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Venezia intorno al carnevale

Creato il 14 aprile 2011 da Arte_nella_vita
Cacciatori d'arte in maschera
Ci siamo trovati a Venezia durante il carnevale dentro alla corrente che scorreva da piazzale Roma verso piazza S.Marco, irriconoscibili (ma chi ci conosceva?) sotto le nostre maschere e mantelli.
Eravamo partiti da Perugia in gita organizzata con un libro e degli appunti, le indicazioni che due amici veneziani ci avevano dato, ciascuno caldeggiando il suo sestiere. Così, ad una biforcazione della via, abbiamo abbandonato il fiume di persone imboccando il ramo minore verso il Sestiere di Cannaregio.

Venezia intorno al carnevale
A poco a poco i passanti si diradavano ed eravamo indifesi nel silenzio e nell'incanto dei canali, il sorprendente raddoppiarsi dei muri e del cielo, cui noi, gente di terra, non siamo abituati. Tutto dà un'impressione di eleganza, e nelle trine preziose che i riflessi dell'acqua ricamano in armonia con la grazia delle finestre incorniciate sembra di riconoscere uno spartito di Vivaldi, la stessa generosità giocosa e incantevole.
Venezia intorno al carnevale
Cannaregio ci era stato "raccomandato" da Mariano Sartore, amico urbanista innamorato della sua città. E' anche un ottimo fotografo, e presto vi faremo vedere in questo sito alcune delle sue belle immagini (Valencia e altro ...).

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Dietro questo muro un po' misterioso che costeggia il rio c'è la casa di Mariano

Mentre attraversiamo un ponticello e ci fermiamo come sospesi, un canoista ci vuole fotografare e noi facciamo altrettanto. Si chiama Emilio Rigatti, avventuroso scrittore e sportivo coltissimo, che ha poi raccontato la sua pagaiata per i canali a Turisti per Caso.
Divertente e azzeccata la sua definizione che coglie in pieno lo spirito con cui ci trovavamo a Venezia: "cacciatori d'arte mascherati".
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Venezia intorno al carnevale

Arriviamo alla Chiesa della Madonna dell'Orto, già di S. Cristoforo, come attesta la scultura sul portale, opera di un artista toscano, come pure le statue dei dodici apostoli sulla facciata. Ma all'interno trionfano i colori veneziani, Cima da Conegliano, Palma il Vecchio e soprattutto il Tintoretto.
Era la sua chiesa parrocchiale e lì fu sepolto dopo aver profuso il suo genio in opere immense che tolgono il respiro. Nel presbiterio c'è il Giudizio Universale, turbinosa cascata di figure umane nel momento ineluttabile in cui tutto si compie. Altrettanto grande (14,5 X 5,9 metri) e stupefacente è la scena luminosissima della Consegna delle Tavole della Legge a Mosè. Ma la tela che ci ha commosso è la Presentazione di Maria al Tempio, figura delicata di bambina che sale da sola i quindici scalini simbolici del tempio in una luce dorata e misteriosa. Confesso che non avevo mai sentito il fascino del Tintoretto, ma qui nella sua città, ho riconosciuto la luce mobile e baluginante che si riverbera dai suoi canali, il guizzare della luce che scolpisce i colori in forme dinamiche.


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Tintoretto: Presentazione al tempio, particolare (1553 ca.)

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Tintoretto: Miracolo di S.Agnese, particolare (1575)

Mentre ammiravamo il volo in picchiata degli angeli in azzurro verso S.Agnese (v. foto qui sopra), il resto dei perugini cercavano di vedere il "volo dell'angelo" carnevalesco nel pigia-pigia di piazza San Marco. La sera erano stremati. Noi eravamo invece frizzanti come vino novello, esaltati dalle scoperte del giorno.
Altro gioiello di Cannaregio è la chiesa di S.Lodovico detta di S.Alvise il cui campo spazioso era utilizzato per accanite partite di pallone, esplicitamente proibito, insieme alla bestemmia, da un'epigrafe sulla facciata.
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L'interno è di una impressionante ricchezza, dall'audacia del soffitto affrescato come un tempio sovrapposto, alle stupende tele del Tiepolo, drammatiche ed esaltanti allo stesso tempo, e alle tante altre interessanti opere che ricoprono ogni spazio delle pareti.
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G.B. Tiepolo, Salita al Calvario (1740 ca.)

Seguendo la ormai spiegazzata cartina della città, ci siamo trovati davanti ad un edificio che sembrava uno scrigno, S. Maria dei Miracoli con i sui disegni rinascimentali di marmo prezioso e splendente. Anche l'interno è uno spazio di pura bellezza racchiuso dalla volta ricamata d'oro e i marmi delle pareti.
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In cima alla scalinata verso il presbiterio, sulla balaustra, le due lucenti statue dell'Angelo annunciante e della Madonna di Tullio Lombardo (ca. 1489) si parlano e non si può evitare di partecipare al loro dialogo divino passandoci in mezzo.
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Che dire? Tornando verso piazzale Roma eravamo quasi senza parole, intenti a conservare quelli che erano già ricordi. Ma l'arte ha di peculiare il suo diventare esperienza e, anche nella perdita dei particolari, ne resta il senso profondo.


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Clic per vedere l'ALBUM con tutte le foto del Sestiere Cannaregio

La nostra gita era, diciamo, spartana. L'autobus alle 18 già ci aspettava per portarci in un paesello lontano lontano dove c'era l'albergo. Carino e confortevole, in verità, ma la cena metteva tristezza. Fortuna il "pan co' l'onto" e un liquore, il Sagrantello, di nostra creazione, che ha messo in circolo un po' di verve (non chiedeteci la ricetta: va ancora perfezionato).
*   *   *
La domenica, appunti alla mano, l'abbiamo dedicata al Sestiere di Castello. Qualificatissimo, come guida, anche Mimmo Coletti, scrittore e critico d'arte, non ci avrebbe deluso. Questa volta abbiamo preso il traghetto bypassando Piazza S.Marco e la Riva degli Schiavoni dove una ininterrotta e coloratissima teoria di persone e maschere si incrociavano graziosamente. Le mamme si erano sfogate a camuffare i bambini da animali pelosi (per divertirsi alle loro spalle? Per esprimere un giudizio camuffato da tenerezza?). Le bambine erano riuscite a farsi vestire da principesse, invece.
Abbiamo percorso il deprecato stradone napoleonico (che oggi porta il nome di via Garibaldi) e ci siamo introdotti da clandestini felici nel cuore del sestiere. E di cuore si può parlare, camminando per calli anguste sotto festoni di panni stesi tra un muro e l'altro e incontrando qualche rara e bella maschera ignota alle bancherelle, ed anche gruppetti di signore anziane che passeggiavano ciacolando e tenendosi sottobraccio (da noi stanno sottobraccio solo alle o ai badanti).
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La nostra meta era la chiesa di S.Pietro di Castello che era stata la prima cattedrale di Venezia. Percorsa la calle Drio el Campaniel si apre il campo con la torre imponente e vistosamente inclinata, bianca come la facciata disegnata da Andrea Palladio. Gioiosi e stupiti, pregustiamo i capolavori che ci aspettano all'interno... E invece è irreparabilmente chiusa! Ma noi, nascondendo in un sorriso la delusione, entriamo nel pittoresco chiostro del palazzo Patriarcale.
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Attraversiamo il ponticello di San Piero e ci addentriamo in un labirintico percorso tra case quattrocentesche un tempo abitate dagli artigiani. Gli scorci sulle calli e i canali sono bellissimi senza essere grandiosi e ornati.
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   Dà un'impressione di potenza l'Arsenale, che, fondato nel 1104, nella sua crescita racconta l'espandersi dei cantieri e dei magazzini della Serenissima. Buffo l'effetto delle barche attraccate al muro, senza accesso di sorta. Ci è stato spiegato che vengono raggiunte con un canottino. Ovvio, no?
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Proseguendo ci imbattiamo nella calle Gritti, nome dato da Mimmo Coletti al protagonista dei suoi romanzi, e in un'insegna di ferro "la Corte Sconta", bacaro cioè osteria storica, che lui ci aveva consigliato per pranzare nel modo più squisitamente veneziano. L'ora è giunta e entriamo. Un posto grazioso e intimo con un menù rocambolesco per noi stranieri. Pesce nei modi più garbati immaginabili. Indimenticabili i ravioli di carciofo al sugo di astice e la pasta nera con le capesante.
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Riprendiamo godendoci tutto il tragitto per la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni. Anche l'esterno e il campiello sono fascinosi con il San Giorgio di pietra ritto sulle staffe per colpire il drago.
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All'interno, le tele di Vittore Carpaccio sono meravigliose anche nella scarsa illuminazione. Il bigliettaio e custode è un incredibile conoscitore di ogni simbolo e dettaglio e farne conoscenza è stato un onore.Carpaccio disorienta: Le scene sono piene di dettagli accuratissimi e aderenti alla realtà del suo tempo come scarpe, strumenti, abiti e tonache, copricapi, interni ed esterni di edifici, ma il racconto evoca l'incanto delle favole e molti oggetti mascherano un intento simbolico dietro a quello descrittivo e si combinano a formare un ricamo incantevole appoggiato sulla superficie smaltata dei colori.

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Vittore Carpaccio: San Giorgio e il Drago (1502)

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Vittore Carpaccio: San Girolamo e il leone (1502

Immagini dei teleri di Carpaccio presenti nella Scuola di San Giorgio si trovano, insieme ad altre affascinanti opere di questo geniale e raffinatissimo pittore, nella Web Gallery of Art. Basta fare una ricerca con il nome dell'autore, e le opere di San Giorgio appaiono nella terza pagina dei risultati della ricerca. I colori non sono riprodotti fedelmente (per questo i due esempi qui sopra li abbiamo convertiti in bianco e nero) ma si riesce comunque ad apprezzare il fascino del disegno prezioso e dei simboli.  

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 *  *  *I Frari
San Francesco passò anche per Venezia. Così lontana da lui e dal suo amore per la pietra semplice e per gli spazi scoscesi dei suoi eremi appare la ridente preziosità della Serenissima. Eppure, subito dopo il suo passaggio, nel cuore della città, fu costruita una prima chiesa alla quale una più grande si sostituì, poi ampliata in quella attuale dedicata alla Madonna (Basilica di S. Maria Gloriosa dei Frari).L'interno gotico è mistico ed austero, con il coro nella navata centrale i cui intagli raccontano tutto del cristianesimo. Le guide dedicano a questa chiesa molte pagine ed ogni visitatore potrebbe passarci molte ore meravigliandosi davanti ai capolavori di Bellini, Vivarini, Donatello e le due grandi pale di Tiziano.

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La zona centrale della basilica con il doppio coro

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L'Assunta di Tiziano troneggia sull'altare maggiore, al centro dell'abside gotica 

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La Pala Pesaro è uno dei capolavori assoluti di Tiziano

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La parete del coro è una trina di marmo dei Lombardo

Penso che quasi nessuno si soffermi davanti ai monumenti funebri, ma è impossibile non restare a bocca aperta davanti a quello per il doge Giovanni Pesaro con le enormi figure dei quattro mori a sostenere l' architrave, troppo il peso della gloria o della storia o del tempo.

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Particolare della tomba del doge Giovanni Pesaro (1659)
Fotografia di Luciano Giustini

  

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Sotto una pioggerellina insistente abbiamo ripreso il cammino verso piazzale Roma e con una rapida corsa in peoplemover siamo ritornati all'autobus.

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