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Via dalla pazza folla

Creato il 16 settembre 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
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  • Anno: 2015
  • Durata: 119'
  • Distribuzione: 20th Century Fox
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: USA, Gran Bretagna
  • Regia: Thomas Vinterberg
  • Data di uscita: 17-September-2015

Sinossi: La bella Batsheba Everdene è la perfetta antitesi dell’immagine della donna veicolata in età vittoriana. Indipendente e testarda, la giovane mette infatti da parte qualsiasi slancio di romanticismo per occuparsi, da sola, della fattoria avuta in eredità da uno zio. Si trova quindi costretta a rifiutare prima la proposta di matrimonio del fattore Gabriel Oak e poi quella del ricco e più maturo scapolo William Boldwood, prima di capitolare tra le braccia del sergente Troy, forse proprio la più sbagliata tra le possibili scelte.

Recensione: Che il regista fondatore (assieme a Lars Von Trier) del provocatorio movimento Dogma 95 potesse firmare un giorno la trasposizione cinematografica di un romanzo classico di fine Ottocento, era un’ipotesi oggettivamente poco verosimile, almeno fino a qualche anno fa. Soprattutto se si considera come il risultato finale tenda a stravolgere ben poco l’opera di Thomas Hardy – c’è giusto un lavoro di asciugatura del testo dovuto alla difficoltà oggettiva di far entrare più di 500 pagine di romanzo in un film di due ore –  approcciandola in maniera rispettosissima, per certi versi quasi filologica.

E che la scelta per il regista di questo Via dalla pazza folla sia ricaduta proprio sull’autore danese è positivo anche in virtù del suo retaggio ‘dogmatico’, che lo porta a non fare assolutamente nulla per piegare una matrice letteraria così fortemente connotata ai facili canoni del filmone in costume di impianto hollywoodiano. C’è infatti un rigore nelle scelte di Vinterberg che è assai raro vedere ai giorni nostri. Lo si intuisce fin da subito, nelle luci naturali che illuminano a giorno l’odissea sentimentale di Lady Everdene e, più in generale, nella costruzione pittorica delle bellissime inquadrature. Come è evidente nell’uso affabulatorio del montaggio che, in più di un’occasione, incrocia snodi narrativi quasi come un DJ lascia che un brano parta sulla coda di quello precedente, assottigliandone così di fatto il coefficiente di pathos.

Stesso discorso per la direzione degli attori, votata ad un costante basso profilo che spoglia i dialoghi di tutti i possibili eccessi di enfasi che pure il materiale trattato potrebbe consentire. In tal modo il racconto di questa passione, imbrigliata dalle rigide strutture sociali dell’epoca così come dalle ambizioni proto-femministe della protagonista, risulta ancora più attuale perché privo dei più ovvi richiami al mélo classico o di facili lusinghe alle frange di pubblico dalla lacrima più facile. Ed è proprio nell’estrema modernità del testo e nel modo in cui viene fatta emergere in maniera così netta, attraverso un raffinato processo di scarnificazione, sia visiva che testuale, che l’idea stessa di una nuova traduzione (la terza) di Via dalla pazza folla su pellicola trova il suo senso. Vinterberg dimostra così una notevole crescita come regista, rapportandosi al mainstream senza rinunciare a un briciolo del suo rigore estetico, anzi addirittura potenziandolo attraverso una narrazione così priva di fronzoli di questi amori capaci di resistere agli scossoni del tempo solo grazie al potere del non detto.

Un grosso aiuto in tal senso arriva al regista da un cast che ne asseconda in pieno le istanze e che, come accennato poc’anzi, lavora quasi esclusivamente di sottrazione, così da conferire pieno valore anche ai minimi gesti. Carey Mulligan, in particolare, mostra una maturità interpretativa fatta di mezzi toni che, fino a poco tempo fa, non le si sarebbe mai attribuita. Il quotatissimo Matthias Schoenaerts (è nel cast di A Bigger Splash di Luca Guadagnino, da poco in Concorso a Venezia e in sala a novembre), il veterano Michael Sheen e Tom Sturridge agiscono da ideali controparti, incarnando tre diverse declinazioni di un universo maschile che proprio alla fine dell’Ottocento mutava dal cieco (e anche manesco) patriarcato dei tempi antichi verso una devozione ancora ben lungi da qualsiasi forma di parità dei diritti, ma emotivamente molto meno rigida. Come tre spiriti dickensiani che, attraverso varie vicissitudini, traghettano la protagonista verso un “Natale futuro” magari anche prevedibile (ma nient’affatto scontato) in cui in amore vince chi aspetta. E, soprattutto, chi ha il coraggio di lasciar libero l’altro.

Fabio Giusti

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