occasionale di lavoro, come un blogger che scrive occasionalmente articoli a pagamento, il sussidio può essere ridotto, tramite una procedura molto complicata).

Per il resto, di tante promesse fatte (che fine ha fatto, ad esempio, la proposta della "formazione continua", cioè dei corsi professionalizzanti obbligatori per i disoccupati in regime di Aspi?), l'unica mantenuta è l'aumento del periodo di fruizione del sussidio. Veramente troppo poco, per definirla una riforma epocale a favore dei lavoratori.


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