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Viaggio in musica: R.E.M. – Document

Creato il 31 agosto 2014 da Thefreak @TheFreak_ITA

In attesa di firmare il contratto (multimilionario) con la Warner Bros, con la quale si legheranno a partire dall’ album “Green” del 1988, i R.E.M., passata da poco la prima metà degli anni Ottanta, danno alle stampe Document.

L’ anno precedente (1986) era stata la volta di Lifes rich pageant, un disco che, in virtù di un cambio di rotta rispetto agli esordi, incominciava a proporre una band più matura e più pronta a misurarsi con le grandi platee; a causa, soprattutto, della scelta di un suono più robusto e di una linea melodica più chiara e semplice, con delle liriche capaci di arrivare in maniera più diretta all’ascoltatore.

Con Document la band propone l’ album più ‘rock’ firmato sino a quel momento, col quale si distanzia dallo stile vivace ma acerbo degli esordi e vira su un suono massiccio e potente, un hard-rock a presa più immediata, con la batteria in primo piano e le chitarre e il contrabbasso ad alto volume a supportare il cantato, questo a volte più teso a volte più apertamente melodico.

Sono le stesse chiavi del disco precedente, che del resto era stato ben accolto dalla critica; riproposte, probabilmente, in chiave più commerciale e proponibile al grande pubblico.

Se a livello compositivo si rilevano complessivamente degli alti e bassi ed un lato b un po’ ‘disomogeneo’, l’ obiettivo del gruppo e del nuovo produttore Scott Litt di raggiungere le prime posizioni delle classifiche di vendita viene centrato in pieno, grazie a due singoli eccellenti come The one i love un’ ironica canzone d’ amore scritta da Stipe, nella quale egli fa per la prima volta riferimento a un tema così importante (verrà ripreso solo qualche anno dopo), e It’ s the end of the world.. as we know it una sorta di scioglilingua sparato a mille dopo un intro di batteria, con un vortice di parole e espressioni tipiche dell’ idioma americano accompagnate da un ritornello memorabile, con tanto di canto e controcanti. La stessa verrà poi ripresa da Ligabue, in una versione italiana.

Il primo brano è Finest worksong, nel quale, il binomio formato da chitarra elettrica e batteria introduce un pezzo dai toni epici dove, senza troppi giri di parole, vi è un incitamento a “reagire e darsi da fare”.

La successiva Welcome to the occupation è un tranquillo pezzo folk nel quale la semplicità della musica si accompagna a un testo duro e sferzante, di aperta accusa verso la politica estera americana.

Con ‘Exhuming Mc Carthy’ prosegue il filone d’ accusa; il suono, funky e irregolare, della chitarra accompagna un’ altra invettiva contro il reaganismo; Disturbance at the heron house è un mid-tempo molto regolare, che anticipa il momento centrale del disco.

La cover degli Wire Strange, un rock-punk un po’ oscuro, è la premessa ai due singoli dell’ album che, come detto, riusciranno a sfondare nel mercato americano proiettando il gruppo in una dimensione che lo allontanerà progressivamente dal mercato indie e dai circuiti ‘underground’, nei quali sino a quel momento erano stati indiscussi protagonisti.

The one i love resterà celebre per il ritornello “Fire” cantato forte e chiaro ed il riff di chitarra iniziale, mentre ‘It’ s the end…’ con la sua carica di vitalità entrerà fissa nelle scalette dei concerti.

La restante parte del disco è forse la meno significativa, anche per via del suo lato sperimentale. Fireplace e Lightnin Hopkins rappresentano momenti riusciti a metà, mentre King of birds è un tranquillo pezzo folk prima di Oddfellows local 151 canzone lenta in chiusura.

In conclusione, non si tratta forse di uno di uno dei migliori album dei R.E.M., ma di sicuro Document rappresenta un momento denso, importante, con il quale il gruppo si proietta verso una fase nuova del suo sviluppo artistico.

di Piero Corigliano

 


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