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Viaggio sola - "Con io, con me e me stessa"

Creato il 05 maggio 2014 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1


A differenza dei fratelli Ricky e Gianmarco, Maria Sole Tognazzi preferisce stare dietro la macchina da presa. Dopo la morte del padre inizia a testare le sue doti come assistente alla regia, a teatro. Girando poi videoclip, fino ad esordire come regista nel 1997, con il cortometraggio Non finisce qui.
Nel 2003 arriva il primo lungometraggio, Passato prossimo, insieme al Nastro d'Argento alla regista esordiente. Come suggerisce il titolo, il film è un'opera che vive il presente con instancabile sguardo al passato. Una villa che funge da luogo/non luogo, vecchi amici che si ritrovano e si perdono continuamente, attraverso ricordi, flashback. Una prima prova da regista tutto sommato non male, anzi, rimane il film che ho apprezzato di più della Tognazzi.
Ma torniamo al film di oggi, l'ultimo lavoro di Maria Sole Tognazzi, Viaggio Sola. Protagonista è un'ispettrice di alberghi, Irene/Margherita Buy e già qui qualcuno potrebbe tremare e pensare:"Oddio no, la depressa monocorde no!". Non sarebbe folle formulare un simile pensiero, la Buy è un'attrice che ho amato sì, ma ai tempi di quel Maledetto il giorno che ti ho incontrato, ancora oggi, sua più grande performance attoriale. A mio avviso. 
In questo Viaggio sola devo dire che qualcosa ritorna della Buy distaccata, assente, e mi piace questo personaggio che sceglie la solitudine e scruta i dettagli. Nelle vite degli altri però, mai nella propria. Una voce fuori campo accompagna lo spettatore fin dentro gli alberghi ispezionati da Irene. Ci si pone le stesse domande, come prassi vuole. Quelle che in teoria stabiliscono il tuo ritorno o meno, in quell'albergo. Tra un viaggio e l'altro Irene lascia a terra solamente la sorella e il migliore amico, ex fidanzato, Stefano Accorsi, con il quale la regista tenta di mettere in risalto quel briciolo di desiderio di non solitudine ancora insito nella protagonista. Beh, sarebbe stato bello riuscirci. Il fatto è che, non so se per femminismo involontario o altro, i personaggi maschili vengono fuori in questo film, come pupazzi mossi dalle azioni degli altri, di riflesso. Uno/Accorsi che prende la paternità così, giusto perché gli è arrivata e sai, pare brutto dire alla poveretta:"pensaci tu, è tuo figlio!". L'altro/Gianmarco Tognazzi che incarna a meraviglia il rincoglionito moderno, l'uomo che non ricorda nemmeno se gli manca fare l'amore con la moglie, ma mai, e dico mai, dimenticherebbe di curare l'orticello della fattoria felice virtuale (FarmVille, Funny Farm, fattoriadestaceppa e così via). 

Dopo aver studiato l'amore dall'altra parte, quella di un uomo, ricordiamo Pierfrancesco Favino in L'uomo che ama, Maria Sole Tognazzi mette l'accento su quelle donne forti nonostante la solitudine. Anche perché, è quasi sempre per scelta che si rimane soli. Completamente soli intendo. In questo film non avviene nulla di eclatante, se non un incontro di quelli che potrebbero, da soli, cambiarti la vita. Per Irene sarà quello con un'antropologa all'interno di una spa. L'antropologa mette in discussione la vita di Irene, e crea scompiglio anche allo spettatore, perché era come se avessimo bisogno anche noi, dell'entrata in scena di quella donna misteriosa. Ci sorprende, ma ci porta a riflettere su alcune cose. 
Nel complesso il film si lascia guardare, ma non perdonerò mai sviste grandi quanto una improponibile scenetta surreale in auto, con lei/Valeria e l'altra/la donna del migliore amico (che è incinta del migliore amico, del quale lei, Valeria, è forse - boh - ancora innamorata), nella quale vince la comprensione femminile nonostante la toccatina e fuga nel letto di lui, "con lei", Valeria...E l'altra che in un abbraccio calorosissimo le concederà il suo perdono. "Dai sii buona, è stata una cosetta da nulla. Vedrai, sarà un buon padre. Fidati di me". 

Il film se ha un pregio, è quello di non finire catalogato nella commedia di genere tutta italiana. Irene non è un personaggio definito, non è uno stereotipo. Il finale ne è la prova lampante. Irene che all'aeroporto attende l'ennesimo volo e parla al telefono con la sorella. Finge col sorriso e con la fierezza di chi probabilmente lo sarebbe, l'imminente impegno in (non ricordo quale parte del mondo) una scuola. Aiutare bambini meno fortunati, insegnare loro qualcosa che magari a lei è sfuggito. Sarebbe stato il cambiamento radicale nella vita di una donna che aveva scelto la solitudine. Sarebbe stato.  

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