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Venezia 71: “Pasolini” di Abel Ferrara (Concorso)

Creato il 05 settembre 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 2014

Distribuzione: Europictures

Durata: 86′

Genere: Biografico

Nazionalità: Belgio, Italia, Francia

Regia: Abel Ferrara

Data di uscita: 25 Settembre 2014

Abel Ferrara è riuscito solo dopo molti anni da quando gli era nata la voglia e la necessità a dare forma filmica al suo Pasolini, essere che non poteva certo sfuggire al flusso onirico e visivo dissacrante e poetico di un grande cineasta e uomo pieno di tensioni inquiete quale Ferrara è. La grande eredità intellettuale, politico-sociale e umana di Pier Paolo Pasolini è un vuoto incolmabile, sempre più incolmabile man mano che l’agonia del nostro Paese si consuma e ci consuma. E Ferrara (insieme allo sceneggiatore Maurizio Braucci) sceglie di accostare questo poeta, letterato, intellettuale, regista, nella sua dimensione strettamente umana, affrontando il suo ultimo giorno di vita.

Tra privato, lavoro, passioni e COMPASSIONE (sentimento, quest’ultimo, fondamentale nel tratteggio umano che Willem Dafoe, nel rivestire i panni di Pasolini, rende egregiamente), la macchina da presa scagliona la giornata di Pier Paolo tra realtà e immaginazione, dentro le tracce visive di Salò e nell’intervista concessa ad una tv francese, nelle porzioni del suo romanzo incompiuto Petrolio, dominato dalla figura di ambigua di Carlo (per cui Pasolini ha assoluto disprezzo), ingegnere della borghesia torinese costruito nella ossessione del doppio: Carlo di Polis, camaleontico e sociale nella festa del potere, dove accosta viscidamente personaggi subdoli tra cui un Salvatore Ruocco che ben lega in postura e stoffa recitativa all’ambiente lo spettro dell’Eni. Carlo di Tetis, diabolico e lascivio nella orgia orale omosessuale. E il film mai realizzato Pornoteokolossal, con un Re Magio (Ninetto Davoli) di nome Epifanio che insieme al suo servitorello Nunzio (Riccardo Scamarcio) parte per seguire la Stella Cometa che annuncia la nascita del Messia…Credendo di raggiungere un fine, si scopre la realtà così com’è, senza alcun fine.

pasolini abel ferrara

Se il punto di vista dal quale focalizzare Pasolini è stato correttamente centrato, e convince la porzione privata, intima della vita di Pasolini nella ricostruzione dell’ambiente familiare, del rapporto con amici fondamentali come Laura Betti (anche se Maria de Medeiros non riesce a coglierne né fisicamente né interpretativamente l’essenza), Ninetto Davoli (la scelta di Riccardo Scamarcio nel ruolo pare più legata ad esigenze produttive), con la madre (un’Adriana Asti anch’essa non perfettamente empatica in un ruolo decisamente centrale e delicato), nelle relazioni con la ‘stampa ufficiale’ tra polemiche e poetica pasoliniana di quell’ultimo periodo nell’intervista concessa a Furio Colombo, nelle relazioni umane dentro una Roma tana dei lupi politica e sociale dell’ultima sera, scandita dalle tappe al Pommidoro a San Lorenzo, al Biondo Tevere a Ostiense, all’idroscalo di Ostia… La commistione tra realtà ed immaginazione fa fatica a sprigionare energia, forza visiva ed intensità. Tutto resta in superficie, poche cose si attaccano dentro, restandoci. Specie la porzione immaginativa appare affaticata, stanca, priva del guizzo che il Ferrara dei tempi addietro sapeva magistralmente rendere. Anche nelle fette visive più trasgressive (come la scena della ‘orgia’ della fertilità) manca quel superamento di confine capace di scuoterci (una grande grazia di Abel Ferrara di un tempo).

Il film uscirà purtroppo doppiato in Italia, privando chi lo vedrà di una riuscita sensibilità linguistica: nella versione originale i personaggi parlano prevalentemente in Inglese, e questa scelta, nata dall’esigenza di avvicinare Dafoe il più possibile all’essenza di Pierpaolo nel renderla attraverso la propria madrelingua, non con le parole di un Italiano di cui non potrebbe mai esserne completamente padrone, avvicina tantissimo la comprensione ‘animistica’ del Pasolini ferraniano. Questa compassione su se stesso e sul mondo, questo sguardo che Dafoe ci restituisce, emblematicamente espresso quando osserva il suo giovane carnefice affamato intento a mangiare nel ristorante dove gli offre la cena, è la vera luce che il Pasolini di Ferrara riesce a produrre.

Maria Cera


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